BLOG DI BRUNO VERGANI

Radiografie appese a un filo, condivisione di un percorso artistico

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Mercoledì, 15 Ottobre 2014 07:56

Vitti na crozza

Può anche apparire scoppiettante, ma una biografia esposta in ordine cronologico è sempre tiranna: automatismo di stratificazione con accumulo di sedimento destinata all’epilogo.

Forse meglio iniziare dalla fine frullando il tempo, cosa c’è di più bello di un vecchio con la faccia da ragazzo?

Pubblicato in Pensieri Improvvisi
Lunedì, 13 Ottobre 2014 10:25

Potenzialità & eventualità Spa

Gli dai 5 euro ti dà la ricevuta e si parte a piedi o in bicicletta. Ti fa incontrare ulivi che già vegetavano prima di Cristo in terra con tronchi di oltre 9 metri di circonferenza, carrubi nati nel medioevo, masserie, antichi frantoi ipogei, nascoste chiese rupestri. Mentre un suo giovane coetaneo conterraneo cerca lavoro nella grigia Milano e un altro è occupato a tempo pieno in personali querimonie, lui fa quello che gli piace sotto il sole di Puglia. Lì è nato, lì lavora soddisfatto1.
Domenica scorsa eravamo una settantina a seguirlo, più una decina di bambini. Appartiene alla minoranza di giovani abili nell’implementare, cammina con passo regolare, si ferma all’ombra della roverella secolare e pacato la racconta. La chiama Quercus pubescens, nel descriverne le galle emancipa l’albero dalla sua catatonica imponenza, quasi operi in un metafisico opificio di trasformazione.

Complesso l’accadere delle personali esistenze. Insidioso giudicarne i risultati. Accadere prodotto dall’interazione di personali potenzialità e libertà che incontrano eventualità, eppure non di rado ognuno è, almeno un po’, quello che si merita.

1 Qui la descrizione dell’opificio culturale dove opera. Lui è quello della foto, quello dentro l’ulivo.

Pubblicato in Frammenti Autobiografici
Sabato, 11 Ottobre 2014 09:51

La macchina del tempo: tu

Paul Valéry, Quaderni III, Adelphi. A pagina 490 il frammento autobiografico «Colpi di martello». Era il 3 agosto 1920, l’autore cinquantenne viveva a Parigi e nel percepire, in sottofondo, colpi ritmici di un martello si era ritrovato a Sète, città natia, quando aveva nove anni e a ferragosto i martelli piantavano chiodi per costruire baracche per la fiera del paese. Così Valéry esprime l’esperienza di quell’onnipervadente presente «L’urto di oggi [a Parigi] percuote il legno di 40 anni fa [a Sète ]», in quanto: «La sensazione pura e monda di aggiunte non ha età.» A questo punto l’Autore analizza il fenomeno ipotizzando la presenza di «Atomi sensoriali», mondo esterno «scomponibile in rapporto a noi in elementi qualitativamente invariabili.»

Ignoro, e tutto sommato poco mi interessa, quanto la coscienza personale sia costituita da Gestalten oppure dalla capacità di percepire atomi sensoriali, o da un mix delle due cose, quel che mi interessa è sperimentare questo universale continuo-infinito-presente. Valéry indica la strada:
«A tal fine bisogna essere distratti- Lasciarsi fare […] Ma se io lo desiderassi , sarebbe uno sforzo, e generalmente inutile. E’ bastato un ritmo [di martello] semplicissimo. Quel che io non pensavo affatto, quel che io non possedevo più, quello che era svanito, e che avrebbe potuto esserlo per sempre, è resuscitato. Redivivus. Se questo fenomeno accadesse all’essere intero, esso ringiovanirebbe. Esso avrebbe a ogni istante l’età della prima volta in cui percepì la sensazione attuale [...] avrei potuto rispondere a quei colpi di martello, soltanto con la riflessione che si trattava di colpi di martello, che essi mi disturbavano - ecc. Ho risposto in modo inesatto, globalmente, all’incirca; questo circa, questo superfiale al posto di un punto, questo campo non infinitamente piccolo, conteneva delle immagini di cui ho percepito in seguito, l’età e il luogo.»

