BLOG DI BRUNO VERGANI

Radiografie appese a un filo, condivisione di un percorso artistico

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Mercoledì, 09 Settembre 2009 01:32

Il rene. Monologo teatrale

Scritto da  Bruno Vergani

IL RENE

di e con Bruno Vergani

drammaturgia e regia Vincenzo Todesco

 

Una serie di radiografie appese ad un filo. Dietro una lampadina, che si accenderà a comando. Ogni radiografia è accompagnata da un referto medico. Un tavolo con due ciotole accanto alle quali stanno raccolti ordinatamente rispettivamente dei pomodorini e una cipolla con spicchi di aglio. A fianco, una ordinata montagnola di piselli con buccia. Un coltello. Un tagliere. Un pentolino con acqua e una peretta, boccette di medicinali. Un secchio ai piedi del tavolo, coperto da un canovaccio da cucina. Appoggiata al secchio una sedia con rotelle. Lungo la parete, un tavolo con fornello a gas: sul fornello un pentolino piccolo , spento, ed una pentola grande piena di acqua, accesa. Sul tavolinetto anche olio, sale e spaghetti. Un uomo vestito dimessamente è seduto al tavolo.

 

Il peggio è passato. (Pausa) Quando cercavo la felicità senza trovarla. (Pausa) Quando imitavo gli altri e credevo di essere qualcuno. Parlavo di cose complicate, che fingevo di capire. (Pausa ) Però il fondo l’ho toccato di rado. Non sono stato così stupido da avere entusiasmi (Pausa). A parte Dio. E l’aver obbedito alla natura facendo figli. Per poi sentirmi un po’ eterno. (Pausa) Peccati di gioventù. (Pausa)

E adesso che non ho nessun creatore… Adesso?

(Traffica con il pentolino, la peretta e l’acqua)

