Il gatto s’è mangiato un pesce rosso dello stagno, se l’è preso con una zampata e l’ha mangiato con calma sotto il melo. Ora guizza come un pesce, con spasmi leggeri nel torrido luglio.
Non può essere imitazione, forse è trasmutazione. È questa la prova empirica — un po’ comica — dell’interconnessione dei modi: l’intima coappartenenza tra ciò che vive e ciò che si nutre, tra ciò che respira e ciò che viene respirato.
Mangiamo il mondo perché siamo il mondo. Cibo, acqua, aria devono entrare in noi per sostenerci perché non c’è frontiera. Noi siamo esse, esse noi.
Non c'è salto tra le forme: solo variazione di intensità, ritmo, estensione. Un unico pensiero-corpo, in infiniti modi, moti e posture. Il gatto guizza, il pesce riposa — e Dio o Natura continua a pensarsi, in entrambi.