BLOG DI BRUNO VERGANI

Radiografie appese a un filo, condivisione di un percorso artistico

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Venerdì, 02 Aprile 2010 13:57

Il dissenso all'interno della Chiesa Cattolica. Rispondono Cortesi, Piraccini, Cavadi, Barbero

Scritto da  Bruno Vergani

 

Può capitare che persone appartenenti alla Chiesa Cattolica e intimamente legate ad essa si siano drasticamente allontanate; sono diventati agnostici o magari buddisti, oppure pur rimanendo cristiani non hanno più creduto all’istituzione ecclesiastica e al suo Magistero e così, del tutto indifferenti al Papa e ai Vescovi, sono andati per la loro strada. Per altri cattolici l’allontanamento dalla gerarchia ecclesiastica ha preso invece altra connotazione; sono rimasti all’interno della Chiesa Cattolica da dissidenti. Situazione scomoda, sovente virulenta. I contestatori determinati non di rado sono trattati dal Magistero duramente: sacerdoti ridotti allo stato laicale, isolati, oppure nel migliore dei casi giudicati inaffidabili, figuri sospetti e potenzialmente pericolosi. Tuttavia i dissidenti hanno inghiottito il rospo e invece di prendere completa distanza dall’istituzione sono rimasti nell’alveo ecclesiale. Sappiamo che la Chiesa Cattolica istituzionale è un carrozzone su cui c’è posto quasi per tutti, dove viene trattato meglio un pedofilo obbediente che un uomo per bene ma dissidente all’autorità costituita, perché allora rimanere sul treno se si sta tanto scomodi e in cattiva compagnia e per giunta non si vuole arrivare dove sta andando quel treno? Se si dissente a tal punto dal macchinista (il Papa) da considerarlo tanto smarrito da aver perso il carisma profetico, se è avvertito lontano dal Vangelo per le sue prese di posizione apologetiche tese a difendere sistematicamente l’istituzione e la gerarchia nel suo assetto di potere, perché i dissidenti non si allontanano rapidi lasciandosi per sempre alle spalle la Chiesa istituzionale che contestano?Dissidenti che criticano radicalmente a muso duro la dottrina sociale, la teologia e le indicazioni dell’autorità ecclesiastica, ma che invece di prendere completa distanza dall’istituzione seguendo in pace il loro Dio e obbedendo alla propria coscienza, rimangono lì a lottare per ottenere una Chiesa più aperta e moderna. Una appartenenza ontologica e biologica di carne e sangue non facilmente comprensibile, una relazione con genitori spirituali che siccome padri e madri non si scelgono non si possono cambiare, non si possono in alcun caso elidere e quindi l’unica possibilità di relazione possibile è quella conflittuale. E’ sano tutto questo? Che logica lo giustifica? Quale ragione lo permette? Perché si trovano ancora contigui ad un Magistero che prevedibilmente ripete ai dissidenti: “Rispettiamo la vostra passione per l’uomo e anche la vostra esigenza di giustizia, però non ci possiamo fare niente se siamo responsabili di un messaggio di salvezza che ci è stato consegnato da Dio in terra, quindi nostro malgrado non possiamo essere democratici, perché è Iddio stesso che ci ha dato responsabilità verso di voi amato gregge subalterno. Noi abbiamo già la chiave, ed è una chiave che ci è stata consegnata da Dio in persona, mica siamo un consiglio comunale dove si tien conto della base mettendo le sue istanze ai voti. Nelle faccende divine poco c’entra la democrazia e non vince la maggioranza. Tuttavia cari figlioli noi pastori abbiamo pazienza e misericordia anche per voi teste calde e aspettiamo pazientemente che rivediate le vostre imperfezioni, parzialità, inadeguatezze e specialmente le vostre idee politiche così che possiate ritornare a diventare Chiesa, quella vera ed unica, obbedendo a noi”. Non condivido la posizione del Magistero tuttavia, siccome credono che Cristo ha dato per davvero le chiavi a Pietro e che senza soluzione di continuità sono state poi consegnate da Papa a Papa per duemila anni fino a Joseph Ratzinger, la loro posizione, se vista dall’interno, non è poi bizzarra. Plausibilmente se i dissidenti concepissero la Chiesa come una struttura umana andrebbero immediatamente via, ma siccome invece rimangono suppongo che percepiscano l’ istituzione, in qualche modo e nonostante tutto, anche divina. In che cosa divina? In che cosa umana? Avverto la faccenda confusa e dispiace perché questa galassia dissidente è proprio quella che all’interno della Chiesa è cifra onesta che si mette in gioco sul serio, offre del proprio gratuitamente, accoglie e accetta tutti specialmente gli ultimi e così paradossalmente per chi guarda dall’esterno da punti e rafforza proprio quel Magistero che i dissidenti vorrebbero contestare. Nel rimanere non possiamo escludere che, come dice il Vangelo, diano le perle ai porci, indubbiamente rafforzano e giustificano l’autorità ecclesiastica sia perché implicitamente testimoniano che tutto sommato non è possibile vivere il Vangelo a prescindere dalla Chiesa istituzionale e perché rendono umana, accogliente, onesta e aperta una istituzione arrogante e refrattaria alla radice. Farebbero prima e meglio da soli. Strana condizione quella dei dissidenti cattolici. Bruno Vergani