Un po’ di sapone di Marsiglia nell’acqua della peretta scioglierà tutto. Non troppo sapone perché irrita. Peccato non poter usare il “Grassex”, quello sì che sgrassa. Inquina ma sgrassa. Ma va bene solo per i pavimenti. (Medita) In qualche modo esistevo nell’essenza dei miei genitori? Continuerò ad esistere in quella dei figli? (Pausa) Non mi inventerò nulla per aiutarmi a tirare avanti. Che siano gli altri ad affaticarsi nel mentire. (Prende i pomodorini e comincia ad affettarli e li versa nella prima ciotola. Intanto, parla) Avrei preferito nascere già vecchio, così da non avere ricordi, come i gatti della strada. (Pausa) Quelli si accoppiano senza amore. Senza bisogno di Messia e Guarigioni Miracolose (Pausa) Una volta ho catturato una gatta selvatica. Ho aspettato che fosse affamata, l’ho attirata con del buon cibo, l’ho afferrata per la collottola e le ho dato da bere del latte mescolato con erbe rare e mentre mangiava recitavo la formula: nutriti! nutriti! (Pausa) Non è mai diventata domestica, però mi cerca quando ha fame. O forse cerca le erbe psicotrope. D’inverno sta fuori al freddo. Potrebbe entrare in casa insieme agli altri gatti ma non vuole. Preferisce soffrire in solitudine. (Pausa)I cani mi sono antipatici. Più sono grossi e più diventano stupidi. Hanno un cervello piccolo ma fanno stronzi enormi. (Medita)… Anch’io in ospedale ho avuto le visioni procurate della ventilazione artificiale. Vedevo dall’alto me stesso che stava in casa, si preparava da mangiare, andava alla posta… la visione non era interessante ma ad un certo punto mi sono accorto che lui nel fare tutte queste cose soffriva un po’ed era triste. Non aveva capito che non era nella realtà ma in un film. La cosa mi ha fatto quasi morire dal ridere. Lui faceva sul serio, come se tutto fosse reale. E più era triste più io ridevo. (Pausa) Anche se in quello stato di osservazione, forse ero già morto. (Pausa) Forse i morti ci guardano. Forse si può uscire da se stessi e guardarsi. Specie quando la tristezza ci sommerge. (Comincia ad affettare le cipolle e l’aglio e le ripone nella seconda ciotola. Intanto parla) Troppa fatica per cambiare, troppo tardi per cambiare, non ci sono ragioni per cambiare, ho paura di cambiare, sono troppo stanco per cambiare, non ho motivi per cambiare, ho sonno e mi viene da vomitare e mi fa male la testa, non ce la faccio a cambiare, non voglio cambiare, è pericoloso cambiare. Posso fingere di cambiare. Posso cambiare facendo sempre le stesse cose. Posso non cambiare facendo cose sempre nuove. Devo rimanere immobile. Se resto fermo ce la faccio. (Lunga pausa) Non voglio dare fastidio. Preferisco stare solo e sapere che gli altri stanno bene grazie a me. (Pausa) Anche questa malattia… il rene… quello sinistro… calcolosi a stampo rene sinistro recidivata in quattro mesi. Quattro mesi. Un record. (Comincia a sbucciare i piselli, che accatasta ordinatamente in un angolo. Getta le bucce nel secchio. Intanto continua a parlare) Anche questa malattia, al rene, è meglio che capiti a me piuttosto che a un altro. Io ci sono abituato. Sarà la decima operazione. Un anniversario. Da festeggiare. (Pausa) Eh sì…io soffro al posto degli altri…come Gesù. Chissà quante volte ha riso Gesù nei trentatré anni di transito terrestre… Forse una volta. Da bambino. Quando ha succhiato il latte per la prima volta.(Pausa) Ma come ha fatto la Madonna ad avere il latte se era vergine? Non è plausibile che l’ipofisi immacolata abbia prodotto prolattina a sufficienza. Forse si è prodotto un latte scrematissimo, verginale. Ma e il bambino? Ha corso il rischio di morire di fame. A meno che abbia avuto un corpo di costituzione angelica. Oppure che come integratore della secrezione materna abbia succhiato latte di asina o di mucca… ma in tal caso avrebbe ereditato una parentela biologica con i bovini… Roba da eretici… Però… la versione ufficiale dice che c’erano un bue ed un asino nella grotta a Betlemme… vuoi vedere che erano una mucca e un’asina a cui poi hanno cambiato il sesso per nascondere la verità..? … Che storia… Davvero un pasticcio essere figli di dio e nascere da una donna… (Spinge la sedia a rotelle verso il fornello. Versa olio nel pentolino e accende il gas. Prende la ciotola con cipolle e aglio e la versa nel pentolino. Mescola) Ho sonno…Quando la coscienza inizia a ritirarsi, tutto scompare. Ti abbandonano rapidi i pensieri. Un istante prima della fine ti appare perfettamente chiaro che tutta la questione si riduce a “sono” o “non sono”. Quando il “io sono” si attiva sei triste oppure felice, quando si ritrae non pensi più e allora non sei felice ma neppure triste… (Prende la ciotola con i pomodorini e la aggiunge nel pentolino. Spinge la sedia vicino alle radiografie.) Si può conoscere con precisione lo stato di salute di un corpo: se l’azotemia raggiunge i 10 mg e non supera i 50 vuol dire che stai bene. Ma in quali parametri deve rientrare un’anima per essere considerata sana? Forse gli scienziati americani lo sanno. Loro sanno tutto. Una diagnosi precisa permetterebbe una cura efficace. (Pausa) Se mi ricordo bene qualche birra in più e la compagnia di una femmina sono un discreto anestetico. Però il sacro funziona meglio. Se non fosse per gli effetti collaterali lo si potrebbe prescrivere anche ai bambini. (Accende la luce dietro le radiografie. Le esamina)Urografia: 1999, calcolosi renale sinistra. Bonifica endoscopica.2003: rene sinistro calcolosi a stampo completa formatasi in dieci mesi.2004: calcolosi a stampo rene sinistro recidivata in quattro mesi.(Lunga pausa 10’) Ho inventato un dio per non cambiare. Uso la malattia per non cambiare. Sono riuscito a procurarmi una malattia e a farla durare per trent’anni. Roba da Nobel. Tutta colpa del rene sinistro. E’ sempre stato insoddisfatto e sofferente. Mai grato. Infantile. Sempre bisognoso di attenzioni e di cure, fino alla nausea. E più lo curavo, più lui si ammalava. Adesso basta. Che se ne vada per il suo destino di putrefazione, lontano da me. (Pausa) Oppure potrei venderlo ad un riccone di quelli che vanno in India a comprarsi dai poveri un rene, glielo cederei a prezzo modico. Sì caro signore, stia tranquillo, è un ottimo rene… sì, è di un sessantenne… non è di primo pelo. Ma è sano. Sano garantito. Invece glielo vendo mezzo marcio e senza togliere neppure i calcoli, poi i soldi li dono alle suore di madre Teresa di Calcutta… o forse no, forse me li sputtano al Riz. Per un mese. Pranzo e cena. Alla faccia del rene. (L’uomo torna al fornello, spegne il gas sotto il pentolino. Assaggia il sugo. Intanto parla) Dopo sei ore, al risveglio dall’operazione avevo più anestesia in corpo che sangue. Roba da far impallidire qualsiasi drogato. La coscienza andava e veniva in un istante, come quando si accende e spegne la lampadina del soggiorno. Quando si spegneva, nello sparire vedevo che con me si dissolveva l’intero universo. Quando si accendeva, prima tornavo io e immediatamente dopo, ma dopo di me, tutto quanto. E’ dunque l’universo che esiste grazie a me e non il contrario. Davvero semplice: se si riuscisse a spiegarlo all’asilo le religioni smetterebbero di colpo, come i temporali estivi. Anche i deboli imparerebbero, senza inutili complicazioni, ad affrontare il proprio pezzettino di nulla. (L’uomo torna al tavolo. Lentamente rimette in ordine le cose sul tavolo. Pulisce il tagliere con il canovaccio. Appoggia il canovaccio ben piegato sul secchio. Sistema la peretta, il pentolino, le ciotole. Pulisce il tavolo. Sistema il mazzo di carte. Mentre lavora, parla) Sono mortale? (Pausa) Sono immortale? (Pausa ) Che importa? Io sono e non sono. E’ il diavolo che mi sussurra: tu esisti…tu esisti… tu esisti. Eh sì, le divinità non accettano di essere trascurate. Si fanno sentire. Si vendicano. (Pausa) Contemplazione di un pisello (Pausa). Imparare come un bambino a dire la parola: pi-sel-lo. (Pausa) Non c’è distanza (Pausa). Tutto è qui e ora. Il tempo non si è ancora staccato dall’eternità (Pausa). La spirale dello spazio-tempo si avvolge su se stessa. In realtà mai si muove. (Pausa) E’ sempre qui e ora. Continua la sua veloce corsa sul posto. Come un corridore si allena su un nastro trasportatore. E’ sempre fermo (Pausa). La primavera dell’anno passato, quella di milioni di anni fa e quella di adesso si ritrovano (Pausa ). Quanti anni ho? (Pausa) Mi hanno assicurato che sono nato in un giorno preciso. Che ora ho sessant’anni. (Pausa) In realtà non è mai successo nulla. (Pausa) Un fremito nel vuoto. (Buio)

 

Ultima modifica il Mercoledì, 04 Settembre 2013 11:40
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