BLOG DI BRUNO VERGANI

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Giovedì, 24 Novembre 2016 09:32

Yves Congar. Il Regno di Dio

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Sappiamo che la cultura occidentale è caratterizzata, e in gran parte strutturata, da una miscela di sacro e profano, una mescola di paganesimo, illuminismo, tecnica, tradizione giudaico-cristiana, ecc. ecc. . Utile al riguardo, e per certi versi inaspettata, l’analisi del cardinale e teologo francese Yves Marie-Joseph Congar (1904 –1995), espressa nel terzo capitolo del saggio teologico ecclesiologico «Per una teologia del laicato» scritto nel 1956, edito in Italia da Morcelliana. Capitolo che provo a condensare chiedendo venia, al lettore ancora qui, per la grossolanità espositiva.

Congar, fedele al credo cattolico, analizza il piano di Dio dettato nella rivelazione, dal «facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza» all’ultimo capitolo dell’Apocalisse, dove Dio «assumendo lui stesso la carne della nostra umanità» vuole costruire il suo tempio di comunione attraverso Gesù Cristo «capo della Chiesa, ma anche di tutta la creazione»; Regno di Dio universale nel quale Congar dettaglia differenti e complessi aspetti, tra questi quello escatologico dell’ultimo giorno e quello «dinamico o progressivo» del tempo della Chiesa, tempo intermedio del già, dove «Gesù stesso è, in un certo senso, il Regno di Dio» e il non ancora della Parusia, dove Cristo alla fine del piano salvifico ritornerà sulla terra.
 
Dunque due tappe e in mezzo un tempo intermedio. A che scopo tale tempo? Iddio onnipotente senza indugiare avrebbe potuto terminare il suo piano con l’Ascensione concludendo con la Pentecoste. Congar vede in tale indugio uno scopo preciso: Dio o il Cristo o la Chiesa non sono i soli artefici di tale piano, per giungere a meta è necessario il libero agire degli uomini nella storia perché senza tale cooperazione il Regno di Dio rimarrebbe incompiuto. In tale interpretazione «La regalità di Cristo resta, di diritto, universale» mentre la Chiesa sarebbe un regno spirituale della fede distinto dal «mondo naturale degli uomini e della storia», entrambi differenti coprotagonisti della realizzazione del Regno, «Rendete a Cesare quel che è di Cesare…».
Nel piano unitario di Dio la Chiesa e il mondo sono entrambi finalisticamente ordinati al Regno di Dio, «ma per vie e titoli differenti», così «la regalità universale di Cristo non corrisponde a quella di una regalità ugualmente universale della Chiesa». Ne consegue per il cristiano che il profano sviluppo umano storico non è un processo antagonista e nemico, o nella più misericordiosa interpretazione mero accadimento subalterno da tollerare, ma in quanto forza indispensabile all’accadimento del Regno evento da valorizzare e col quale allearsi. Sacro non contrapposto al profano, quindi non «Resistenza del Mondo ma Resistenza nel Mondo». Tralasciando il possibile effluvio di concezioni hegeliane, riguardo un supremo Principio regolatore della storia avvertibile in Congar, quello che mi sembra puntuale è l’intelligente sintesi, dal punto di vista cattolico, della complessa realtà in una concezione aperta che ricapitola e unifica universalmente.  

Come non rivedere alla luce del pensiero di Congar la gagliarda quanto infelice sparata di don Giussani:
 «La gioia più grande della vita dell’uomo è quella di sentire Gesù Cristo vivo e palpitante nelle carni del proprio pensiero e del proprio cuore. Il resto è veloce illusione o sterco».
Come non considerare le superficiali sentenze di pena di morte o del buttare via le chiavi per chi ha sbagliato. Non è questione di bontà ma di convenienza. Insieme a Giussani e ai giustizieri vendicatori anche il M5S avrebbe qualcosa da imparare dal cardinale francese per emanciparsi, almeno un po’, dalla supposta autoreferenziale sacralità che li separa da tutti coloro che non sono loro. Non male la Nouvelle Théologie.

Ultima modifica il Giovedì, 24 Novembre 2016 09:58
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1 commento

  • Link al commento Pietro Spalla Giovedì, 24 Novembre 2016 10:36 inviato da Pietro Spalla

    Questa cosa della sintesi (nella fattispecie tra sacro e profano) mi è sempre piaciuta, tanto che la estenderei a Dio: Se è Dio è "Tutto" perchè la nostra cultura lo considera solo Amore? Perchè questo bisogno occidentale (in oriente non è così) di negare una parte di questo Tutto? Perchè non ammettere che Dio è anche ..terribile (come scrive ad es. Jung)? Perchè non pensare che Dio sia anche laico e profano? Che non sia solo luce ma anche Oscurità? Del resto, in un momento di sincerità Dio (che in altri momenti è anche un po' falso e furbetto) ha confessato di essere tutti questi opposti quando ha fatto l'Uomo - che è anch'egli sintesi di tutto questo - a sua immagine e somiglianza...

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