Il paradosso dell’individuazione
All’inizio della vita abbiamo bisogno di costruire un’immagine di noi stessi per entrare nel mondo. Senza questa individuazione — senza un “io” con cui identificarci — saremmo come forme senza contorno: incapaci di orientarci, di vivere, di comunicare.
Ma arriva un momento in cui questa costruzione, così necessaria, diventa un ostacolo. Per comprendere davvero la realtà, dobbiamo cominciare a smontare l’idea fissa di chi crediamo di essere. È un lavoro di decostruzione e di disidentificazione: non per negare l’individualità, ma per non scambiarla con ciò che siamo in verità.
È questo il paradosso dell’individuazione: serve per sopravvivere, ma ci inganna se la prendiamo come verità ultima. L’io è un passaggio obbligato, ma resta solo un passaggio[1]. Senza individuarci, non potremmo diventare coscienti; senza superarci, non potremmo diventare liberi.
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1 La resurrezione cristiana eternizza l’individuo fissandolo nella sua forma; il transpersonale New Age, e una certa mistica post-teistica, lo sublima senza negarlo. Entrambe le visioni eludono il funzionamento della necessità naturale, potenza impersonale di relazioni e ordini che non conserva, né sublima, individui.
Metafisica del Gelso da carta
Euforbia arborea “Vivi nascostamente” (Epicuro)
Ne senti la voce, ma non sai di dove viene
Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito.
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