Un pinguino è un pinguino, una quercia è quella quercia e non un’altra, non è un orso e neppure l’Uno neoplatonico. Dire corpo è dire individuo: senza modi specifici, senza confini, senza funzioni differenziate, la vita non può sussistere. Cos’è, allora, l’“oceano indistinto”[1] di cui parla certa psicoanalisi? L’intrauterino, il pre-personale, il cosmico: quello stato frequentato da neonati, da psicotici e da mistici?
In realtà — anche se non mancano ambiguità e confusioni — l’oceano indistinto è un mito culturale, non un dato naturale. “Nasciamo indistinti, ci individuiamo, possiamo regredire” è una metafora utile per raccontare la porosità dei confini dell’Io, non a descrivere un organismo reale. L'individuazione è individuazione culturale, faccenda umana, i grilli nascono già individuati.
Improbabile che uno psicotico lo sia diventato passeggiando nel bosco mentre si percepiva tutt’uno con la natura —fondersi non è dissolversi —, più probabile che qualcuno ne sia guarito.
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1 Spinoza probabilmente rifiuterebbe questa definizione giudicandola confusa. Nel suo sistema non c’è origine indistinta: ma sostanza unica che si esprime in modi finiti, ciascuno determinato.