BLOG DI BRUNO VERGANI

Radiografie appese a un filo, condivisione di un percorso artistico

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Bruno Vergani

Bruno Vergani

Radiografie appese a un filo. Condivisione di un percorso artistico, davanti al baratro con angoscia parzialmente controllata.

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Venerdì, 28 Marzo 2014 11:36

Polso arterioso planetario

Nella lista mondiale della piattaforma satellitare TivùSat imperversano canali erotici e religiosi.

Erotici soft, religiosi hard.

Somiglianti nella petulanza propagandano teorie.

Giovedì, 27 Marzo 2014 12:33

Opel Kadett

Primavera, sette anni dal divorzio e mi arrivava una strana mail:

«Sono de Parigi, perdone el mio italiano. Faccio il suo stesso lavoro pienso de venire in Italia il mese prossimo. Pensavo a una collaborazione, se l'interessa porrei venire a incontrarla».

Rispondevo d'impeto:

«Avrei molto piacere di incontrarla, anzi potrei ospitarla».

Proprio quel giorno dalla Opel Kadett cominciavano a uscire rumori dal cruscotto una specie di crepitio, un pugno sopra e smettevano. Single mi ero sdraiato sotto al volante per ispezionare con una torcia, tutto a posto ma i rumori continuavano. La francese aveva accettato l’invito mentre io consideravo di ispezionare il vano motore, forse un qualche bullone allentato era la causa del rumore. Nell’aprire il cofano un topo correva da sopra la batteria a dentro un anfratto sotto al parabrezza, era lui che faceva il crepitio mica un bullone lento. Ingresso della “tana” così piccolo che manco riuscivo a guardarci dentro. I rumori del topo nel cruscotto continuavano e lei stava per arrivare. Nel rincasare aprivo il cofano e mettevo il gatto sul motore, era bollente ma a lui piaceva, avvertiva la presenza del topo ma quello non usciva dalla nicchia. Meccanico impotente più del gatto, per raggiungere l’anfratto doveva demolire la scocca portante della Kadett, si era limitato a guardarmi fisso per dirmi: «Se ti mangia i fili dell’impianto elettrico sono cazzi.». Poi dal cruscotto silenzio, forse il ratto stufo della tana mobile se ne era andato. Andavo a prenderla, la francese odorava di profumeria di aeroporto. Facevo il figo mentre la portavo a casa, ma nel superare un autotreno slavo arrivava uno strano odore, quasi impercettibile ma mica buono. Aprivo il finestrino e accendevo al massimo la ventola del cruscotto per cambiare l’aria, lì una botta di fetore: Kadett di italiano con parigina dentro appestato sarcofago ambulante da ratto cadavere in putrefazione. Lei mi aveva guardato strano. Spegnevo la ventola con faccia indifferente. Cazzo! Mica potevo dire a una di Parigi di avere un topo morto nel cruscotto. Era rimasta un mese e ogni volta che salivamo in auto si beccava il lezzo. Alla sua partenza il puzzo era cessato, il topo si era tutto mummificato e rinsecchito non puzzava più. Non era la donna giusta.

Lunedì, 24 Marzo 2014 11:07

Il laico patrono

Nello sfogliare i Saggi (Essais) Montaigne (1533 -1592) appare un preciso antesignano dei blogger.
Essais esordio del primo blog culturale con autore libero solista di una estesa collezione di scritti di differente misura e tematica.

Il prototipo è venuto meglio delle successive edizioni WEB, ma questa è un’altra storia.

Lunedì, 24 Marzo 2014 09:56

C’è

Indagine conclusa, esiste davvero. Tutti gli ex studenti hanno confermato: nell’opaca galassia scolastica un insegnante si è distinto e permane potente. Diverso dai suoi colleghi per originalità, qualità e meriti ha stimolato l’impensabile.

Di scienze naturali, di latino, talvolta di disegno tecnico, femmina o maschio, maestra elementare o professore universitario uno capace di segnare e espandere l’esistenza c’è stato per tutti.

Forse è sempre lo stesso, avatar esperto in bilocazione, capace di migrare di corpo in corpo, di tempo in tempo, per offrire una possibilità a tutti. 

Domenica, 23 Marzo 2014 14:46

La fila

Nutro gatti. Mai rispettano il turno, sono venti e nell’azzuffarsi il più screanzato trangugia più degli altri. Gli umani di solito sono più rispettosi, eppure in coda alla cassa del supermercato mi accade una sottile impazienza verso chi mi precede. Mi procura attesa e un po' mi infastidisce, mentre rimango noncurante a chi mi segue. Se a tutta la fila accade lo stesso anch’io risulterò sagoma molesta per tutti quelli che mi seguono e inesistente a tutti quelli che mi precedono. Non mi piace apparire fastidioso o inesistente per mera collocazione logistica, onorando l'etica della reciprocità necessito di un modo inedito di fare la fila.