 

Gigi Cortesi risponde E dove sta mai il problema? Dice Gesù: “dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Matteo, 18, 20). Quando Gesù è tra noi, lì c’è chiesa. Quando Rosi e io ci chiamiamo nello stupore (e “stupore” è uno dei suoi nomi), lui è con noi, perché anche lui vuole stupirsi di noi con noi. Quando chiamo i miei figli nella festa (e “festa” è uno dei suoi nomi), lui è con noi, perché anche lui vuole essere festa con noi. Quando chiamo i miei amici nella gioia di un buon bicchiere di vino (e “buon bicchiere di vino” è uno dei suoi nomi), lui è con noi, perché anche lui vuole stare allegro con noi. Quando chiamo i miei com-pagni nel nome di un pezzo di pane, lo spezzo e lo mangio con loro (e “pane spezzato” è uno dei suoi nomi), lui è con noi, perché anche lui vuole mangiare il nostro pane con noi. Quando chiamo qualcuno con parola libera e spregiudicata (e “parola libera e spregiudicata” è uno dei suoi nomi), lui è con noi, perché anche a lui piace parlare libero e spregiudicato. Quando la sofferenza o l’offesa date o subite sono per-dono di uno nell’altro (e “per-dono” è uno dei suoi nomi), lui è con noi, perché per lui, in lui e attraverso di lui ogni sofferenza subita e ogni offesa accolta sanno aprirsi alla vita e sanno scoprirsi come dono prezioso. Quando parlo con chi è diverso da me balbettando le sue parole e quando uno diverso da me balbetta le mie parole (e “diversità” e “parola balbettata” sono due dei suoi nomi), lui è con noi, perché anche lui vuole essere tutte le diversità e tutti i balbettii del mondo. Quando tu e io parliamo di cieli nuovi e terre nuove (e “cieli nuove e terre nuove” è uno dei suoi nomi), lui è con noi, perché anche lui vuole infiniti cieli e infinite terre, sempre più nuovi e sempre più belli. Quando tu e io ci aspettiamo e chiamiamo al di là e al di qua di ogni muro e confine (e “attesa” e “al di qua” e “al di là” sono tre dei suoi nomi), lui è con noi, perché anche lui vuole aspettare con noi al di là e al di qua di ogni muro e confine. Quando tu e io, magari litigando tra noi, chiediamo entrambi giustizia (e “giustizia” è uno dei suoi nomi), lui è con noi, perché anche a lui piace battersi per la giustizia e perché lui è la giustizia. Quando tu e io, magari discutendo tra noi, parliamo per cercare insieme la verità (e “verità cercata” è uno dei suoi nomi), lui è con noi, perché anche a lui piace la verità, così tanto che lui è davvero la verità. Quando siamo in due e ci piace chiamare insieme a noi anche un altro (e “trinità e “insieme” sono due dei suoi nomi), lui è con noi, perché a lui piace essere insieme a due o più di due. Quando nelle notti cerchiamo un sentiero e incontrandoci ci aiutiamo a trovare la via anche più difficile (e “sentiero cercato” e “via difficile” sono due dei suoi nomi), lui è con noi, perché lui è il sentiero cercato e la via difficile, così tanto che sempre sostiene ogni nostro passo. Quando tu e io parliamo non per quel che abbiamo, ma per quel che siamo, anche quando a parlare siamo noi due povericristi (e “povero cristo” è uno dei suoi nomi), lui è con noi, perché non c’è nessuno più povero cristo di lui, così tanto che senza di lui non ci sarebbe gusto a essere un povero cristo. Quando tu e io ci incantiamo parlando della bellezza, ci estasiamo nella danza, siamo una voce sola nel canto (e “bellezza” e “danza” e “canto” sono tre dei suoi nomi), lui è con noi, perché a lui piace meravigliarsi con noi e danzare con noi i nostri balli e cantare insieme a noi le nostre canzoni. Quando, pure volendo parlare, taciamo perché siamo semplici o troppo deboli o troppo imbranati (e “parola nonostante” e “semplicità” sono due dei suoi nomi), lui è con noi, perché lui ama parlare nonostante e comunque, anche nei silenzi assordanti e imbranati e fragili. Quando tu e io alziamo la testa e guardiamo di giorno i cieli e di notte le stelle e il buio (e “testa alzata” e “speranza disperata” sono due dei suoi nomi), lui è con noi, perché vuole con noi respirare i nostri de-sideri e tutte le nostre speranze. Quando vogliamo così tanto vivere da non temere la morte (e “vita” e “risurrezione” sono due dei suoi nomi), lui è con noi, perché a lui è piaciuto così tanto vivere con noi e come noi, che, pure temendola fino all’urlo, ha vissuto anche la morte, al punto che l’ha infradiciata di vita e risurrezione. Quando invece vogliamo essere soli, non vogliamo ascoltare nessuno, non amiamo neppure noi stessi, usiamo l’amicizia, tradiamo l’amore, taciamo la verità, non gustiamo la festa, non ci stupiamo d’amore, non guardiamo mai in alto, temiamo chi è diverso, inganniamo la bellezza, non amiamo neanche noi stessi, non amiamo tutto l’umano che siamo e incontriamo, lui piange, perché ama così tanto la libertà di chi non vuole stare con lui, che se ne deve andare, rispettandoci fino in fondo. Ma, prima ci manda sempre un bacio d’arrivederci, anche quando noi non ce ne accorgiamo. E, discreto, ci segue, aspettando che noi, almeno in due, lo chiamiamo di nuovo a parlare e a cantare con noi. Noi non crediamo sempre in lui, ma lui crede sempre in noi.

