BLOG DI BRUNO VERGANI

Radiografie appese a un filo, condivisione di un percorso artistico

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Domenica, 20 Settembre 2009 22:58

Testamento di un artista

Scritto da  Bruno Vergani

 

TESTAMENTO DI UN ARTISTAE’ tempo di riconoscere la realtà delle cose così come sono; mondo, società, famiglia, lavoro e corpo fisico nell’infinita pace presente in questo momento.Se ritorno ai primi pensieri di quando ero infante ricordo che ero in pace e non desideravo cambiare perché non avevo obiettivi da raggiungere, ma crescendo mi hanno insegnato che dovevo essere diverso da ciò che ero, al fine di raggiungere un ipotetico meglio. L’idea di una realtà trascendente o comunque superiore, oppure semplicemente diversa per sé e per tutti, è un’innaturale invenzione dell’uomo, un condizionamento sociale. Il virus del duale, cioè del giudicare, confrontare e paragonare, mi aveva infettato pertanto, già da adolescente mi chiedevo: “si cresce, si studia, poi si lavora e ci si sposa e poi si muore. Possibile che sia tutto qui?” La questione che mi ponevo non nasceva spontanea, ma suggerita da palesi e subliminali condizionamenti che hanno trovato virulento sviluppo grazie al favorevole substrato di coltura geneticamente ereditato. Biologicamente e socialmente condizionato ho allora tentato di emanciparmi da questo “tutto qui?” creandomi solo guai, smarrendo un rapporto di armonia con me stesso e le cose che mi circondavano. Quanto è invece ricco e completo quel “tutto qui” che comprende il semplice senso di essere che genera la realtà oggettiva e come si sono rivelate goffe, artificiose ed inutilmente dolorose le tensioni ideali per sfuggirlo. Ora accetto l’evidenza che non c'è niente, proprio niente, che possa fare per sperimentare una realtà diversa, superiore o trascendente, eccetto la realtà inconfutabile che esisto e della biografia come si è imposta. Le cose come si sono imposte sono che per campare ho la necessità lavorare. L’unica iniziativa ed impegno sono quindi riservati al livello primario e pratico dell’esistere, constatato che nel caso non si abbia nessun aiuto esterno, si dovrà prendere iniziativa, come faccio ogni giorno per tutto il giorno, lavorando per sostentarmi, ma per il significato dell’esistere e quindi artistico reputo inutile e dannoso attivarmi.Osserviamo le comunità ancestrali o tribali oppure i miserabili del mondo, si impegnano per mangiare e scaldarsi e questo gli basta. Possono anche vivere tensioni ideali o religiose, magiche o superstiziose, ma sempre funzionali al soddisfacimento dei bisogni primari: la richiesta di un buon raccolto, di acqua e di fertilità. La patologica ricerca di senso e significato è invece bizzarra peculiarità di chi ha la pancia piena e si annoia, oppure è angosciato dai sensi di colpa o di vendetta.Esiste atteggiamento più intimamente sano e socialmente sovversivo di far cessare il desiderio di voler essere diversi da ciò che siamo? Esiste forse di meglio dell’abbandonare il traguardo che ci siamo preposti, la meta che abbiamo irragionevolmente accettato di raggiungere e che abbiamo accettato come desiderabile? Non è nichilismo ma una minaccia esistenziale per chi cerca quella cosa ridicola ed inesistente chiamata realizzazione. Paradossalmente manchiamo l'obiettivo della “realtà ultima” -chiamiamola così anche se in questi termini non esiste- proprio a causa della volontà di comprenderla e raggiungerla. La tensione ideale, in verità, è lo stratagemma che usiamo per sfuggirla e per rendere permanente il nostro io. Patetico gioco di auto- perpetuazione.Alla fine le tecniche, i sistemi e i metodi che stiamo usando per raggiungere l’obiettivo di emancipazione personale o di assenza di ego, o di laica realizzazione idealistica, sono tutti prettamente egoistici, compreso questo scritto, che nell’esprimersi tradisce quanto afferma.Tutti i valori che noi accettiamo e coltiviamo, sono inventati dalla mente umana per auto-mantenersi, auto-perpetuarsi. Il fatto di avere un obbiettivo è ciò che ci rende possibile continuare, ma in questa tensione non otterremo proprio nulla.Quanto ho artisticamente realizzato o l’ipotetico prossimo evento non serviranno a nulla nella fase di gestazione e realizzazione, se non un accumulo di tensione ed il conseguente rapido e circoscritto stato euforico sperimentabile dopo la rappresentazione, dovuto fondamentalmente al cessare improvviso della tensione accumulata, e mi sarà sicuramente dannoso nella fase di post-produzione. Post-produzione che brutto termine, ma la chiamano così , come nei prodotti industriali realizzati in serie in catena di montaggio.La speranza che un giorno, casualmente od impegnandoci oppure attraverso l'aiuto di qualcuno, potremo raggiungere la meta è ciò che ci tiene in movimento, ma di fatto non otterremo nulla.Ho realizzato in qualche modo, durante questo percorso, che qualsiasi cosa stia facendo non mi conduce da nessuna parte. Dannoso provare altri sistemi, una ricerca inutile e senza risposta geneticamente indotta e ereditata da migliaia di anni di sforzi e di volontà ad un solo scopo: puro intrattenimento per dare un senso alla esistenza che invece non ce l’ha, essendo essa stessa il significato. Non abbiamo via di uscita perché anche la volontà di abbandonare lo sforzo è ancora sforzo. Uno stato senza sforzo è la totale assenza di volontà e di sforzo, di ogni tipo e sempre, è qualche cosa che evidentemente non può essere raggiunto attraverso un atto volitivo.Ne consegue che ciò che ho realizzato artisticamente ha un solo significato: l’aver compreso che il lavoro svolto è assolutamente privo di senso. Posso cambiare le tecniche, posso cambiare i maestri, ma di fatto gli insegnamenti che uso e l’impegno che alimento per raggiungere la meta sono essi stessi l'ostacolo per raggiungerla.La vera comprensione è l'assenza della richiesta di comprendere. Nel presente non c'è necessità di comprensione. La comprensione è sempre proiettata nel futuro. Nell'istante attuale non ho necessità di comprendere.Accetto di essere una persona normale, ordinaria.Alla fine, nell’esistenza e nell’arte l'unica possibilità che abbiamo di enunciare un pensiero che sia davvero nostro è, per forza di cose, solo apparente, perché lo possiamo ottenere unicamente attraverso la manipolazione dei pensieri che esistono già. Esattamente come quando, mescolando colori differenti, creiamo migliaia di altri colori, ma in pratica quelle migliaia di colori possono essere riportati ai sette colori principali presenti in natura. Poi queste rielaborazioni le chiamiamo idee, genio, sensibilità o intuizione. Tutta l’arte è assemblaggio di fotocopie.Coraggio. Occorre solo il coraggio della sempicità per essere qui ed ora, inevitabilmente e realmente soli, nella verità delle cose così come sono, senza i compromessi che inducono la necessità, pur nella consapevolezza del non senso, di fare, di fare e di fare ancora. Questo Vuoto mi sarà di conforto e non mi potrà incenerire se lo guardo in faccia. bruno vergani

