Che cosa accade quando cominciamo a scrivere? Jack Goody, antropologo, analizza un particolare gesto di trascrizione del reale, quello della lista[1], quello di mettere le cose una sotto l’altra.
Gesto che non si limita a comunicare le cose, ma le ordina, separa, conserva.
Scrivere così:
banane
riso
birra
non è lo stesso che scriverlo così:
banane, riso, birra.
Il primo gesto segmenta e misura. Ogni parola si stacca per collocarsi in un dato posto. L’universo si archivia. La lista non è neutra, è già filosofia. Forma muta di pensiero causale da Aristotele a Linneo, dalla clinica medica all’algoritmo, la lista plasma una mentalità: l’idea che le cose si comprendano collocandole, tracciandone l’origine. Talora la lista può assumere connotati precettistici: i Dieci Comandamenti sono una lista.
Freud, medico dell’anima, è dentro questa linea: il sintomo non vale per sé, ma per ciò che lo precede. Ma se invece la causa non esiste? Se — come dice Hume — è solo abitudine della mente? Esistono vie che non spiegano: evocano. Pensieri che non sezionano: risuonano. Tradizioni che non archiviano il mondo, ma lo abitano.
Certo anche Spinoza elenca. L’Etica è una sequenza di definizioni, assiomi, dimostrazioni. Quasi una lista. Eppure da quella griglia si leva qualcosa che non è classificabile: una necessità impersonale che non spiega, ma appare. La lista, allora, non è il problema. Lo diventa quando prende tutto. Quando dimentica che le cose possono anche essere senza motivo e senza scopo, se non il loro stesso essere causa di sé.
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1 Jack Goody, all’opposto delle scuole di scrittura scriptolatriche e delle religioni del libro, osserva che le prime testimonianze di scrittura — almeno nel Vicino Oriente antico — sono elenchi, registrazioni contabili, inventari, rendiconti agricoli. Niente racconti, né poemi. Solo segni per contare, liste di beni, quantità di cereali, nomi di lavoratori, pecore possedute. La scrittura nasce con il magazzino, non con il mito. È solo molto dopo che la scrittura verrà impiegata per narrare, riflettere, pregare. Ma la sua origine è tecnica, contabile, concreta. La scrittura non nascerebbe dal linguaggio ma dall’economia.