 

Chino Piraccini risponde.Interrogativi che sono tutti molto seri e impegnativi.Comincio col fare una distinzione che ritengo fondamentale e per niente di lana caprina. Riguarda il credo della nostra fede. Personalmente non credo (cioè non ho mai posto la mia fede, virtù teologale) nella chiesa cattolica, apostolica....ma credo che la chiesa è cattolica, apostolica....Il credo niceno-costantinopolitano ci chiede di credere in Dio Padre-Figlio-Spirito Santo, ma non ci chiede di porre la chiesa con le sue istituzioni alla pari con Dio-Trinità. La fede può essere solo in Dio e non nelle istituzioni della chiesa che se anche fondate da Cristo non sono Dio. Se questo è vero, tutto ciò che non risulta essenzialmente evangelico, non solo è contestabile, ma è doverosamente contestabile, restando in questa chiesa cattolica oppure aderendo ad una delle tante confessioni cristiane come per es. quella valdese che risulta molto seria.Condivido in tutto l'ultima parte delle tue riflessioni. Per ora resto parte della chiesa cattolica, anche se nessuno se ne accorge, perchè il vangelo che annuncia è sostanzialmente quello di Gesù. Mi rendo conto che l'apparato gerarchico istituzionale-vaticano appare non di rado lontano dalla fedeltà di una testimonianza coerente, e che noi poveri untorelli-galoppini (e soprattutto tanti missionari evangelici) rischiamo di "dare perle ai porci", di offrire una copertura ipocritamente evangelica ad una gerarchia "arrogante e refrattaria alla radice" come tu dici. Tanto che mi sono detto più volte che se avessi nel cesenate la possibilità di una chiesa valdese mi ci troverei a pieni polmoni, ma nel comprensorio cesenate non esiste una chiesa alternativa da cristiani, se non la chiesa avventista del settimo giorno che si sono fissati sul sabato come giorno festivo....ne ho parlato col pastore più volte, ma anche loro temono le critiche degli "ex".Sono comunque convinto che dalle chiese terzomondiali e in particolare da certe chiese latino-americane sta soffiando il vento del Grande Spirito, una specie di fiume carsico innovatore (galassia dissidente) che tra non molto tempo porterà a qualcosa di profondamente nuovo e profetico...Ancora un pò di pazienza nello Spirito......Anche l'esplodere degli scandali di pedofilia gerarchica è un segno dei tempi che non lascierà le cose come prima. E' molto più importante il Regno di Dio di questa o quella chiesa se diventano sette chiuse e faziose. Restiamo nell'attesa della sua venuta, consapevoli che non abbiamo qui una dimora stabile "sed futuram inquirimus" (siamo alla ricerca del suo Regno).I problemi che sollevi sono attualissimi e di capitale importanza. Per es. tu osservi: "nelle faccende divine (io direi di Chiesa) poco c'entra la democrazia e non vince la maggioranza". Questione centrale-nevralgica e "conditio sine qua non" perché si possa sperare uno sprazzo di rinnovamento. Se hai letto il testo di Ortensio da Spinetoli, amico carissimo e biblista molto noto: "Chiesa delle origini, chiesa del futuro" ed. Borla 1986, trovi una risposta esauriente alla questione suddetta. Ortensio si limita a fare l'esegesi dei primi capitoli degli atti degli apostoli ed esamina la prassi della prima comunità cristiana che deve essere paradigmatica e di orientamento per il futuro. Il conflitto inevitabile tra una chiesa rigorosamente gerarchica da monarchia assoluta e una chiesa che ha "la pretesa legittima" di essere più democratica, si risolve con un rapporto fraterno di comunione coordinato dal carisma dell'apostolo e del suo successore, ma non con l'imperio di un funzionario mandato da Roma e scelto con alchimie strane e conoscenze che appaiono legate a trame da massoneria bianca o nera d'altri tempi. In questo contesto desolante, non mi resta che seguire un pò di vangelo con l'aiuto del gruppo di Sorrivoli "ricerca e conronto" nella speranza di non smarrire del tutto la fede, in attesa di Qualcosa di Meglio, anche se conosco il detto "il peggio non è mai morto".

