BLOG DI BRUNO VERGANI

Radiografie appese a un filo, condivisione di un percorso artistico

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Bruno Vergani

Bruno Vergani

Radiografie appese a un filo. Condivisione di un percorso artistico, davanti al baratro con angoscia parzialmente controllata.

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Giovedì, 27 Ottobre 2011 00:00

Sii te stesso?

“L’onestà fu il suo ideale, il lavoro, la sua vita, la famiglia, il suo affetto” .

Così recita l’incipit di un di necrologio prefabbricato, come un template di WordPress, che le agenzie funebri, quelle professionali, mettono a disposizione dei parenti a corto di idee che intendono sintetizzare vita e opere del caro estinto.

E pensare che da vivo, proprio chi da morto l’ha incorniciato in due righe standard, gli suggeriva di essere sempre sé stesso, di non indossare personalità a seconda del luogo e delle circostanze per tirar fuori quell’ ‘Io’ unico irripetibile, inequivocabile, che era.

Invece lui da vivo si percepiva in costante divenire e senza sentirsi impostore esprimeva pluralità complesse, dinamiche sempre differenti. Il suo io mutava velocemente con i suoi pensieri e talvolta coi suoi sentimenti e non sapendo chi era, invece d’essere chiunque, era proprio lui.

 

Mercoledì, 26 Ottobre 2011 23:14

Essere o divenire?

Nel Tetragramma biblico è rivelato il nome proprio di Dio: Yahweh "Io sono ciò che sono"; così, l’individuo fatto a immagine e somiglianza di quel Dio può affermare il “dato” che gli regala inequivocabile e stabile identità: “Io”.

Eppure, pur accorgendoci di essere noi stessi per deduzione immediata come suggerisce la Bibbia, osserviamo che la struttura dell’Io e le dinamiche che creano l’identità personale risultano complesse. Constatiamo che l’io è mutevole, inafferrabile, proteiforme, più vicino ad una costruzione narrativa, ad un processo in svolgimento, che a un dato oggettivo immodificabile ed inequivocabile.

La dialettica tra i due approcci ha caratterizzato la storia del pensiero e il rapporto conflittuale tra visioni religiose integraliste e umanesimo laico, fino a quando Yahweh - nome che nella tradizione ebraica è giudicato troppo sacro per essere pronunciato - è diventato, nella versione inglese "I Am What I Am", il motto della campagna pubblicitaria dell’azienda leader mondiale di scarpe da ginnastica. Il messaggio della multinazionale invita i giovani a riscoprire ed abbracciare la propria individualità unica e irripetibile perché test di laboratorio certificano che indossando le loro scarpe “... si genera un'attivazione dei glutei fino al 28% maggiore rispetto a una comune scarpa da ginnastica grazie ad un sistema di capsule di bilanciamento all’interno della suola della scarpa che crea una naturale instabilità ad ogni passo”.

Un 28% per cento in più di tono al culo che permette finalmente di affermare: "Io sono io". Potevano dirlo prima.

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