Siamo abituati all’ente, dalla pietra sul bordo della strada alla faccia del panettiere, dalla montagna bergamasca alla spiaggia barese, dalla nuvola temporalesca al neonato dei vicini di casa. Raro uno stato di straniamento che spiazzante la quiete prodotta dalla memoria pre-giudicante e organizzante la realtà ci consenta di scorgere, in diretta, la potenza di enti e accadim-enti.
Probabilmente senza questa narcosi procurata dalla memoria che con pregiudizio interpreta e inventaria gli enti, spaesati non potremmo funzionare, nondimeno di fronte ad ogni ente ci sarebbe da chiedersi sorpresi: «Perché c’è invece di non esserci?» Non escludo che chiederselo piuttosto che darlo per scontato sia sempre e solo sano, eppure tutta la storia della filosofia è iniziata e continua da quella domanda.