 

Commenta e risponde Augusto Cavadi Trovo sia il tuo testo, Bruno, che i due commenti di notevole 'peso' teoretico e spirituale. Mi chiedi un parere che non mi è facile formulare. Da una parte, infatti, capisco benissimo chi come te dice: usciamo, sbattiamo la porta, "lasciamo che i morti seppelliscano i loro morti". Dall'altra parte capisco i miei carissimi amici che restano nell'istituzione ecclesiastica, lavorano come 'talpe' dal di dentro per far lievitare il fermento dei valori evangelici nella pasta, un po' ingombrante, della struttura complessiva e dicono: "se ne devono andare gli altri, i tradizionalisti, noi siamo a casa nostra". Capisco altrettanto bene, però, la posizione che ho scelto - almeno sino ad ora - io: prendo le distanze (proclamandomi ufficialmente 'cristiano' e non 'cattolico', anzi - come sai dal mio libro "In verità ci disse altro" - proclamandomi "oltre-cristiano"), ma non entro in nessuna altra "chiesa". Vivo lo stato nomade e marginale che, se non ho capito male, è stata la condizione esistenziale di Gesù di Nazareth. E accetto tutte le occasioni di ospitalità: dai valdesi, dai luterani, da comunità di ricerca orientali...dunque anche da quelle comunità cattoliche che, pur conoscendo la mia posizione di eretico convinto, mi invitano alla loro mensa. Mi ricordo di una frase di Balducci riferitami, in un certo viaggio in treno, da Franzoni: "Non esco dalla chiesa cattolica perché sarebbe dare importanza all'appartenenza ecclesiale più che alla tifoseria di una squadra". Come la intesi allora, e la interpreto per me oggi, non va enfatizzata l'appartenenza o la non-appartenenza ad una determinata confessione religiosa: esse sono, più o meno, opportunità di vivere la propria ricerca del Divino e solo se, e quando, diventano trappole bisogna sgusciar via. Poiché mi piace solidarizzare con quelle poche decine di persone che condividono il mio stato d'animo, come tu sai (lo racconto nel mio contributo al volume collettivo "Filosofia praticata") da 7 anni, una domenica al mese, la trascorro con chi vuole sperimentare momenti di spiritualità 'laica', aconfessionale, critica. E' un modo di uscire dallo stormo del gabbiano Joanathan senza soffrire troppo la solitudine, accompagnandosi - sia pur precariamente - con altri gabbiani fuori dallo stormo, pur senza avere intenzione di creare "la chiesa di chi non ha chiesa". So che non sono stato chiaro come avrei voluto, ma ti assicuro che non mi riesce facile esprimere a parole - e in poche parole - sentimenti e intuizioni che mi abitano più di quanto io li possegga.

 

Risponde Don Franco Barbero Le domande interessanti sono sempre quelle intelligenti come quelle da Lei poste. Purtroppo non mi posso permettere una risposta come vorrei. La rimando al mio "Perché resto" di alcuni anni fa. Buon lavoro Don Franco"Perché resto" di Don Franco Barbero è scaricabile in PDF alla pagina: http://www.viottoli.it/viottoli/download/index.html#4

 

Ultima modifica il Venerdì, 15 Marzo 2013 12:29
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