Il punteggio
Notorio che tra i tanti dirigenti scolastici, guardie venatorie, insegnanti, alti burocrati, funzionari di pubblica sicurezza, appartenenti alle forze armate, impiegati della pubblica amministrazione e assistenti sociali, sia possibile imbatterci in persone ammirevoli quanto in cretinoidi patentati, questione di fortuna.
Pur riuscendo a sradicare la raccomandazione che innalza immeritatamente il cretinoide ad autorità dello Stato, la questione permarrebbe irrisolta. Il problema è che, giustamente, si diventa comandante di nave o veterinario pubblico per titolo di studio e concorsi che misurano e verificano specifiche (circoscritte, decentrate, cristallizzate) competenze. Strumenti congrui per valutare l'idoneità allo svolgimento di particolari mansioni, quanto inabili per cogliere l’eventuale stupidità strutturale del soggetto candidato e la sua capacità di autentica (autorale) comprensione del mondo, per dirla alla Gadamer: «Originario modo di attuarsi dell’esserci, che è essere nel mondo», quella attitudine di permanere sul pezzo attenti e aperti alla totalità di tutto il resto.
Evento incommensurabile questo buon senso e per certi versi inapprendibile.
Mito della classicità
A Occidente dai greci a tutto il medioevo il lavoro artigianale, manuale e meccanico (banausia), veniva giudicato generalmente spregevole. Nell’empireo filosofi, sacerdoti e guerrieri, agli inferi scaricatori di porto, fabbri e contadini. Platone, Aristotele ed esponenti della filosofia scolastica, la vedevano, un po' altezzosi e ingrati[1], più o meno così. Col Rinascimento le cose mutavano e la persona era, finalmente, riconosciuta degna per il solo evento del suo esserci. Déi pagani e il Dio espresso dalle Chiese cristiane per quasi due millenni hanno prodotto classi di superbi e di subordinati, ci è voluto l’umanesimo per venirne un poco fuori. In seguito nell'idealismo antropocentrico si è esaltato, talora oltremisura al pari di una religione, ogni individuo.
Oggi di quella classicità che disdegnava il lavoro manuale solo qualche strascico, nei genitori che dozzinali ostentano i risultati brillanti del figlio che frequenta il liceo classico, o di coloro che si oppongono alla convivenza della figlia ragioniera col garzone del macellaio, o di qualche pensionato compiaciuto di seguire corsi avanzati di una qualche libera università umanistica, per poi appendersi l’attestato nel soggiorno.
Ad eccezione di questi esempi di provincialismo decadente la situazione si è oggi capovolta rispetto al periodo classico nel disprezzo di pensiero-parola, nell'imperativo “fatti non parole” vale a dire “taci e esegui”, indizi che quel dio oscuro è ritornato sulla scena, in forma sì opposta ma così speculare da produrre i medesimi esiti sociali. Permarrà tenace se non escogitiamo un qualche Rinascimento.
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1 Inghiotto la compressa e il mal di testa cessa di colpo come un temporale estivo grazie a chi l’ha formulata, grazie all’ingegno di tutti quelli che hanno dato risorse e intelligenza per generare-realizzare farmaci efficaci, grazie agli operai che la producono. Salgo sul treno, sull’aereo, sul traghetto e arrivo a destinazione. Talvolta i sedili sono sporchi, qualche volta ritardano, ma grazie all’ingegno di qualcuno, grazie al lavoro dell'Altro, arrivo. Non lo conosco, sovente è morto da tempo o abita lontano, ma in ogni caso merita obiettiva riconoscenza per l’aver inventato la pizza napoletana, per l’aver scritto nel Seicento un testo di filosofia, per aver progettato e realizzato un computer che mi fa lavorare meglio e anche per l’antiparassitario che toglie il prurito al gatto, per il calorifero che l'idraulico mi ha montato e la forchetta, la neurochirurgia e le regole di grammatica, per le scarpe e gli occhiali. Qualcuno ha procurato molto danno e poco profitto, qualcun altro ha però compensato, riparando con bilancio positivo. Un po’ di ammirazione e gratitudine sono il minimo sindacale che l’Altro, pensatore o esecutore, oggettivamente merita.
Giudizio di valore
L’etica determina e fissa differenti valori e disvalori - da qui le etiche - poi, a mo' d'un ragioniere, la morale li quantifica redigendo bilanci.
Se l’etica canna nel determinare valori e disvalori la morale produrrà risultati errati, anzi più sarà precisa nel far di conto e più amplificherà l'errore, più sarà retta e più diventerà turpe.
