BLOG DI BRUNO VERGANI

Radiografie appese a un filo, condivisione di un percorso artistico

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Mercoledì, 02 Luglio 2025 16:34

Cristo, Don Chisciotte, profeti e bombi

Cristo, Don Chisciotte, i profeti: figure di una stessa ferita. Quando la potenza biologica di vivere si intreccia radicalmente al desiderio di trasformare il mondo, nasce l’umanesimo militante, messianico, tragico. La tragicità sta nello scarto tra ciò che l’uomo sogna e ciò che il mondo è: la speranza inchiodata alla storia concreta[1].

L’impegno personale perché il mondo sia un po’ migliore resta un valore fondante, imprescindibile: è ciò che rende umano il nostro passaggio. Ma l’iperempatia può farsi trappola: burnout esistenziale estremo, senso di responsabilità assoluto, super-identificazione con la missione salvifica.
Il Sé si annulla pur di restare fedele a un dovere impossibile. È un narcisismo senza autocelebrazione: culto di un’immagine di purezza, di redenzione. «Se non salvo il mondo, io non sono».
Una grandiosità che non si esalta, ma si sacrifica. Nessuno spazio per l’imperfezione.

Oggi, guardando i bombi sui fiori di lavanda [sotto un breve video], ho visto che la natura — il mondo in cui gli uomini accadono — è reale, mentre il mondo degli uomini è un artificio.
I bombi non conoscono missioni né martiri. Vivono in un tempo senza scopo, senza colpa, senza debiti di salvezza. Un filare di salvie non chiede di essere salvato né giudicato. È.

Accettando la colpa di non essere necessari possiamo salvarci.
L’impegno rimane: trasformare un poco il mondo, restare fedeli a ciò che conta davvero.
Il resto respira da sé.

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1 In termini spinoziani tale scostamento genera  tristitia, che a me viene ogni volta che penso a Gaza. Spinoza invita a elaborarla, comprenderla, contenerla,  perché se estrema può sopraffare la potenza di esistere (conatus). Nell’Ethica Spinoza definisce le passioni come modificazioni della potentia agendi, cioè della capacità di agire. La tristitia è, per definizione, una passione di diminuzione. È un affetto di contrazione, di restringimento: ci chiude, ci separa da ciò che ci rafforza, ci rende meno capaci di perseverare nell’essere. Non serve a nessuno, se non a distruggere ulteriormente. La storia rendiconta depressioni estreme e anche suicidi di idealisti e di militanti del bene sconfitti. Nel contesto possiamo dire che la tristitia è la crepa tragica di chi porta su di sé il peso di un dovere storico troppo grande. Il profeta martire vive nella tristezza perché scambia la diminuzione di sé per prova di purezza. Spinoza suggerisce invece di radicare l’impegno nel gaudium — la gioia di potenziare sé stessi e gli altri senza immolarsi. Non rinunciare all’impegno, ma non lasciarlo diventare una passione triste.

 

Pubblicato in Pensieri Improvvisi

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