BLOG DI BRUNO VERGANI

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Lunedì, 16 Aprile 2012 17:02

Gott mit uns

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Il processo penale imputando il criminale, sanzionandolo, ingrigliandolo nelle sbarre della cella e delle sistematizzazioni, tenta di rimarginare la ferita sociale procurata dal delitto. E’ iniziato il processo a Anders Behring Breivik, autore del doppio attacco terroristico di Oslo e dell’isola di Utoya, ma la giustizia dei codici penali sembra arrancare.
L’imputato entra nel tribunale di Oslo e ostenta braccio destro teso e pugno chiuso ai familiari delle vittime poi, devoto e fiero, se lo mette al cuore. Aveva scritto che quel saluto esprime «la forza, l'onore e la sfida ai tiranni marxisti».
Valutato, nell’ultima perizia, capace di intendere e volere si presenta impeccabile, pulito, ben vestito per esordire con una dichiarazione di non imputabilità: «Riconosco i fatti ma non mi riconosco colpevole». L’avvocato difensore ha annunciato che il suo assistito potrebbe esternare nel dibattimento insoddisfazione per non aver procurato un numero maggiore delle 77 vittime e 42 feriti gravi raggiunti.
Anders Behring Breivik soggetto idealista, a suo dire «salvatore del Cristianesimo», riferisce che ha compiuto la strage per dare un «messaggio forte al popolo, per fermare i danni del partito laburista» e la «decostruzione della cultura norvegese per via dell'immigrazione in massa dei musulmani».

I gangster agiscono per mettere qualcosa sotto i denti, non curanti di ideali e Teorie mirano al profitto procurando sofferenze estreme, eppure gli olocausti non li hanno fatti loro ma i bravi figli, i bravi lavoratori, i bravi patrioti, i bravi padri; bravi nazisti, bravi stalinisti. Gente idealista. Gente pulita. Gente ordinata. Gente pura. Gente che perseguiva oceanico onore nell'ineffabile ordine. Anders Behring Breivik nei suoi scritti cita il filosofo John Stuart Mill: «Una persona con una fede ha la forza di 100.000 che hanno solo interessi».

Nell’ interrogatorio al nazista Eichmann, responsabile tecnico della deportazione e genocidio sistematico di ebrei, nomadi, omosessuali, il giudice istruttore gli domandava: «Ritiene di essere stato un perfetto servitore dello stato, ligio alla legge?»
Eichmann: «Ma io sono kantiano; io obbedisco alla legge, non all’ordine,
perché il Fuhrer era il principio stesso della legge. Io sono stato educato alla scuola di Kant».

Può essere molto più pericoloso un idealista di una gang di delinquenti.

Ultima modifica il Lunedì, 16 Aprile 2012 17:12

3 commenti

  • Link al commento Augusto Cavadi Martedì, 17 Aprile 2012 08:15 inviato da Augusto Cavadi

    Molto efficace questo post, come al tuo solito, caro Bruno...!

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  • Link al commento Delia Cazeaux Mercoledì, 18 Aprile 2012 10:16 inviato da Delia Cazeaux

    Alla luce di quanto è successo in Argentina, puoi immaginare quanto condivida io il tuo post. I torturatori, i quadri militari e di polizia "intermedi, si rifacevano a la "Legge dell'ubbidienza dovuta" ai loro superiori.
    Ma in realtà non è che nei paesi in cui non si tortura (anche se ricordando la Diaz ...) o non si esalta il massacro a sfondo "ideologico" o"religioso" ci sia molta chiarezza sul tema.
    Esiste un parziale o totale discostamento tra concetti che invece dovrebbero essere sovrapponibili: legalità e giustizia. "La legge è uguale per tutti" (oltrettutto, quando mai?). Ma la giustizia e altresì inesistente per tutti: per alcuni perché puniti ingiustamente ma "nella legalità" e per chi si muove nell'illegalità quasi sempre non è punito dalla Legge. E così, giustizia non è mai fatta.

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  • Link al commento Bruno Vergani Venerdì, 14 Febbraio 2014 10:53 inviato da Bruno Vergani

    Wojtyla annota sui suoi diari riguardo Hitler:

    «Il peccato più grande, l'ideale più grande?»

    Mi sembra che l’intuizione andasse nella giusta direzione, ma impossibile per un papa accettarne le logiche conseguenze. Avrebbe dovuto includere nel "peccato più grande" l'idea stessa del divino.
    Nietzsche specifica:
    «Uno non dice il «nulla»: dice invece «al di là»; oppure «Dio»; oppure «la vera vita»; o nirvana, redenzione, beatitudine... Questa innocente retorica, del regno dell'idiosincrasia morale religiosa, appare subito assai meno innocente, appena ci si rende conto di quale inclinazione qui si celi sotto il mantello di sublimi parole: una tendenza antivitale.»

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