Giorni fa avevo sentito Serge Latouche riferire di amici che nel loro impegno politico avevano combattuto e resistito: tutti ricordavano quel ciclo come il più bello di tutta la loro vita. Oggi leggo Giacomo B. Contri che nelle recenti celebrazioni del 25 aprile coglie nelle testimonianze del ritorno a casa di reduci dalla Resistenza “pace insoddisfatta”: «pace del ritorno alla “pace” [che] non valeva affettivamente [per ciascuno di loro] il ricordo fresco della guerra.»
Mi ero chiesto perché mi piacessero i film drammatici possibilmente un po’ cruenti, di guerra, polizieschi o di spionaggio. Nell’osservare la nosologica insoddisfatta civilizzazione, «Cultura come rinnegato campo di battaglia» (Contri cita Freud), mia e di gruppo, tutto si chiarisce. In questo pacifismo che rimpiange lo scontro la ricerca di una pseudosoddisfazione perduta prende differenti forme: dall’imperversante dipendenza al gioco d’azzardo alla esaltazione della curva ultras.
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Attualità