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Venerdì, 11 Luglio 2025 18:12

Tipi umani

Scritto da 
Giorgio de Chirico, L’enigma dell’arrivo e del pomeriggio, 1911 Giorgio de Chirico, L’enigma dell’arrivo e del pomeriggio, 1911

Due modi umani oltre il tempio: l’ateo esistenzialista e lo spinoziano. Fratelli nel rifiuto di un Padre, finalmente orfani di tribunali celesti, ma diversi nel portare questa orfanezza.

L’esistenzialista strappa senso dall’assurdo, come se l’universo fosse un fondale cieco da bucare col proprio urlo. Si dichiara nauseato dal non-senso, ma a ben vedere occorre uno stomaco ben piazzato al centro del palco per produrre nausea: chi proclama l’irragionevolezza del mondo rivela di custodire in sé un metro di ragione con cui lo misura.

Lo spinoziano non insorge contro l’assenza di uno scopo, perché non invoca uno scopo. Non c’è assurdo dove tutto è necessario. Non c’è silenzio dove ogni filo di causa risuona. L’io non divora il mondo, si scioglie nella trama. E la trama non è materia muta — è natura, infinita sostanza che genera se stessa, forma e moto, mente e corpo. La materia è solo un volto fra molti: la natura è il fiume che non smette di scorrere.

L’esistenzialista resta un antropocentrico in rivolta: scava la sua tana nel vuoto per far brillare un ego stoico, tragico, ancora centrale. Lo spinoziano toglie il centro, lo distende ovunque. Nessuno dei due torna al tempio, ma uno continua a erigere altari al proprio tormento, l’altro siede quieto.

 

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2 commenti

  • Link al commento SALVATORE Sabato, 12 Luglio 2025 06:16 inviato da SALVATORE

    Caro Bruno, potresti valutare un esistenzialista che sia aperto ad avvertire i segni della trascendenza? L' ateo chiude brutalmente la questione, e si chiude nel suo tormento, lo spinoziano e' si tranquillo ma vive come se Dio non ci fosse, affermando però che e' dappertutto. Cosa che a me appare come un paradosso.

    Rapporto
  • Link al commento Bruno Vergani Sabato, 12 Luglio 2025 09:56 inviato da Bruno Vergani

    Caro Salvatore, premetto che le due posizioni che ho descritto le sento convivere in me, un po’ come dicevano certe interpretazioni, in chiave kierkegaardiana, della parabola del buon Samaritano, che vedevano convivere in ognuno di noi il sacerdote, il levita e il samaritano. E’ presente anche la posizione che suggerisci, dell’esistenzialista aperto ad avvertire i segni della trascendenza. In questo periodo avverto, però, più ragionevole e soddisfacente la posizione di Spinoza, per questo cerco di comprenderla meglio e di viverla. Penso si fraintenda Spinoza quando si afferma che lo spinoziano viva come se Dio non ci fosse, affermando però che è dappertutto, perché è una affermazione che confonde lo Spinoza filosofico con un panteismo generico. Lo spinoziano vive, invece, il mondo “sub specie aeternitatis”, scorgendo in ogni cosa la sostanza eterna che la fa sussistere.

    Rapporto

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