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Martedì, 29 Luglio 2025 21:59

L’Eretico

Scritto da 
Ritratto di Spinoza (attribuito a Barend Graat, 1666) Ritratto di Spinoza (attribuito a Barend Graat, 1666)

Una lettura rigorosa del sistema spinoziano porta a esiti scomodi, talvolta insostenibili per il pensiero moderno. Non solo Spinoza nega il libero arbitrio, ma nega persino che l’individuo umano sia un soggetto dotato di esistenza propria e autonoma. Esistono solo i modi finiti della sostanza: entità transitorie, impermanenti, senza realtà in sé. L’unico essere è Dio, ossia la Natura, la sostanza infinita, necessaria, impersonale ed eterna. Questo significa che, in quanto espressioni della Natura, partecipiamo all’eternità, ma non siamo eterni come persone. L’identità personale non è che un modo finito tra gli infiniti modi della sostanza. Il nostro “io” – con nome, storia, carattere – non ha alcuna realtà autonoma.

Una simile visione è difficile da tollerare per l’uomo moderno, figlio del “cogito” cartesiano, educato a pensarsi come soggetto e centro del mondo. Perciò, Spinoza ha conosciuto e conosce numerosi tentativi di addomesticamento: reinterpretazioni che ne ammorbidiscono il determinismo assoluto, riportandolo nei binari di una visione più compatibile con la soggettività, con la libertà, con l’anima.

Le due principali forme di addomesticamento

1. L’addomesticamento cristianeggiante.

Consiste nel leggere l’“eternità della mente” (Ethica V) in chiave personale: come se Spinoza affermasse che l’anima di ciascuno, pur immersa in Dio, conservi un nucleo soggettivo che sopravvive alla morte. È una lettura consolante, ma estranea al pensiero di Spinoza.

2. L’addomesticamento idealistico.

Hegel è forse il caso più notevole. Ammira Spinoza, lo considera il fondamento di ogni filosofia seria, ma lo critica perché la sua sostanza non è ancora Spirito. Spinoza – secondo Hegel – non coglie il carattere dinamico della realtà, non riconosce lo sviluppo dialettico della soggettività. Il rimprovero è chiaro: Spinoza non valorizza la storia, il soggetto, l’autocoscienza. Perciò va superato, “dialettizzato”.

Ma entrambi i tentativi – cristianeggiante e idealistico – cercano di recuperare una qualche forma di soggetto, di responsabilità personale, di libertà. Tentano cioè di salvare ciò che Spinoza invece distrugge metodicamente: il primato ontologico dell’io. Spinoza è eretico nel senso pieno della parola. Lo è per la tradizione giudaico-cristiana, perché nega la trascendenza, l’anima immortale, il Dio-persona. Ma lo è anche per la filosofia moderna, perché nega la soggettività come fondamento. A Spinoza non interessa salvare l’io. Vuole mostrarne l’inesistenza.

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Il caso Mancuso: un addomesticamento involontario.

Un esempio interessante di addomesticamento involontario si trova in un bel video di Vito Mancuso, L’eresia di Spinoza [link https://www.youtube.com/watch?v=db-sNW1HDq4&t=767s ]. Con grande passione e rispetto, Mancuso impersona Spinoza in un monologo teatrale. Ma proprio nella parte più intensa – quella sull’eternità della mente [vedi al minuto 15:20] – qualcosa si incrina.

Mancuso dice: “[con la morte] Viene distrutto il cervello, ma non la mente, che è più del cervello. Ho scritto nella quinta parte della mia Ethica che la mente umana non può essere assolutamente distrutta insieme al corpo, ma di essa rimane qualcosa che è eterna [...] Io sostengo l’eternità.”

Chi ascolta – e forse lo stesso Mancuso – può essere indotto a pensare che Spinoza sostenga la sopravvivenza personale dell’anima, in forma spirituale, oltre la morte del corpo. Ma questo è esattamente ciò che Spinoza non dice.

Per Spinoza, la mente è l’idea del corpo. Alla morte del corpo, la mente in quanto persona scompare. Ciò che può permanere è l’idea adeguata del corpo nell’intelletto di Dio – non un’anima individuale, ma una comprensione impersonale della realtà, come parte del pensiero infinito. Mancuso lascia invece intravedere – forse senza volerlo – una sopravvivenza sottile, soggettiva, che consola lo spettatore. Ma è proprio qui che si consuma l’addomesticamento. L’idea di una “mente che è più del cervello”, che resiste alla morte, accarezza l’io moderno. Ma Spinoza non carezza l’io, lo disfa.

L’eternità di cui parla Spinoza non è una speranza. È l’essere stesso della Natura, che ci attraversa senza appartenere a noi. Non c’è un “ciascuno di noi” eterno come afferma Mancuso. Non c’è nemmeno un “ciascuno di noi”, se intendiamo con ciò un’identità personale stabile e autonoma. Quando Spinoza parla di ciò che nella mente è eterno, intende la partecipazione impersonale alla verità, non una raccolta di anime con nome e cognome.

In conclusione: il Mancuso-Spinoza consola, lo Spinoza autentico dissolve. E proprio per questo è ancora – radicalmente – eretico.

Ultima modifica il Martedì, 29 Luglio 2025 22:34
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2 commenti

  • Link al commento Pietro Mercoledì, 30 Luglio 2025 15:51 inviato da Pietro

    Caro Bruno, con l'età invece di peggiorare migliori, non mi sembra " naturale ".

    Rapporto
  • Link al commento Maria Giovedì, 31 Luglio 2025 21:23 inviato da Maria

    Spinoza: grande, inclemente, eretico rispetto alle consolazioni cristiane e all'idealismo, vacuo. hegeliano. E grande Bruno che lo legge così acutamente.

    Rapporto

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