BLOG DI BRUNO VERGANI

Radiografie appese a un filo, condivisione di un percorso artistico

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Bruno Vergani

Bruno Vergani

Radiografie appese a un filo. Condivisione di un percorso artistico, davanti al baratro con angoscia parzialmente controllata.

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Mercoledì, 24 Luglio 2024 10:57

Cul-de-sac

Senza nomi non potremmo comunicare e neppure concettualizzare, non ci sarebbe più scienza e finirebbe la civiltà, però nel piccolo orto botanico che sto allestendo eviterò di mettere il cartellino col nome davanti alle piante, com’è d’uso. Basterà guardarle e odorarle, ognuno a modo suo, e ciò che accadrà accadrà, perché l’orto botanico non l’ho approntato per sapere i nomi delle piante ma per vedere Dio.

Il problema è che in questa parte di universo ci troviamo in circoscrizioni anguste rispetto all’Essere, posti dove ci è preclusa la piena conoscenza di noi stessi[1] e del mondo. Nell’impossibilità di comprendere l’inattingibile origine e ignorandone il senso sistematizziamo gli enti per afferrarli. Siamo abili classificatori di cose e insuperabili fabbricanti di tecnologia, ma ipodotati di sensi e congegni di pensiero congrui alla percezione dell’Essere che fa tutte le cose, per di più abbiamo lo svantaggio di durare poco in una realtà che si modifica di continuo.

Per uscire dal cul-de-sac che ci preclude l’esperienza dell’Essere, potremmo provare ad evitare contenimenti e programmazioni abbandonandoci al darsi altro delle cose, come di volta, in volta, si configurano a noi. Forse il fonderci in questa continua, incontenibile, imprevedibilità potrebbe svelarci Dio.

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1 “Che cosa sa propriamente l’uomo di sé? Davvero sarebbe capace, anche solo una volta, di avere di sé una percezione completa, come se si trovasse in una vetrina illuminata? Non gli tace la natura quasi tutto, anche riguardo al suo stesso corpo, per confinarlo e imprigionarlo in una orgogliosa e illusoria coscienza, lontano dal viluppo delle interiora, dal rapido flusso del sangue, dai nascosti brividi delle fibre? Essa ha gettato via la chiave”. (F. Nietzsche, Su verità e menzogna in senso extramorale)

Venerdì, 19 Luglio 2024 14:28

Nondove

Camminando in una fitta lecceta mi ero imbattuto in una radura perfettamente circolare, in quell’aprirsi mi ero sentito sparire e più non c’ero più diventavo eterno.

Vi sono luoghi particolari dove è evidente che il massimo dell’immanenza coincide con il massimo della trascendenza. Maria Zambrano aveva visto, con Sokurov[1], uno di quei luoghi nell’inatteso e improvviso aprirsi di una radura. Un nondove fra l’ombra e la luce, fra conscio esterno e inconscio interno, e forse pure fra fisica classica e quantistica, dove si incontrano visibile e invisibile.

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1 In “Elegia di un viaggio” mediometraggio di Sokurov del 2001, il protagonista, in un viaggio onirico, trovandosi all’improvviso in una gelida radura dice:

“Mi ritrovo in una radura. Per chi tanta bellezza? Nessuno per vederla. Dunque era ancora più bella. Solitudine perfetta. Cosa sono questi occhi?”.

Il film è disponibile sottotitolato in italiano qui: Elegiya dorogi.

Domenica, 07 Luglio 2024 22:04

Invalicabile coazione culturale

C’è chi vede le parole come semplici etichette che appiccichiamo alle cose, in modo da inventariare il mondo e comunicarcelo, chi invece vede le parole traboccanti di valori intrinseci, sia semantici che simbolici[1]. Anche se è forse riduttivo affermare che le parole sono nient’altro che arbitrii condivisi, com’è anche esagerato sostenere che trabocchino di potenza propria, fino al punto da creare realtà[2], è però innegabile che parole e cose siano intrecciate indissolubilmente perché pensiamo, necessariamente, per mezzo delle parole[3]; va da sé che il linguaggio plasmando il pensiero, producendo concetto, circoscrive e determina la visione che abbiamo delle cose, in effetti sembra che linguaggi diversi procurino visioni del mondo differenti, come anche una Weltanschauung ingenera un proprio linguaggio[4].