Atarassia di Margherita di Antiochia, iconografia
Che strano, la santa martella duro, martella a raffica, colpisce di brutto, ma il volto non esprime emozione.
Senza alcun compiacimento paternalistico o vendicativo ottempera una necessità naturale.
Violenza del semper idem
Ci sono anche i cazzotti spirituali, sono quelli sferrati da chi (in noi e fuori di noi) proclama fisse verità assolute che castrano ulteriori domande e precludono differenti possibilità.
Una sana identità sta agli antipodi da ogni particolarismo e identicità autistica, L’identità per definirsi e consolidarsi necessita di continua e movimentata interpretazione-riformulazione dell’ambiente nel rapporto con tutti gli uomini; interazione universale, creativa e costante dell’Io con ciò che lo circonda e viceversa, così la forza dell’identità è misurabile dalla capacità di fluttuare per riformulare-riformularsi e la miseria dalla statica identicità, vale per l’identità della persona, di un gruppo, di un popolo.
Potenze ancestrali
Ognuno ha una qualche credenza, la mia è che il Genius loci delle mie parti - entità simbolo di coloro che, qui, vissero per secoli[1] - stia tramando un regolamento di conti con i nuovi arrivati nel suo territorio.[2]
Ignoro quale sanzione, pena o castigo, gli stia per disporre il dio della contrada, ma so che può programmarla indisturbato: gli imputati, ignari di ricadere nella sua giurisdizione, non hanno sufficienti intelletto e sensibilità per captare il moto della sua incombente onnipervadenza. Può darsi che tale cecità sia già la punizione.
1
2
Apologia della norma
Il paternalista esautora la norma condivisa soppiantandola con la personale benevolenza, così nell’elargire misericordia subordina l'altro tutto a sé, tecnicamente tirannia.
Ora et labora
«Incominciamo a vivere realmente solo alla fine della filosofia, sulla sua rovina, quando abbiamo compreso la sua terribile nullità, e quanto inutile sia stato ricorrere ad essa, poiché non ci è di alcun aiuto» (E. M. Cioran, Précis de décomposition).
Mi è piaciuto questo liberarsi dal massimalismo della filosofia, così ho provato a onorare l’invito mentre la mattina imbiancavo a calce e nel pomeriggio zappavo l’orto, ma in quell’azione-pensiero la filosofia ritornava gloriosa. Irrilevante se zappa o libro, la dinamica assomiglia all’Ora et labora: prega lavorando e lavora pregando; pensa-lavorando-lavora-pensando.
Alle ortiche si può gettare la professione del filosofo e pure tutta la storia della filosofia - plausibile che Cioran si riferisse a ciò - ma se è vita non può cessare neppure cestinando la vita, perché anche questo sarebbe moto filosofico. Arzigogolato ma filosofico.
Pasqua
Sovrano è il libero agente con potere di causare possibilità e fini voluti; condizionato è invece ciò di cui possibilità ed esiti dipendono da altro, buona o cattiva sorte o un dio che risorge per aggiustare le cose.
Concetti piuttosto astratti: in questo mondo la sovranità illimitata non esiste se non come delirio e, se escludiamo l'evento del morire[1], non è poi frequente la figura del condizionato assoluto.
Normalmente siamo signori con sovranità limitata talvolta con ampio, talora più ristretto, spazio di manovra personale (imputabilità-libertà), nel quale siamo autori del nostro soccombere o sorgere.
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1 Anche qui, senza necessità di tirare in ballo il soprannaturale, disponiamo di spazi personali di manovra. Mi riferisco alla Ars moriendi rispetto alla quale il naturalismo coltiva “una plausibile familiarità” (Orlando Franceschelli).
Sversamento
Nell’atto del percepire la persona incontra il mondo, il punto del rendez-vous è preciso, eppure a parità di mondo (circostanza) la percezione varia da persona a persona.
Inevitabilmente interpretiamo soggettivamente il dato di fatto perché percepiamo attrezzati da individuali esperienze acquisite da lungo tempo, che tendiamo a replicare anche in situazioni inedite. Talora vediamo attraverso vere e proprie credenze che imbevono il dato di realtà, a volte alleggerendolo per pascerci d’illusioni, il più delle volte gravandolo di pesi che già albergano in noi, ma estranei alla contingenza.
Attraverso condutture del sottosuolo Amrita e liquami migrano nella circostanza reale impregnandola. Come l’occhio non può vedersi non è semplice chiudere il rubinetto per interrompere lo sversamento, meglio essere almeno in due, visto che tubi e scolo siamo noi stessi.