Bruno Vergani
Radiografie appese a un filo. Condivisione di un percorso artistico, davanti al baratro con angoscia parzialmente controllata.
Er Gatto
Ecco un gatto, irrompe come il sopravvenire di una circostanza eccezionale, accade non necessario e a gratis.
Nel considerare alcuni esponenti di certi nichilismi e pessimismi estremi osservo che ne devono avere di fantasia e di fede nelle teorie che hanno architettato per interpretare ‘sto gatto assurdo (átopon: letteralmente “fuori luogo”), senza considerare che fuori posto potrebbero essere le loro teorie invece del gatto.
Educazione 2.0
Ma com’è che i paletti un tempo piantati nei recinti per capre o per reggere l’uva fragola d’un botto sono diventati un imperativo categorico in campo educativo?
Andazzi ipermoderni
Ai nostri giorni la domanda «perché sono ed esisto?» è disusata, inammissibile e considerata un po’ malata. L’ente io è giudicato inconsistente[1] e senza un io definito e reale chi mai potrebbe essere e chi mai potrebbe esistere?
Mi adeguo all’andazzo del mio tempo anche se appare singolare che, stando così le cose, le persone invece di frammentarsi e liquefarsi - non come ipotesi o teoria ma per davvero - permangono ancora un tutt’uno più o meno organico; io seppur talvolta umorale sono io, tu sei tu e lui è lui. Quale sarà mai la forza che ci assembla a oltranza uno ad uno? Plausibilmente la stessa che mantiene l’universo.
Il punto è che ogni esemplare di tale assemblaggio naturale denominato Homo sapiens oltre alla circostanza di permanere suppergiù coeso pensa in proprio e sa pure di farlo pensando il proprio pensiero (coscienza). Quale sarà mai la forza che stimola e permette tale accadere? La stessa che pensa l’universo (?).
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1 Ipermoderno decreto d’inconsistenza dell’io per certi versi ambiguo, in quanto a differenza dell’atarassia conseguente alla rarefazione della persona tipica di certe mistiche o di alcune speculazioni filosofiche orientali, dove il soggetto distaccandosi da stesso si dissolve in Dio o nell’universo così da espandersi, l’io ipermoderno si frantuma implodendo nel niente e siccome la faccenda è scocciante prova a riattaccare i suoi pezzi sparsi non appena contestato personalmente per paura di dissolversi ulteriormente. Invece del distacco da se, tipico del saggio, entra all’istante in isterica reattiva fibrillazione autodifensiva per tenersi insieme. Tanto dissolto quanto cazzuto nell’intento d’apparire.
Immagine: “Smile”, Paolo Polli. Un click sopra per ingrandirla.
Breve invito all’aut aut
«Quello che tu erediti dai tuoi padri, riguadagnatelo per possederlo». Impegnativo per tutti il titolo del Meeting ciellino di quest’anno, ancor di più per coloro che l’eredità l’hanno ricevuta da un padre che percependosi prescelto dall’Altissimo si contrapponeva al mondo per plasmarlo alle proprie[1] concezioni. Eredi che invece - come sembra testimoniare il Meeting in svolgimento - cercano plausibili soluzioni ai problemi di tutti, specialmente degli ultimi, e un proprio posto con gli altri in un mondo sempre più fluido e complesso.
Il convivere di due paradigmi tanto inconciliabili chiede un aut aut; le vie del Signore sono infinite ma la consapevole accettazione o la precisa rinuncia all’eredità paterna ne asfalterebbe qualcuna. Giusto per non impantanarsi.
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1 Si potrebbe rilevare che tale altezzoso pensiero non è frutto di una esaltata quanto astrusa pretesa di Giussani, bensì l'essenza stessa della rivelazione cristiana. Ho articolato la problematica qui.
Contestualizzazioni
Quanto mi ha convinto l’esortazione di Kierkegaard di passare da un’esistenza puramente estetica a un’esistenza etica e tanto mi ha lasciato perplesso il suo successivo invito di passare dall’etica alla fede in Dio con un salto assoluto oltre l’umana razionalità. Invito che in alcuni passaggi rasenta la giustificazione “tecnica” di chi obbedendo al Dio di Abramo schiaccia col furgone i bambini sul marciapiede. Evidentemente afferma tutt’altro ma la sua reattività, forse eccessiva, contro l’idealismo dei suoi tempi potrebbe generare equivoci letta ai nostri giorni.
Il punto è che i suoi scritti non vanno equivocati per un programma ideologico di massa e ancora meno per una dottrina religiosa, perché dire fluttuante e poetico rivolto in presa diretta al suo lettore, fiducioso che lo capirà e elaborerà al volo come accade tra vecchi amici, senza necessità di ripetute pedanti sistematizzazioni.
Ma non è che?
Alle prove generali il direttore d’orchestra pigia a raffica un tasto nero del pianoforte:
plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom!
Interrompe e proclama:
«Questo Mi bemolle irrompe come una stilettata al fegato!» e riprende:
plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom! plom!
Ma non è che il direttore si stia facendo una sega? Sublime ma sega. Forse meglio la cassiera del supermercato in centro, quella che pigia i tasti del misuratore fiscale per sbarcare il lunario.
Mida
Sempre evidente la distanza e lapalissiana la differenza della realtà dalla finzione?
Meno di quel che sembra dato che ogni umano ricordo è narrazione e l’atto di ricerca implica un po’ di fiction. Narrazioni le istituzioni, le leggi dello Stato e le confessioni religiose, così le associazioni sportive. Storie di finzione con artefatto lieto fine i prodotti in vendita sugli scaffali del supermercato, invece a finale aperto le relazioni personali sovente ricche di aspettative o pregiudizi. Finanche la natura al solo sguardo umano si trasforma da ciò che è in madre o matrigna, in Dio o in un mix di tutto questo, dipende dalla storia che scegliamo.
Arranca qualsiasi rigoroso double check che possiamo escogitare per ripristinare una definitiva e perfetta distinzione tra i due regni, perché Mida che solo nel pensarla già trasformiamo qualsiasi materia senza neppure sfiorarla.
L’internista
Può esserti padre o madre, fratello, sorella, figlio o amico, ma se ti mette sotto sua stretta osservazione probabilmente è un gastroenterologo.
Il bus
Turista in piazza era quasi sera e davanti al monumento era passato un vecchio bus stipato di lavoratori pendolari. Anch’io il più delle volte ho ottemperato concreti definiti e continui compiti invece di rincorrere infinite possibilità.
Nel fare un bilancio empirico vedo in tale costrizione più soddisfazione che alienazione, lo stato un po’ isterico di non pochi esteti che guardano il mondo invece di viverci responsabilmente dentro ne è la controprova.
Sbrigatività
L’imperativo scegli-adesso-questo-o-quello-prendere-o-lasciare! Va bene per scegliere un nuovo frigorifero quando ad agosto strapieno di vivande si rompe di un botto quello vecchio.
Per tutto il resto forse meglio riflettere ricalcando i tempi della natura.