Opera di genio
Artisticamente geniale nonostante, mediante, subendo, rappresentando, ri-presentando, o reinterpretando la sofferenza? Reagendo, grazie, oppure resistendo alla sofferenza?
Forse la sofferenza è irrilevante e pure la gioa, così l'età e le contingenze, è tutta questione di vocazione, di potenza del personale daimon.
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Interessante confrontare lo stesso assolo di chitarra di Mark Knopfler suonato a 34 anni [qui] e a 66 [qui], il pezzo è lungo e l'assolo inizia dopo un dieci minuti; corpo giovane o anzianotto si vede lo stesso daimon in azione del tutto indifferente a quel corpo che invecchia, anzi a 66 nonostante le mani un po’ anchilosate ha suonato meglio: forse l’artista gli ha dato più spazio (al daimon).
Vette d’ovvietà
Nessun grecista sarà mai tanto fesso da specificare che non dobbiamo invocare Ermes affinché ci fornisca sandali alati e falcetto di Zeus per uccidere Medusa, spiegando che queste cose non si interpretano alla lettera, ovvietà che risulterebbe insopportabile.
Unica figura al mondo che può permettersi tali vette di ovvietà, con danni contenuti e talvolta anche acquisendo stima e consenso, è il teologo sovversivo che demolisce la concezione tradizionale di Dio. Anche se, a differenza del grecista, il suo operare è più che legittimato dai tanti che per troppo tempo hanno interpretato il Libro alla lettera, un po' d'odore di banalità permane lo stesso.
Simulazione di miracolo
Da Nazareth alla Svezia, da Ismaele a san Francesco, l’acqua che sgorga miracolosamente dalla terra è un mito universale.
Così approfittando della giornata arida e del sistema di irrigazione con invisibili tubi interrati, ho attivato il marchingegno simulando il miracolo a un bambino di quattro anni.
Non c’è cascato. Forse ai nostri giorni nascono già col pensiero cartesiano ? Bella cosa quel suo non essere credulone, però il piacere di crederci… Vuoi mettere !
Chi?
Se non si è Nietzsche e si tenta di accoppare Dio sovente si gravita nella spiritualità New Age di stampo neoplatonico naïf, caratterizzata da ascetismo spersonalizzante; l'imperativo recita più o meno così:
realizza che sei Il grande Tutto e Il sommo Uno e finiscila una buona volta di essere qualcuno.
Fatti due conti non mi sembra un buon affare.
Mistero di Dio: mistero dell’uomo
L’interpretare Dio alla Feuerbach, prospettiva che vede Dio come un’umana proiezione e, dunque, una nostra personale creazione e non viceversa, più che una conclusione che liquida Dio per certi aspetti è una sorta di religiosità materialistica che apre scenari inaspettati.
Per entrarci si potrebbe forse iniziare con un nuovo ramo dell’antropologia che riveda filologicamente tutte le teologie - greco-romana, ebraica, cristiana e islamica - sostituendo il lemma “Dio” con “Io”, per poi (di quest’Io) dettagliarne l’essenza, provarne la sussistenza ontologica e definirne gli attributi. Confermata l’esistenza (l’Io c’è) occorrerà chiarire come sia saltata fuori dalle leggi che regolano il funzionamento naturale questa bizzarra entità increata ma creante.
Se invece, smentendo Feuerbach, si concluderà che l’Io non sussista, occorrerà essere davvero solidi nell’argomentare per dimostrarlo, mica è facile far fuori un’entità che empiricamente constatiamo tutti, ma più si sarà arguti nel negare l’io con autorale solidità dimostrativa e più si darà simultanea prova della sua sussistenza e potenza. Mistero di Dio: mistero dell’uomo.
Post teismo (bis)
Mi sembra che, in fin dei conti, un “inutile fardello” non sia l’ipotesi di “Dio persona” in sé, seppur nella sua problematicità, tantomeno la possibile fede o fiducia nel suo mistero, ma alcune discutibili costruzioni dottrinali (purtroppo non poche), o aspetti di queste, che nei secoli le confessioni religiose hanno costruito sopra la figura di Dio. Importante, dunque, chiarire se con post-teismo si intenda il superamento di questi castelli dogmatici intonacati con bislacche incrostazioni precettistiche, oppure il rifiuto netto dell’ipotesi di Dio persona in tutte le sue accezioni a prescindere, al punto da considerare il lemma “Dio” una parolaccia o il libro di Giobbe spazzatura perché appartenente al paradigma teista, posizioni che manco un miscredente patentato se minimamente intelligente sosterrebbe, consapevole che andrebbe non contro Dio bensì contro la civiltà. Un tale post-teismo sarebbe una reattiva posizione ideologica, a sua volta dottrinale, che francamente ho visto serpeggiare in alcuni testi e nell’argomentare di esponenti del post-teismo che ho letto, efficientissimi nel mettere al bando Dio creatore e persona quanto smarriti nel vuoto prodotto (l'ateismo è cosa seria, mica ci si improvvisa). Sembra che per qualche misterioso malfunzionamento nello svuotamento del cestino abbiano buttato via Dio, conservando però quell’integralismo dottrinale -nella fattispecie per così dire alla rovescia- che ha caratterizzato le sue peggiori e più esaltate interpretazioni.
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Per chi volesse approfondire in modo più ponderato, ragionato e articolato, segnalo l’articolo di Cavadi: MA DIO SOPRAVVIVERA' A QUESTA PANDEMIA ?
Zen rurale
Nesso di somiglianza
Soggetto, io, persona, individuo. Anche se non si chiamavano ancora così a un certo punto della storia del mondo a un qualche esemplare di Homo sapiens è accaduto di sperimentare d’essere un individuo invece che il tutto, di sapersi qualcuno invece che nessuno. Così per spiegarsi a sé stesso smise di incidere sulla pietra bestie e dee madri, raffigurando la sua amplificazione a mo' di entità creatrice, soluzione naïf nondimeno logica. In quel processo primigenio, al netto delle dottrine che in seguito ci si sono costruite sopra, essere umano e Dio erano così avviluppati da non poter distinguere chi fosse il creatore e chi la creatura, per questo nello sradicare quel Dio si sradicherà quell’uomo.
Protocolli deformanti
Col materiale che attingiamo dal mondo possiamo costruire rappresentazioni mitiche universali eternamente in corso, oppure protocollandolo con prestabilito ordine in una scatola elaborare inamovibili dottrine da propugnare.
Anche se perlopiù accade l’opposto talora il linguaggio poetico e fantastico, che regge il mito, ci permette di fluttuare in una restituzione condensata e più precisa della realtà, mentre i protocolli di obiettività e realismo possono anche ingenerare sovrastrutture che la deformano e costringono. Non a caso nel nostro tempo di algoritmi, gloriosi protocolli e dèi morti stecchiti, in così tanti si drogano nella (perversa) ricerca di una boccata d'aria.
L’uomo e il sabato
Una norma della ragione sta in piedi da sola, senza necessità d’essere codificata in precetti che vietano, obbligano, sanzionano. Se i precetti abbondano è forse perché non si ragiona e questi sono promulgati a raffica per tamponare i danni procurati dall'irragionevolezza. Motivo opposto di tanta abbondanza è forse che il precetto costituito acquista quote di autoreferenzialità virando così all'irragionevole; ci sono precetti che se non codificati si scioglierebbero come neve al sole, non avendo ragione di essere. Meno avranno ragione di essere più necessiteranno di ulteriori apparati precettistici che li giustifichino. Ad una prima occhiata empirica sembra che ragione e precetto siano grandezze inversamente proporzionali.