L'Ira di Dio
Taranto provincia, Natale. In attesa del megapranzo esco a fumare l’Extravecchio per digerire il cenone di cinquanta portate, dal gulasch ungherese al barracuda pescato da mio cognato così fresco che morsica ancora il duodeno. Tra un tiro e l’altro monìtoro discreto il dialogo di due trentenni, argomento: l’automobile più veloce della città. Uno sostiene che il primato spetta all’“Ira di Dio”, la Delta integrale del suo vicino, l’altro alla “mostruosa” Ferrari di un amico del cugino. Ad assioma delle rispettive asserzioni ostentano e comparano da YouTube le performance d'Ira di Dio e Mostro.
Per il clichè dei percorsi intellettuali classici i due sarebbero stimati esponenti di subcultura, ma ispirato dall’ultimo libro che ho letto, quello che annoverava nei modelli di spiritualità anche il rock, la gastronomia e lo sport, evito giudizi di valore e mi butto sull’antropologico interpretando la coppia esponente di diffusa sottocultura situata all’interno della universale comunità dell’edonismo tecnologico capitalistico. Non del tutto convinto voglio essere più generoso coi due e viro al simbolico: bolidi emblema del desiderio di fuggire da un quotidiano asfittico. Proseguo nel tentativo di giustificarli fino a quasi raggiungere traguardi estremi del pluralismo là dove Checco Zalone e Kant, Beppe Grillo e Shakespeare, seppur nelle differenti e specifiche espressioni, valgono tutti allo stesso grado, ma il pranzo in tavola mi chiama salvandomi dalla deriva.
Cenerentola
Osservo che nell’architettura filosofica degli ideologismi storici spinti d’intellettuali e militanti dogmatici, schematici e intransigenti nella loro fedeltà alla linea, viene affrontata la storia dell’umanità intera e considerate differenti posizioni filosofiche anche agli antipodi,
invece la Natura è estromessa e censurata, esulata dall'impianto filosofico. Probabilmente se entrasse procurerebbe severo cortocircuito nelle fondamenta.
Cronica miopia
Non sa un’acca d’urologia, gastroentorologia, logopedia e neppure di psicologia, eppure urina, digerisce e parla serena. Nell’osservare mia nipote di quattro anni l’accadimento di lei mi rivoluziona più di quello di Gesù bambino.
Ci si è giustamente attardati nello studiare il patologico per porvi rimedio riducendo così il fisiologico (naturale) a simmetrico, scontato, funzionamento; scientistico sistematico ottundimento al portentoso accadimento della normalità.
Trascorrono dieci minuti e quel vedere diventa baluginio che si estingue rapido, la prossima visione forse all’Epifania
Asservimento 2.0
Tra i cambiamenti dell’ultimo passaggio di secolo emancipazione dai precetti ideologici e da quelli della Chiesa con, invece di libero fluttuare, simmetrico asservimento a quelli dell’informatica:
da
1 «Partecipare alla Messa la domenica e le altre feste comandate.»
2 «Confessare i propri peccati almeno una volta all'anno.»
3 «Ricevere il sacramento dell'Eucaristia almeno a Pasqua.»
a
1 «alias newname ='stringa' »
2 « bg %job-number»
3 «chsh [-s newshell] username»
e pensare che i tre esempi informatici sono di “software libero”. Li definiscono Comandi/Sintassi ma è precettistica pura, giaculatorie onorate da fiumane di pii e poi c’è tutta la faccenda delle passwords. Ma è umano questo sistematico muoversi militarmente attraverso "contrassegno", "parola chiave", "chiave", "parola d'ordine", "parola di accesso"?
Loop
Sogno ricorrente dopo abbuffata serale è quello di nosocomi immensi o alberghi, talvolta superstrade, dove più cerco l’uscita e più non la trovo. Al risveglio ho considerato l’onirico loop, cerchio-circonferenza-ciclo che non raggiunge meta, contiguo ad un Avvento liturgico perpetuo, eterna attesa di Messia che spezzi ‘sto prillare. Finalmente il Messia arriva ed è la morte.
Il cristianesimo è altra cosa, eppure la conclusione appare dignitosa, roba da Nobel [1] e strutturante gran parte della spiritualità orientale.
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[1] Isaac Bashevis Singer, “La famiglia Moskat”: «Il Messia arriverà presto». Asa Hashel lo guarda sbalordìto: «Che cosa vuoi dire?». «La morte è il Messia. Questa è la verità».
