BLOG DI BRUNO VERGANI

Radiografie appese a un filo, condivisione di un percorso artistico

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Bruno Vergani

Bruno Vergani

Radiografie appese a un filo. Condivisione di un percorso artistico, davanti al baratro con angoscia parzialmente controllata.

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Mercoledì, 17 Agosto 2016 08:37

Moto perpetuo

Non di rado, anarchico alla legge di equilibrio termico della termodinamica, il pensiero fluttuante nell’interazione tra persone, invece di intirizzire il valore del soggetto più ardente riscaldando unidirezionale il gelo di quello più misero, scalda tutti.

Martedì, 16 Agosto 2016 09:47

Metafisica di strada

Avrei voluto chiederlo in giro, ma per non passare più strano del necessario ho circoscritto ad amici e familiari: «Cosa tratta la metafisica?»

Numerosi non lo sapevano, qualcuno ha risposto Dio, altri l’aldilà, manco uno che abbia tirato in ballo il tangibile quotidiano al di qua, del quale la metafisica indaga l’universale fondamento (cause prime).

A ripensarci solo qualche anno fa avrei risposto come loro, anzi peggio. A parziale attenuante dell’uscita di strada l’etimologia di quel “meta” inteso come oltre invece che dentro.

Lunedì, 15 Agosto 2016 11:22

La carbonara

Nulla ho fatto, non so come, ignoro il perché, eppure il cosmo c’è e anche questo apparato psicosomatico sorto spontaneo che nel sonno profondo digerisce autonomo la carbonara mentre il cuore pulsa puntuale e il pancreas secerne succhi in giusta misura e formulazione, da questo accadimento esce inesauribile pensiero da un ignoto propulsore.

Viste in presa diretta come vanno le cose il non sapere, se indagato con rigore, appare più rassicurante che preoccupante, autorizza e rassicura invece che precludere.

Sabato, 13 Agosto 2016 16:55

Sano artefatto

Se il valore estetico dell’immagine filmica poggiasse tutto sul dogma della potenza e completezza della realtà in sé nel suo naturale circostanziato fluire, la Palma d’oro se la contenderebbero le webcam meteo e di videosorveglianza.

Venerdì, 12 Agosto 2016 11:31

Hoover

Anni fa una infermiera inglese del pronto soccorso, da poco conosciuta, mi notiziava di un pachistano ricoverato con severo danno al limite dell’evirazione, a seguito di appartate pratiche con aspirapolvere industriale a surrogato di poderose fauci.
“A surrogato di poderose fauci” non me l’aveva riferito limitandosi a sottintenderlo. Classe anglosassone!

La mia attenzione si era focalizzata sul paziente immaginando l’“infortunio”. Errore! Tutta da indagare era l’infermiera.

Mercoledì, 10 Agosto 2016 12:36

Le panche

Nel presidio ospedaliero delle Molinette il dolore te lo sedano i medici, invece per lenire la sofferenza la struttura offre la cappella cattolica e la ”Stanza del silenzio”, spazio interreligioso per “ritrovarsi col proprio spirito” così contrassegnato:

Senza badare alla miseria estetica dell’immagine evocante quella appiccicata sui cessi - qua le femmine, là i maschi, gli asessuati la facciano in ginocchio - entro nella disadorna stanza e provo a zittire la mente ma un pensiero irrompe: « Forse meglio raggiungere la cappella del Dio nostrano, là almeno avrò qualcuno da bestemmiare, che soddisfazione c’è nello sparare su una parete bianca un “porco Nulla”? »

Spedito la raggiungo, centinaia di madonne, cristi e santi tutti là per soddisfarmi. Indifferente al trionfo di culetti dei putti sfido un cristone sull’altare che risorge dal sepolcro, un quadro del ‘700 di fattura modesta però bello grande. Braccia muscolose, faccia gagliarda, in mezzo alle gambe coperto da un velo qualcosa di mastodontico, ma la sua potenza non viene da lì bensì dalle panche dove numerosi lo hanno implorato di tenere in vita la sorella schiacciata dal tram o il figlio colpito da leucemia impregnandolo così della loro fede e ingravidandolo di potenza. Che sarebbe Iddio senza l’uomo?

Martedì, 02 Agosto 2016 11:57

La salma

Di fronte ad una salma esposta ci vuole un po' di fede e fantasia per ipotizzare che quel quid senziente e pensante, prima là dentro e adesso non più, sia migrato in qualche modo sotto una qualche forma da una qualche parte, ma è forse necessaria più fede e fantasia per interpretarlo sparito definitivamente come mai esistito.

