BLOG DI BRUNO VERGANI

Radiografie appese a un filo, condivisione di un percorso artistico

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Martedì, 28 Settembre 2010 09:28

Ancora... Ancora... Ancora!

Scritto da  Bruno Vergani

 

 Samuel Beckett nel monologo “ Rockaby” (nella versione italiana “Dondolo”) ha messo in scena una donna adagiata su una sedia a dondolo. E’ vestita di nero ed è lì lì per schiattare, ma non si arrende. Una voce fuori campo narra una storia, la sua storia e la sedia dondola. Quando la voce cessa, la sedia si ferma e la luce si abbassa quasi per spegnersi, a quel punto la donna implora: "Ancora"; la luce ritorna e la voce col dondolio riprendono. Così per più volte, poi la voce fuori campo tace. Il dondolio cessa. Buio.I bambini vogliono che il gioco continui e che la fiaba sia ripetuta, gli amanti che l’amplesso perduri e sia replicato e gli imprenditori sono spinti da impulso irrefrenabile a continuare sempre oltre gli obiettivi prefissati per superarsi in eterno. Tipologie di “volere ancora” socialmente accettate e talvolta ammirate.Se invece si eccede nel “volere ancora”, come gli antichi romani che si ficcavano il dito in bocca per svuotarsi lo stomaco e prolungare il piacere della tavola o chi, contemporaneo, fa fuori il patrimonio di famiglia al casinò, oppure è tossicodipendente, l’ostinazione a ripetere è giudicata in tali casi malattia, o peccato e talvolta reato.L’ ostinazione al “volere ancora” assoluto, del monologo beckettiano è la più radicata e diffusa, tuttavia la meno osservata e giudicata; indipendentemente dall’età e dalle condizioni fisiche usualmente si accetta e sottintende che è giusto, lecito e anche doveroso far di tutto per continuare, sempre e comunque, a vivere.Raro che si giudichi virtuoso l’ uomo che “venuto il momento” si apparti sotto ad un cespuglio e muoia rapido senza lagnarsi. Possibilità concessa ai gatti selvatici, per quelli domestici si chiama invece il veterinario per procrastinare ad oltranza l’epilogo. Non sappiamo se il felino, seppur domestico, desideri per davvero vivere ancora, in quanto non possiamo affermare, ma neppure escludere che il gatto lodi, indifferente al nostro amore per lui, un suo Signore per la sua sorella morte corporale (1). Non conosciamo, tuttavia riteniamo che “venuto il momento” non è faccenda che compete al destino, ma nostra. Così, pur consapevoli di perdere la partita, non ci si arrende e si fa di tutto, e anche di più, per tirare avanti e quando la partita è ormai persa si insiste ancora, pur di eternalizzare (2) in qualche maniera la persona. Ancora... Ancora... Ancora! Forse i gatti selvatici ridono di noi e dei nostri Dei e non lo sappiamo.(1) Francesco d’Assisi, Cantico delle Creature "Laudato si' mi Signore, per sora nostra Morte corporale"(2) "La storia del cristianesimo è la necessità del fatto che una fede diventa essa stessa tanto vile e volgare quanto sono le esigenze che con essa si devono soddisfare"Nietzsche “la volontà di potenza” frammento 356

Ultima modifica il Sabato, 29 Ottobre 2011 00:37

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