Il Tributo
Ho meglio da fare che litaniare le centinaia d’assurdità e correlate risorse che consumo nell’ottemperare le normative del laboratorio artigianale d’erboristeria che conduco, dico solo quella di ieri quando, tornato dalla Agenzia delle Dogane per vidimare i registri alcolici - 50 km all’andata, 50 al ritorno per 3 volte -, telefono all’INPS per chiarimenti sulla pensione della quale dopo più di 43 anni di versamenti ho diritto, ma reietta per una ricongiunzione di contributi a 7 anni dalla domanda persi in un inaccessibile limbo. L’operatrice mi comunica che per la ricongiunzione hanno casi d’attesa di 20 anni e per considerare il ricorso sarà necessario attendere perlomeno un anno. Considero due pesi due misure visto che se tardi un giorno a versare i contributi ti fanno il culo quadro, ma lascio perdere e continuo ad imprendere.
Legalità? Per chi, quale, come, perché, definita e controllata da chi? Senza fattispecie la legalità è concetto da conferenziere specializzato in enti astratti; non condivido ma ben comprendo l’italica concezione che individua nell’apparato burocratico-normativo un nemico: legittima difesa.
Dio (e) cane
Nel passare in rassegna le copiose proposizioni su Dio enunciate nel medioevo mi è venuto un parallelismo tra antichi teologi e odierni zoologi che dicono la natura del Fox Terrier a pelo liscio: cane vispo, giocherellone, intelligente e curioso.
Se Dio esiste merita solidarietà e sostegno: mica è piacevole che ti puntino gli occhi addosso per sentenziare come funzioni e - pur non avendoti visto - sparino assiomi contorti sulla tua struttura.
Meglio Gesù di Nazareth quando diceva “Padre”, probabilmente vedeva meglio Dio, sicuramente vedeva bene gli uomini.
Peto d’arcangelo
Essere destinatario d’ortodossa canonica invocazione stereotipata, profusa con forza, ripetitivamente e ad oltranza [1], lo avvertirei intollerabile, però forse Iddio regge anche se non posso escludere preferirebbe, in quanto Creatore, l'estro del mio compagno delle elementari, quello che negli anni ‘60 alla messa cantata, mimetizzato nel coro di cinquecento bambini, gorgheggiava a squarciagola strofe assonanti alla melodia fissata ma con testo osceno che inventava lì per lì.
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[1] Come questa dei miei vicini di contrada del Centro Bhole Baba - Fondazione Bhole Baba, pubblicata su Facebook il 29 novembre:
«OM NAMAHA SHIVAYA o OM NAMAH SHIVAY
Dai nostri fratelli tedeschi ci è giunta una puntualizzazione sulla corretta translitterazione e pronuncia del Mantra per eccellenza di Babaji. Abbiamo chiesto ad un esperto che ha commentato nel modo seguente
Se andiamo a translitterare dal sanscrito nel carattere gotico romano, che è quello che noi leggiamo solitamente, verrà fuori "Om Namah Shivaya",
inoltre la desinenza "ya" finale delinea il riferimento alla divinità maschile come la "yai" fa riferimento a quella femminile.
Nel nord dell'India, nel kumaon, cioe la zona di Herakhan, son soliti dire anche "om namah shivayo".
Può anche essere utile ricordare, per una questione di compatibilità..., che nelle havan in stile herakhandi prima delle ultime cinque offerte al fuoco recitiamo per undici volte "om namah shivayai" (energia femminile di shiva), "om namah Shivaya" (energia maschile di Shiva).
Ringraziamo quanti ci invitano a esprimerci nel modo corretto e aggiungiamo che certamente è buona cosa non sbagliare, e che è cosa anche migliore far vibrare il mahamantra e qualsiasi altro mantra con la forza e l'intensità dell'AMORE che è dentro ognuno di noi
OM»
Discernimento
DNA che decreta il destino dell’individuo per suprema causalità come sentenzia il Corano «Da una goccia di sperma. Lo ha creato e ha stabilito. (Sura LXXX) », oppure fissa il suo destino per genomica casualità.
In ogni caso complessa mistura, tutta da discernere, di prepotente costrizione dalla quale emanciparsi e seme vocazionale da adempiere.
Liberté?
Ieri sera dialogando con un amico di Charlie Hebdo e correlati acritici “je suis” di massa, consideravo che la libertà di espressione a matrice illuministica è per contenuti (sacralità) e prassi (fondamentalismo da universalizzare) una vera e propria confessione religiosa, nella sua imperatività non delle migliori.
Avevo provato a giudicarla, passo solo iniziale, qui.