Lunedì, 01 Agosto 2016 08:31

Riflessioni sul senso della vita

Ivo Nardi chiede a freddo del dolore e della felicità, della morte e dell’amore, della sofferenza, del percorso esistenziale, dell’individualismo e dell’Altro, del riconoscimento del bene e del male, dell’angoscia per l’ignoto, del senso della vita.

Nelle mille (letteralmente) risposte di cento uomini di pensiero e cultura nasce il volume Riflessioni sul senso della vita (Edizioni TLON, 2016 – pagine 296). Rispondono credenti di differenti religioni e spiritualità, atei e agnostici, artisti, filosofi, psicologi, scienziati, docenti e scrittori, tra questi Dacia Maraini, Umberto Galimberti, Moni Ovadia, Massimo Cacciari, Corrado Augias, il cardinale Ersilio Tonini, Giorgio Faletti, Piergiorgio Odifreddi, Luis Sepúlveda, Margherita Hack, Gabriele La Porta, Erri De Luca.

Siccome, qui e ovunque, ogni domanda contiene se non una risposta perlomeno una direzione, lo svolgersi del libro appare caratterizzato da un approccio esistenzialista, lontano da razionalismi e idealismi. Risposte che Nardi ha raccolto intervistando gli interessati dal 2009 al 2014, interventi talvolta sinergici e complementari tra loro, talora in antagonismo, con taglio autobiografico o accademico, risposte fluttuanti o precettistiche, poetiche o tecniche, folgoranti o di sottile umorismo. Eterogeneità di metodo, merito, stile, che potrebbero procurare nel lettore, se passivo, l’impressione di un paciugo. Il punto è che il libro invita il lettore ad autorizzarsi regista e coautore rispondendo in presa diretta alle domande, stimolato dalle risposte dei compagni di viaggio. Con qualche coautore si sentirà da subito amico di pensiero e percorso, con qualcun altro meno, condizione quest’ultima che potrà rivelarsi inaspettatamente proficua: non di rado serve di più riflettere su una visione radicalmente altra che la conferma di una concezione acquisita, sia nell’avvicinarla rivedendo le proprie posizione che nel prenderne legittima e motivata distanza.

Giovedì, 28 Luglio 2016 11:04

Cannabis e dintorni

Coloro che mi conoscono personalmente, o mi leggono da tempo, sanno che - seppur un po’ strano - conduco un’esistenza ottemperando ogni normativa; vita tanto regolare e ordinata che se venissi condannato ai domiciliari col permesso di recarmi al lavoro nel laboratorio erboristico contiguo all’abitazione, manco mi accorgerei della restrizione.
Ancora tabagista da più di un decennio non inalo e neppure ingurgito sostanze psicotrope, sperimentazione empirica che tempo fa avevo praticato, senza dipendenza, per ricerca personale: che erborista sarebbe uno che, previa valutazione della specifica tossicità, precludesse per mero pregiudizio ideologico la sperimentazione in vivo e personale di alcune specie? Dopotutto posizione più ragionevole dei convivi dove i partecipanti iniziano a parlarsi disinibiti solo dopo aver oltrepassato il tasso alcolemico legale senza che alcun carabiniere accorra per sanzionarli.
Talvolta, estemporaneamente, avevo sconfinato nei prodotti artefatti e finanche sintetici, in ogni caso l’eroina per le note problematiche l’avevo bandita dalla sperimentazione; cocaina ed extasi, quest’ultima della prima generazione, le avevo provate per la prima ed ultima volta durante viaggi con giudizio pessimo: la prima denominandola “droga dei pirla” per il suo disordinato espandere ipertroficamente l’io, la seconda da evitare per la plastica esperienza che ti brucia un qualche miliardo di neuroni al minuto senza contraccambiare con qualcosa di serio; LSD il cervello te lo brucia uguale ma, perlomeno, ti fa comprendere come funzioni nell’universo: quello che accade, qualsiasi cosa accada, sei tu: un po’ poco a fronte della correlata mutilazione sinaptica.
Abbandonate tali sostanze dalla sperimentazione avevo contemplato le seguenti specie naturali, produzione artigianale by Padreterno - sperimentazione che sconsiglio al lettore e a chicchessia in quanto l’azione psicotropa o allucinogena di per sé non necessaria al vivere, per alcune piante può rasentare l’azione tossica, anche severa:
Marijuana, hashish; Salvia divinorum; "Convolvolo hawai" (Argyreia nervosa); Datura varie specie; Psilocybe; Amanita muscaria; “Peyote” Lophophora williamsii; Ayahuasca.