Senza linguaggio non potremmo vivere, nondimeno il linguaggio esercita su tutti noi un potere costante costringendoci a dire, dunque a pensare, nei limiti della sua circoscrizione e specifico funzionamento. Se ci è precluso prescindere dal suo potere come possiamo vedere il mondo per ciò che realmente è? Ci sono modi per pensare e vedere le cose senza articolarle linguisticamente trasformandole in metafore[5]? Come possiamo raggiungere un punto di vista fuori e oltre il linguaggio? Forse è proprio per giungere a questa libertà che ad un certo punto moriamo.

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1 Le due differenti concezioni sono state descritte e indagate già nel Cratilo, dialogo di Platone, IV secolo a.C..  
2 Heidegger arriva ad affermare che il linguaggio è il luogo che rende ontologicamente possibile la realtà stessa del mondo: “Solo dov'è linguaggio vi è mondo”.
3 Tesi sostenuta da non pochi filosofi: “La nostra capacità di pensiero è limitata dalle parole che conosciamo”; “pensiamo limitatamente alle parole che possediamo” e via dicendo.
4 Chi interessato alla tematica può approfondire le teorie del linguista e filosofo Wilhelm von Humboldt.
5 Problematica affrontata dal giovane Nietzsche, nel suo breve saggio “Su verità e menzogna in senso extramorale”.

Sabato, 06 Luglio 2024 11:02

Per sua stessa natura bianco avorio

Dalle mie parti t’imbatti in pietre così belle da sentire ammirazione, una sorta di empatia.

Esperti in questo genere di sensazioni dicono che si tratta di esperienza estetica mica empatica[1], eppure percependo il loro potente generarsi, per sua stessa natura, si avverte la sensazione che in esse alberghi una sorta di iniziativa, di identità, di vita.

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1 Spiegano che l’inorganica pietra non fa altro che rispecchiare sensazioni e pensieri che gli proiettiamo addosso.    

Sabato, 29 Giugno 2024 11:36

Divino vuoto autorale

Stufi del proprio Io artisti dadaisti e musicisti d’avanguardia un po’ Zen, tendono a realizzare opere non autorali. Siccome nel fare qualcosa non è facile omettersi, per neutralizzare ragione e sentimento personale si affidano a processi automatici e aleatori, tipo abbinare note o movimenti del corpo con il risultato del lancio dei dadi e diavolerie simili. Un agire senza intenzione, ciò che vien viene come se fatto da nessuno invece che da qualcuno.

Però il volere annientare l’intenzione personale è anch’essa un’intenzione, così più l’autore si impegna ad architettare stratagemmi per omettersi più diventa centrale, e come un fiume carsico l’io riemerge inestinguibile. Io o non io il dato empirico è che da questi processi artistici (da non equivocare con l'improvvisazione che è tutt'altra cosa), escono cose inascoltabili e inguardabili, di una bruttezza così chirurgica da apparire intenzionale e autorale.

La cosa singolare è che invece la natura -al netto di qualche atrocità e della circostanza che, nel mondo naturale, prima o poi bisognerà pur morire- la percepiamo bella e attraente come sorretta da una misteriosa regia amica, fatta da qualcuno invece che nessuno. Non è escluso che il regista sia così perfido e astuto da far credere a noi post moderni d’essere morto per ridere di noi, oppure è entità che emerge dalla potenzialità del puro vuoto, quel vuoto inattingibile a noi tutti, artisti dadaisti e musicisti d’avanguardia un po’ Zen inclusi.

Venerdì, 21 Giugno 2024 20:16

Deus sive Natura

L’immanenza della natura si manifesta da sé senza necessità di volerla, cercarla, amarla, meritarla; funziona senza giudicarci e non chiede di crederle.

