BLOG DI BRUNO VERGANI

Radiografie appese a un filo, condivisione di un percorso artistico

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Venerdì, 28 Ottobre 2011 09:28

Diobo'

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Tutti in chiesa per il funerale. Dentro il carrozzone religioso istituzionale ognuno per quello che è in intima e collettiva armonia, indifferenti ai ruoli sociali, emancipati da personali opinioni, reciprocamente noncuranti del sapere e del reddito personale. Rito collettivo autentico dove i partecipanti sperimentano fisicamente di appartenere a un popolo, all’umanità tutta e forse a qualcosa di più grande ancora.

La fragranza d’incenso si mischia all’odore ricinato degli scarichi delle moto da corsa messe lì davanti all’altare, liturgie di caschi e stole, pneumatici racing e turibuli.
Diaconi con ceri accesi insieme a piloti ragazzi così abili da fondersi con la moto, apparati psicomeccanici capace di sfidare il destino. Velocità: mix di morte e resurrezione, i suoi sacerdoti nell’affrontare le curve invece di frenare accelerano e piuttosto di seguire la traiettoria della curva controsterzano dalla parte opposta. Nel fare il contrario di quello che la logica suggerisce accade un derapare controllato che regala salvezza.

Veicoli a due ruote, che senza alcun motivo e con molto rumore girano con la manetta del gas al massimo dentro un cerchio, nel rito cristiano si trasformano in palloni aerostatici che conducono alle alte sfere, traghetti che trasportano da quaggiù a lassù e quel là misterioso dicono che sia il posto vero, quello giusto, quello bello. Riferiscono che lassù ci sono gli angeli e gli lanciano palloncini mentre la voce di Vasco Rossi copre sciatte canzoncine da oratorio. Diobo’! Ma è un sogno? No è l’Italia e milioni di italiani  hanno assistito ai funerali in diretta trasmessi su due reti nazionali.

Primo Levi già spiegava: “Una singola Anne Frank detta più commozione delle miriadi che soffrirono come lei, la cui immagine è rimasta nell’ombra. Forse è necessario che sia così; se dovessimo e potessimo soffrire le sofferenze di tutti, non potremmo vivere.”

Claudio Costa un esponente del circo motociclistico GP alla fine della celebrazione ha detto ai presenti in piazza:

"Marco oggi ha fatto un miracolo, tornare a casa con tutti voi che lo avrete sempre nel cuore…

E’ proprio vero chi (ed io con loro) ha sofferto per la morte di una persona cara nel tempo ha sentito che era un po’ presente dentro di lui, percezione intima inequivocabile. Difficile farne esperienza se si mette in piazza, si spettacolarizza, se si eccede nell’ostentare, nel beatificare, se si entra nel tritacarne del luna park mediatico dove tutto inevitabilmente si conforma, banalizza. Così hanno desiderato i genitori o così hanno voluto i direttori televisivi?
E quando il palco della messa in scena è la chiesa cattolica, quella che nega i funerali a Piergiorgio Welby e fa funzioni solenni per Pinochet lo spettacolo assume connotazioni amare.



Ultima modifica il Sabato, 29 Ottobre 2011 21:14

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