Superflua la macchina del tempo, indispensabile una percezione fluttuante. Tutto sommato l’esperienza di un continuo-infinito-presente accade a molti, in qualche modo a tutti.
L’anno scorso, a riguardo, avevo scritto il breve racconto “Il Portoncino”, non avevo ancora letto Valéry, però a «Colpi di martello» un po’ gli assomiglia.

IL PORTONCINO
Puglia centrale, Ceglie Messapica, centro storico. Alle 15 e 45 ero pacatamente concentrato: per rinnovare il vecchio portoncino in ferro del monolocale lo smalto grigio metallico, color canna di fucile, andava tinteggiato con cura altrimenti rimaneva solcato. Alla fine del vicolo, da dietro l’angolo, un gruppo di ragazzi allestivano una festa di piazza. Ascoltavo passivo il sottofondo di cantilene, battute, urletti di ragazze e quelle voci mi avevano trasportato indietro di quarant’anni quando ragazzo frequentavo il gruppetto di amici: stessi suoni, giochi, medesimo desiderio nascosto di sessualità.
Il pennello scorreva chirurgico mentre una dimensione universale mi fagocitava, le voci di quei giovani venivano da vicino e insieme da lontano, dal passato e dal futuro: erano le stesse dei ragazzi medievali che giocavano in piazza a Siena, degli adolescenti degli anni Sessanta in una festa a Boston e le stesse che si sentiranno tra novanta anni in un ritrovo di giovani a Tokio che, inconsapevoli, obbediscono al canovaccio decretato dalla natura.
Il portoncino era diventato come nuovo e passavo a salutarli ma, concentrato su di loro, erano tornati ragazzi ordinari. Chissà com’è che per vedere l’universale devi fluttuare di sbieco omettendoti un po’.

Pubblicato in Filosofia di strada
Sabato, 04 Ottobre 2014 15:02

Il segmento

L’immagine di un segmento, del tratto di retta che parte esatto dal punto nascita terminando preciso al punto morte, è modalità di misura sovente utilizzata per definire l’esistenza individuale.

Nonostante l’imperversare di tale misurazione nel descrivere l’esistenza dell’individuo, l’approccio “a segmento” può rivelarsi non del tutto congruo, a iniziare dall’evidenza che il corpo individuale del vivente era già presente -in qualche modo- nell’essenza organica dei progenitori, precedendo il punto di nascita. Presenza della persona che potrebbe ancora persistere grazie ai suoi cromosomi nell’eventualità travalichino, per mezzo di figli e nipoti, l’individuale punto morte.

Se il modello “a segmento” appare parzialmente incongruo nel definire l’esistenza dell’individuo, risulta ancor più inadeguato nel suo asfittico circoscrivere la Persona. L’umano Soggetto si espande su ben altre dimensioni, magari a spirale, talvolta a complessa linea tratteggiata con punto di partenza e di arrivo non sempre precisabili e misurabili1. Il Soggetto può implementare pensiero capace di travalicare, più dei funzionamenti biologici, il punto morte. E’ erede e fautore di tradizioni, di relazioni, di cultura, che anticipano e proseguono i convenzionali punti di nascita e morte. L’ontologia storico-sociale è risultato di tali personali espansioni implementate da ogni Soggetto; sovrapposizioni di linee fluttuanti in dinamica relazione, più che somma di fissi segmenti.

Però il segmento può ben misurare uno stuzzicadenti ed è anche faccenda decorosa per l’ufficiale di stato civile comunale, quello che nel redigere il certificato di morte segna il tratto di retta compreso fra il punto della data di nascita e quella di morte. Per tutto il resto forse meglio diffidare.

1 Nell’emanciparsi dall’approccio a segmento geometrico possiamo incontrare posizioni estreme. James Hillman, psicologo analista junghiano, a tratti contiguo allo sciamanesimo, nel suo libro «Il suicidio e l’anima» non si preoccupava più di tanto del tragico epilogo di qualche suo paziente a rischio di suicidio, convinto che la psicoterapia avrebbe potuto proseguire post mortem. Al riguardo forse più accettabile il purgatorio cattolico interpretato come narrazione mitica.

Pubblicato in Filosofia di strada
Sabato, 04 Ottobre 2014 09:48

Strategie di sopravvivenza

L’affermazione «Niente succede per caso», tutto sommato esprime sottomissione a un qualche Regista occulto;
la variante personale «Con Tizio niente succede per caso» potrebbe notificare sottomissione a un qualche guru.  