E’ il soprannaturale che se non accetti sue strambe ortodossie sale subito di giri e ti tiene il broncio.

Martedì, 18 Giugno 2024 14:05

Sociologia empirica

E’ facile fare sociologia basta guardare la gente alle undici e mezza nel largo di un qualche paesotto, tra il centro e la periferia. Femmine tatuate accompagnano cani a volte bambini, una tutta lisciata attiva occhiate dai maschi mentre entra in lavanderia, anziani arzilli escono dall’ufficio postale, anziani sciancati comprano cipolla di Tropea. E mentre l’autista gagliardo consegna il semiasse al meccanico, vedi che ciò che tiene insieme le persone, in sé e tra loro, è il lavoro; fondati sul lavoro. Tutto sommato quel “Con il sudore del tuo volto mangerai il pane” è stata forse una benedizione.

Martedì, 11 Giugno 2024 10:25

Produzioni culturali

Venerdì scorso passeggiando nel giardino sono diventato miscredente. Tutto d’un botto ho visto che il teismo è un costrutto culturale, un prodotto del linguaggio umano[1].

Rispetto al funzionamento naturale il Dio personale e creatore è roba provinciale di fresca data intrinsecamente obsolescente. Che me ne faccio?

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1 Dio disse: “Sia la luce!” E la luce fu (Genesi); Il Verbo si fece carne (Vangelo di Giovanni); La prima cosa che Dio creò fu il calamo. Poi creò la tavola e disse al calamo: "Scrivi!" (Martin Lings, Il profeta Muhammad, La sua vita secondo le fonti più antiche, Il leone verde.)

Domenica, 02 Giugno 2024 18:37

Peccato originale

Ciò che vi è di più profondo, nell’uomo, è la pelle. (P. Valéry) [1].

E’ rara, piomba a caso, dura pochissimo, però a volte ci accade l’innocenza percettiva d’Adamo e Eva nell’Eden, è che per esserci e mantenersi dev’essere esperienza di nessuno non appena la comunichiamo, anche solo a noi stessi, la distorciamo, solo a pensarla si spezza in due qua l’immagine là la cosa.

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1 L’idea fissa o due uomini al mare, Theoria, Roma-Napoli 1985, p. 60.

Venerdì, 31 Maggio 2024 13:45

Realtà virtuale

Ma i bambini appiccicati di continuo agli smartphone saranno ancora capaci di vedere il mondo reale?

Forse non c’è motivo di preoccuparsi, la percezione in presa diretta della realtà naturale l’abbiamo già persa da un po’, suppergiù dal paleolitico quando qualcuno inventò suoni e segni[1] per rappresentare le cose.

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1 Platone nel Fedro argomenta così:
"Ho udito narrare che presso Naucrati in Egitto c’era uno degli antichi dei, […] il suo nome era Theuth. Dicono che per primo egli abbia scoperto […] anche la scrittura. Ora Theuth andò dal re Thamus, gli mostrò tutte queste sue arti e gli disse che bisognava insegnarle agli Egizi. Il re gli domandò quale fosse l’utilità di ciascuna di quelle arti e, mentre il dio glielo spiegava, a seconda che gli sembrasse bene o no, lodava oppure disapprovava... Quando giunse alla scrittura Theuth disse: ‘‘Questa conoscenza, o re, renderà gli Egizi più sapienti e più capaci di ricordare, perché con essa è stato trovato il farmaco della memoria e della sapienza.’’ Ma il re rispose: ‘‘O ingegnosissimo Teuth, c’è chi è capace di inventare e creare le arti e chi è capace invece di giudicare quale danno o quale vantaggio ne ricaveranno coloro che le adotteranno. Essendo il padre della scrittura, per amore di essa tu hai detto proprio il contrario di quello che essa vale. Infatti la scoperta della scrittura avrà per effetto di produrre la dimenticanza nell’anima di chi la imparerà perché, fidandosi della scrittura, egli si abituerà a ricordare dal di fuori mediante segni estranei, e non dal di dentro e da sé medesimo”.

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