BLOG DI BRUNO VERGANI

Radiografie appese a un filo, condivisione di un percorso artistico

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Mercoledì, 04 Settembre 2013 11:48

Il Teatro

Scritto da 

Agosto 2001, giravo in folle un po’ smarrito. Ritornavo da un concerto con degli amici del Nord, proprietari di un trullo vicino al mio. Vincenzo Todesco guidava, non lo conoscevo bene, era uno strano. Tempo prima l’avevo visto a teatro interpretare “Aspettando Godot”, ma poi un amico giornalista mi aveva riferito che era uno dei migliori avvocati d’Italia per i reati politici, uno di Sinistra difensore dei terroristi rossi. Attore o avvocato? Di sinistra? Passi attore e anche avvocato, ma “di Sinistra” mi lasciava perplesso. Alle politiche avevo votato il Partito Radicale, non era che ce l’avessi con la Sinistra, ce l’avevo con l’ideologia perché puzzava di chiesa. Sul suo furgone Volkswagen, Vincenzo con un occhio guardava la strada e l’altro il mio emiviso caravaggesco per le luci della strada e sofferente per la recente separazione coniugale. Si era girato e a freddo mi aveva chiesto: «Interpreteresti ‘L’ultimo nastro di Krapp’ di Beckett?» Io, stanco del concerto, stanco del viaggio, forse esausto della vita, avevo sentito una voce salire dallo stomaco che aveva detto: «Si», il misterioso suggeritore interno si era per un momento impossessato di me e invece di limitarsi a suggerire aveva parlato. Vincenzo non era ideologico, non aveva tesi precostituite e neppure pregiudizi. Sarcastico e poco accomodante entrava deciso, col suo pensiero originale, nel merito delle cose. Non invitava ad abbracciare presupposti da verificare, parlava in presa diretta. Talvolta nell’ascolto del suo dire percepivo un riscontro intimo immediato che mi faceva dire: “E’ vero”, “E’ proprio così”.

Non c’era pietismo nella sua proposta, non intendeva aiutarmi, non mi giudicava un “poverino”; aveva trovato qualcosa di vero da mettere artisticamente sotto i denti, grazie ad un potenziale fornitore di materiale psichico di qualità, così scavezzacollo da prestare senza riserve la sua sofferenza al personaggio da mettere in scena. In pubblico, da lui diretto, avevo interpretato un vecchio irlandese disperato, a dire degli spettatori e anche del regista credibile, qualcuno aveva gridato al miracolo per la nascita di un nuovo interprete beckettiano di spessore. Gli apprezzamenti me li ero presi e negli anni a seguire critiche talvolta aspre, pettegolezzi di sottofondo rispetto alla rivelazione che aveva significato per me l’esperienza del teatro: quel nucleo doloroso, segreto, nascosto, causa di vergogna, d’insicurezza, di fragilità, che avevo dentro se messo in scena, a regola d’arte davanti ad un pubblico, si trasformava in narrazione di ognuno e di tutti, diventava dolore del mondo. Questo mi testimoniava il coinvolgimento del pubblico e nel mio intimo aveva significato spostamento di continenti, capovolgimento di galassie. Il nucleo di sofferenza da problema si era trasformato in opportunità, così avevo iniziato a comprendere ed apprezzare il romanzo della mia esistenza. Per disegnare un labirinto si parte dall’uscita.  

Un approccio diverso dalla recitazione accademica e dalle sue tecniche, basato sulla verità del pensiero interiore e dell’emozione reale senza però banalizzarsi in psicodramma: sul palco non c’ero io ma un personaggio Altro. Da lì era iniziato il mio percorso artistico anche se non avvertivo l’urgenza di intraprendere la carriera d’attore, preferivo essere libero da qualsiasi condizionamento e poi non sarei stato capace di reggere quella verità ad oltranza nella ripetizione, così la prima messa in scena era di solito anche l’ultima. Dopo aver rappresentato ‘L’ultimo nastro di Krapp” e l’agosto successivo una riscrittura di “Giorni felici”, sempre di Beckett ma con un solo protagonista maschile, avevo iniziato a scrivere dei miei monologhi espressi in libertà, senza censure, grezzi, magmatici, che Vincenzo raccoglieva implementando una drammaturgia per poi dirigermi in scena.
 
Abbiamo rappresentato, in un trullo pugliese, un monologo ogni agosto per cinque estati consecutive, dei quali ripropongo la lettura sceneggiata:

 
KRANZ 2004

IL RENE 2005
 
L' OMINO 2006
 
L’ULTIMA CHAT  2007
 
MEMORIE DI UN EX MONACO  2008

 

 

Bruno Vergani e Vincenzo Todesco, agosto 2003

 

 

Vincenzo Todesco e Bruno Vergani, agosto 2013


 

Ultima modifica il Lunedì, 09 Settembre 2013 11:02

1 commento

  • Link al commento Bruno Vergani Lunedì, 21 Settembre 2015 08:21 inviato da Bruno Vergani

    Riporto una bella frase dello psicoanalista Giacomo B. Contri letta oggi che dice cosa fa col cliente:
    «Non ci ficca il naso, e lo distoglie dal ficcarcele, non lo interiorizza, anzi lo pubblicizza.»

    Rapporto

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