Oggi concludo che le droghe “leggere” esistono, le droghe “pesanti” pure: se non sai quello che fai con la Datura puoi soffocare col diaframma paralizzato, con la Marijuana no, anche se abusandone può accadere di peggio quando intronato procuri uno scontro frontale sulla provinciale. In linea di massima, le sostanze metteranno in rilievo quello che già sei con abbondanza di puntini di sospensione alternati a sottolineature e punto esclamativi, elementi che imbruttiscono la scrittura e forse anche il personale esistere.
Ritengo, invece, che per uso terapeutico ogni sostanza dovrebbe essere benvenuta, ricordando che ognuna procura risposta farmacologica variabile nell'interagire con le individuali sensibilità e strutture psichiche, dunque necessaria la conoscenza farmacognostica delle sostanze utilizzate e dei meccanismi d’azione correlati alle differenti preparazioni e posologie evitando il fai da te.

Fuori dal terapeutico che si scelga in libertà senza proibizioni: ci sono tanti modi per morire e per vivere, autorizzandosi da sé vengono tutti meglio.

Mercoledì, 27 Luglio 2016 09:42

Recidiva

Intelligente, erudita e con un paio di zie suore, se ben ricordo una di clausura, ma anche quest’anno è ricaduta, proprio come quella volta che credeva i vangeli scritti in presa diretta, come fanno gli inviati del telegiornale, invece che storia scritta tempo dopo gli avvenimenti narrati.
Ieri dopo aver partecipato alla messa di suffragio, trigesimo della vicina di casa, mi ha riferito di un orologio pacchiano e degli avambracci pubescenti del sacerdote durante l’elevazione. Avevo commentato: «Avambracci pelosi di Cristo stesso», ma lei era rimasta perplessa dell’annotazione ontologica, mica ci credeva che se ti intrattieni col prete peloso a bere un caffè hai a che fare con un uomo, ma quando officia i sacramenti è Cristo stesso.

Urge un ripasso del catechismo cattolico così da non equivocare il sacerdote cattolico col pastore protestante permanendo nel peccato. Estrapoliamo:

CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA, ARTICOLO 6
IL SACRAMENTO DELL'ORDINE
In persona di Cristo Capo
1548 Nel servizio ecclesiale del ministero ordinato è Cristo stesso che è presente alla sua Chiesa in quanto Capo del suo corpo, Pastore del suo gregge, Sommo Sacerdote del sacrificio redentore, Maestro di verità. È ciò che la Chiesa esprime dicendo che il sacerdote, in virtù del sacramento dell'Ordine, agisce « in persona Christi Capitis » – in persona di Cristo Capo.
« È il medesimo Sacerdote, Cristo Gesù, di cui realmente il ministro fa le veci. Costui se, in forza della consacrazione sacerdotale che ha ricevuto, è in verità assimilato al Sommo Sacerdote, gode della potestà di agire con la potenza dello stesso Cristo che rappresenta ("virtute ac persona ipsius Christi") ».
  « Cristo è la fonte di ogni sacerdozio: infatti il sacerdote della Legge [antica] era figura di lui, mentre il sacerdote della nuova Legge agisce in persona di lui ».
1549 Attraverso il ministero ordinato, specialmente dei Vescovi e dei sacerdoti, la presenza di Cristo quale Capo della Chiesa è resa visibile in mezzo alla comunità dei credenti. Secondo la bella espressione di sant'Ignazio di Antiochia, il Vescovo è, come l'immagine vivente di Dio Padre.
1550 Questa presenza di Cristo nel ministro non deve essere intesa come se costui fosse premunito contro ogni debolezza umana, lo spirito di dominio, gli errori, persino il peccato. La forza dello Spirito Santo non garantisce nello stesso modo tutti gli atti dei ministri. Mentre nell'amministrazione dei sacramenti viene data questa garanzia, così che neppure il peccato del ministro può impedire il frutto della grazia, esistono molti altri atti in cui l'impronta umana del ministro lascia tracce che non sono sempre segno della fedeltà al Vangelo e che di conseguenza possono nuocere alla fecondità apostolica della Chiesa.
1551 Il sacramento dell'Ordine comunica « una potestà sacra », che è precisamente quella di Cristo.
1584 Poiché in definitiva è Cristo che agisce e opera la salvezza mediante il ministro ordinato, l'indegnità di costui non impedisce a Cristo di agire. Sant'Agostino lo dice con forza:
« Un ministro superbo va messo assieme al diavolo; ma non per questo viene contaminato il dono di Cristo, che attraverso di lui continua a fluire nella sua purezza e per mezzo di lui arriva limpido a fecondare la terra. [...] La virtù spirituale del sacramento è infatti come la luce: giunge pura a coloro che devono essere illuminati e, anche se deve passare attraverso esseri immondi, non viene contaminata ».

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