Per emanciparmi dal cupo rimanere in coda ho considerato Spinoza quando nell’Etica analizza il valutare gli altri meno del giusto e sé stessi più del giusto; affronta anche la possibilità opposta riscontrando in entrambi i casi pensiero delirante. Ma allora, qual’è “il giusto”, quale la misura che emancipa dal delirio egocentrico? Chiarisce che nello stato naturale giusto e ingiusto non ci sono, esistono solo nello Stato civile come nozione estrinseca, tutto sommato come arbitrio condiviso da rispettare, faccenda umana che ai gatti non interessa, ma noi civilizzati la fila la dobbiamo rispettare.

Però un nuovo modo di farla ci sarebbe: nell’attesa del proprio turno osservare con chirurgica attenzione gli altri, miniera di materiale grezzo da attingere e elaborare per costruire. Forse essere tutti fratelli poco c’entra con l’amarsi, sarebbe da americani deficienti cantare tutti insieme un Gospel nel fare la fila, casomai più seria la versione italica: «Vi amo, voi tutti che siete in questo bar» nel video [allegato] di Nanni Moretti ne La Messa e' finita, ma ancor meglio la reciproca rispettosa osservazione laboriosa, qualcuno la chiama politica, qualcuno arte.

Venerdì, 21 Marzo 2014 10:49

Circuito chiuso, aperto, cortocircuito

Charles Bukowski, precettore di strada, leggeva qualche suo scritto - a suo dire per mero lucro - in circoli e scuole di scrittura creativa. Diceva, ebbro, di mutande di femmina, di feroci masturbazioni estemporanee. Qualche docente se ne andava sbattendo la porta.
A domanda sull’utilità delle scuole di scrittura Bukowski vedeva gli studenti fottuti a priori:
il desiderio di essere istruito prova certa di personale miseria umana e artistica.

Sentenza congrua, quella di Bukowski, alle scuole di scrittura dei suoi tempi e delle sue nordamericane parti, o universale? Corrivo generalizzare, utile trattenere l’annotazione per riconoscere e rifiutare ingrigliamenti educativi inibenti l'autorale pensiero. Se creativa l’istituzione è il partecipante, meglio non chiamarla scuola fa cortocircuito.

Giovedì, 20 Marzo 2014 12:14

DSM Manuale Diagnostico

Chissà com’è che al neurologo è concessa - anzi imposta - facoltà di diagnosticare depressione, ma all’oculista è proibito identificare un occhio concupiscente.

Martedì, 18 Marzo 2014 10:09

Cadaveri

La Natura talvolta sa di morte

i laghi lombardi e
i cimiteri monumentali
si assomigliano come gemelli.

Domenica, 16 Marzo 2014 10:31

Il sole bacia i belli

A vent’anni dalla morte di Charles Bukowski oggi in libreria «Il sole bacia i belli», raccolta di interviste inedite in Italia. Quasi tutte brutte.

Sottotitolo «Interviste, incontri, insulti». Le interviste ci sono, insulti moderati, incontri con gli intervistatori assenti.
Bukowski per quasi tutta la raccolta si difende da domande che tentano di sconciargli l’opera sistemandola in generi letterari codificati, o che cercano il gossip della sua persona. Lui pigro spiega che l’atto dello scrivere e il vivere sono la medesima cosa, ma la domanda successiva non ne tiene conto, non comprende. Nel libro non c’è scritto eppure lo si vede guardare l’orologio come l’operaio esausto alla catena di montaggio aspetta il cessare rapido del turno, del supplizio salariato. Se manca troppo gioca con le domande, giusto per resistere. Gran parte delle interviste sono così, peraltro con domande ripetitive, sovrapponibili.

Quando le risposte ignorano le domande, qua e là qualche guizzo rompe l’asfittico interrogatorio e fa proficua la lettura, affermazioni asciutte, dirette, semplici, oneste, condensabili in 10 pagine che sostengono le restanti 317. Tra queste quando ricorda il leggere da ragazzo, di nascosto dal padre, i classici americani sotto le coperte, illuminati da una piccola torcia dopo aver preso cinghiate. Lo vedo che gli manca l’aria ma respira il libro. Lì nessun silenzio ma un’altra domanda dozzinale. Letteratura e giornalismo davvero lontani.

Il sole bacia i belli
Interviste, incontri, insulti
di Charles Bukowski
Feltrinelli

Mercoledì, 12 Marzo 2014 11:07

L'Esaltato

L’esultante salterella come un capriolo, dicesi anche imbaldanzito. Il suo ballonzolare non dura più del necessario, Spinoza nell’Etica osserva che è atteggiamento derivante da raggiungimento insperato di un traguardo.  

L’esaltato invece non saltella, balza agitato all’insù e non torna più giù. Per farcela a rimanere crocifisso lassù è condannato a dimenarsi a oltranza, se si rilassa gravita giù. Sforzo immane, consumo chilometrico enorme. L’esaltato non va a benzina, va a nemici. Li incontra ovunque e se non li trova se li inventa, più li interpreta pericolosi meglio funziona.

 

 

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