Ultima modifica il Venerdì, 28 Ottobre 2011 23:37

2 commenti

  • Link al commento  arianna Domenica, 14 Febbraio 2010 21:33 inviato da arianna

    Salve, volevo chiederle alcuni chiarimenti e proporle altre visini sulla tematica del trascendente e del dualismo da lei trattate nello scritto "testamento di un'artista".Per quanto mi riguarda mi riesce veramente difficile concepire la dualita' come artificiosa.Tutti nasciamo due. La dualita' e' presupposto primo dell'esistenza.La dualita' permette uno scarto, l'esistenza dell'altro , dell'io.Lo scarto permette il movimento, il mutare ,il perire. Per quanto concerne un giudizio qualitativo di tale stato non saprei come esprimermi considerando la mutevolezza biologica, che per il momento non mi spingono ad creare o ad entrare in una morale.La dualita' mi pare dunque naturale, mentre per quanto concerne il trascendente ho piu' difficolta' a trovere un supporto biologico mi appellero' quindi ad una semplice constatazione.Da quando l'uomo ha avuto la pancia piena e' nata la filosofia (Aristotele "per fare filosofia occorre tempo libero ed energia").Questa partendo da un piano materiale si e' spostata o e' andata a costituire il piano trascendente. Dell'esistenza di tale piano troviamo mille esempi matematici, musicali ed artistici in genere , metafisici e cosi' via.Tale facolta' ( di creare prescindendo del contingente, dal naturale) non saprei ben dire come o quando nasca. Voltaire teorizza negli scritti metafisici che la nozione dell'infinito parta proprio dal contingente. Un uomo posto di fronte ad un mucchi di sassi potra' facilmente immaginare una sequenza di sassi infiniti.A parte le varie ipotesi l'uomo pare proprio avere una facolta' proiettiva nel futuro che gli da conoscenza della sua finitudine.Cio' a mio parere assieme a tutte le altre capacita' dell'uomo puo' aprire a nuovi e ricercati mutamenti. Diciamo dunque che se non posto in un livello privilegiato il trascendente costituisce una possibilita' di ampliamento tipica dell'uomo. Arianna V.

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  • Link al commento  bruno vergani moderatore Lunedì, 15 Febbraio 2010 11:27 inviato da bruno vergani moderatore

    Rispondo ad Arianna. Ho sempre considerato la dualità come condizione limitante, probabilmente influenzato da un certo monismo esotico con il quale mi sono intrattenuto per anni. Utile quanto scrive in quanto permette di vivere la ineluttabile condizione duale come opportunità che apre all'alterità e al rispetto; incontra, accoglie ed espande.Riguardo la trascendenza il problema è cruciale per le immediate ripercussioni che tale ricerca e tensione porta nell'immanente. Se escludiamo un creatore dobbiamo chiederci: Come è possibile il paradosso che da un magma incosciente venga fuori un cosmo ed addirittura un essere cosciente? (che siamo noi) in altri termini la natura ha prodotto esseri autocoscienti, ne è consapevole? Possiamo rispondere che il sapere che siamo, l'autocoscienza personale è un caso fortuito nel percorso evolutivo di Darwin (al quale credo). Ma a questo punto dobbiamo ancora chiederci: perché è accaduto? Più precisamente perché la natura non gravita verso il Caos e l'uomo verso l'incoscienza? Non so se esiste un regista occulto, un architetto celeste con un progetto in testa, ma la domanda sta in piedi ed esige risposta. Rispondere alla domanda è un bel percorso, indubbiamente più affascinante che l'accettare creatori antropomorfi preconfezionati da chi ci ha preceduto, è sempre meglio la verità che la consolazione.

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