In tale assoggettamento c’è anche la versione tradizional-confessional-popolare, un po’ continua al magico, «Non cade foglia che Dio non voglia.»

Modi di anestetizzare l’angoscia procurata da possibili agguati dell'inopinata eventualità, forse per miseria di personale potenzialità. 

Pubblicato in Filosofia di strada
Venerdì, 03 Ottobre 2014 08:35

Punti di vista

Al terzo appuntamento dallo psicoanalista d’improvviso riferisce un ricordo rimosso:

«Papà disse di aver sentito una voce che lo chiamava per nome. Lui rispose: “Eccomi!”. La voce riprese: “Prendi tuo figlio, và e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò”. Così arrivarono al luogo che la voce gli aveva indicato; qui papà costruì un altare, mi legò sopra, stese la mano e prese il coltello per immolarmi.1 Poi non mi ricordo più. A me la cosa mica mi era tanto piaciuta, però in giro dicevano che papà era una gran bella persona.»

1 Gen 22,1-10 Testo TILC (libera estrapolazione)

Pubblicato in Sacro&Profano
Domenica, 28 Settembre 2014 19:13

Se ci sei batti un colpo

La fotografia della faccia del defunto sembra attualizzarlo, invece lo pietrifica fissandolo nel passato.

Un po’ contigua a tale fissazione è il religioso immaginare vivo e morto collocati in un luogo di ordine superiore, sorta di accesso a un salotto metafisico che dispensa parvenza di contatto e conversazione.

Forse più efficaci gli strumenti di contatto neopagani come il piantare un albero in onore del defunto, così da glorificarlo attraverso un simbolo naturale, vivo e condiviso.

Ma, alla larga da occultismi, il contatto fattuale accade attraverso lo strumento scrittura se il defunto aveva scritto - comprese le varianti del detto e riferito - il suo pensiero. Il discorso di un autore vissuto più di dieci secoli fa ti si può avviluppare al corpo stimolandolo più di un partner vivo e vegeto. L’evento apre scenari imponenti per vivi e morti.

Pubblicato in Filosofia di strada
Giovedì, 25 Settembre 2014 16:49

Calcolo dell'incognita

Se una soluzione immaginaria soddisfa, il problema (bisogno) era irreale.

Pubblicato in Pensieri Improvvisi
Mercoledì, 24 Settembre 2014 17:58

Zuppa di miso

La incrocio sul marciapiede, sembra ringiovanita. Era un po’ che non vedevo la bella signora svizzera, quella che da San Gallo si era trasferita in Puglia, quella fissata col marito per la macrobiotica e la biodinamica. Coppia che si nutriva a brodaglie, quelli del carboidrato si ma la proteina no, del mangia così e mangia cosà, del respira così e respira cosà.
Ci fermiamo, mi informa col suo accento tedesco della recente malattia del marito: sarcoma sinoviale, gamba destra amputata sopra al ginocchio.

Penso: «Le malattie succedono a chicchessia, ma per onorare teorie bislacche avete passato decenni quaresimali. A che pro?».

 

Mi guarda come se mi avesse letto il pensiero, fa una pausa prolungata e sentenzia:
«Ora voglio solo godere!»
Bel programma. Anch’io.

Pubblicato in Frammenti Autobiografici
Mercoledì, 24 Settembre 2014 16:53

L’impantanato

Seduto sul cesso repentino gli si era attivato un remoto ricordo: aveva, più o meno, due anni e nell’osservare il fuoco di una stufa percepiva di esistere. Fuoco d’essere sorto spontaneo non sapeva da dove, non conosceva il perché, non sapeva come. Immenso senso di essere che, trascorsi decenni, sentiva ancora lì, immutato. Teorizzava che tale sensazione era l’unico capitale che aveva e nel contempo l'unico problema.

Intanto, indifferente a essere e divenire, la peristalsi del colon gli accadeva perfetta. Osservando da quella parte avrebbe forse trovato la porta del labirinto così da sciogliere il dilemma, ma lui pensava in grande, lui guardava oltre. Lontano, all’insù.

Pubblicato in Brevi Racconti

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