Posto che mentre arriva il metrò uno sconosciuto ci spinge sotto:
nel monitorare il folle abbiamo conferma della sovranità del soggetto e nello sfracellarci che tale sovranità è uno sbilenco idealismo ottocentesco.
Radiografie appese a un filo, condivisione di un percorso artistico
«Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, è simile a un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia…»
Non vorrei smentire Gesù ma solo nel leggere le «quattro nobili verità» del Buddha[1] mi sono sentito meglio pur senza praticarle. Efficaci in sé e di per sé. Concettualizzare è già praticare[2].
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1 Prima nobile verità: tutto è dolore; seconda: il dolore ha una causa; terza: il dolore ha un termine. La quarta è, stile Gesù, più metodologica: il modo per eliminare il dolore è l'Ottuplice Sentiero nel quale, in ogni caso, la retta azione è congiunta al retto pensare: retta comprensione
, aspirazione e azione, retti mezzi di sostentamento, retto sforzo, retta consapevolezza e concentrazione.
2 Per certi versi anche Gesù e il cristianesimo storico l’hanno affermato contemplando il peccato di pensiero e parola.
Accendo il sigaro e osservo l’acanto sotto l’ulivo, penso ai miei vicini che più invecchiano e più considerano di abbandonare la campagna per andare a vivere in paese, così da avere parenti e ospedale a portata di mano putacaso la prostata ipertrofica gli bloccherà il piscio. Li comprendo ma preferirei, se possibile, schiattare sotto quest’ulivo. Tutta un’altra estetica.
C’è un bel avverbio latino: sponte che regge l’aggettivo spontaneo. Riferito agli umani significa l’attivarsi per propria volontà, invece la spontaneità della natura è cosa strana: a una prima osservazione la natura appare come un funzionamento costretto e ripetitivo quanto una pressa della Breda, il punto è che della pressa sappiamo il progettista, chi la mette in moto, i processi e gli scopi, ma della natura no. Come accade lo spontaneo ripetersi della natura? Può esistere spontaneità sprovvista di volontà? Siamo alle aristoteliche cause, roba vecchia ma per nulla superata e qui sponte riferito alla natura apre a proficue ambiguità:
«Quest’ordine del mondo, che è lo stesso per tutti, non lo fece né uno degli dei, né uno degli uomini, ma è sempre stato ed è e sarà fuoco vivo in eterno, che al tempo dovuto si accende e al tempo dovuto si spegne» (Eraclito, frammento 30). Qui si sentenzia l’opposto di Genesi, eppure evocando questa spontanea e ordinata volontà auto causata (causa sui) percepiamo nella natura la stessa solennità del Dio biblico, anzi di più. Forse la differenza più che di sostanza è di genere letterario; di narrazione. Se Dio c'è è un tipo spontaneo.
Nella storia della filosofia è una costante incontrare autori che affermano concezioni antitetiche, a mo’ di esempio:
«Attraverso il contatto ogni Tu coglie un alito del Tu, cioè della vita eterna». (Martin Buber)
«L'inferno sono gli altri» (J.P. Sartre)
Per avere chiarezza c’è la logica, la gnoseologia e l’epistemologia, robe per specialisti, noiosissime e non sempre affidabili. Per districarsi dal ginepraio forse utili le seguenti premesse:
una cosa è l’affermazione astratta, tecnicamente postulato, tutt’altra cosa se declinata nella concretezza: senza caso di specie si dice tutto e niente, ovvero: «Di che cosa stiamo parlando?» Non sarebbe poi male se Buber ci informasse se in quel paradisiaco “ogni Tu” è incluso Hitler, e Sartre se in quel infernale “altri” san Francesco d’Assisi;
emanciparsi dalla logica antitetica per cogliere nella realtà una fluttuante opposizione polare, approccio che Romano Guardini con esemplare finezza e rigore di pensiero aveva colto come fondamento ontologico e antropologico del concreto-vivente;
annoverare Freud come filosofo non separando la psicoanalisi dalla filosofia aiuta a fare chiarezza, ne deriva un corollario: l’importanza della biografia dei filosofi, perché non possiamo escludere che nodi personali siano stati talora espansi a verità filosofiche universali.
Forse un po' di gnoseologia l'ho fatta, ma di strada.
Nell’indagare natura e struttura del Tempo puoi ficcarci dentro qualsiasi ghiribizzo filosofico o poetico e pure qualunque azzardo scientifico ti salti in mente e non saranno vomitati.
Del Tempo puoi affermare l’assoluta onnipervadenza o la totale inesistenza e la tematica ingurgiterà e digerirà entrambe, sfera singolare dove minchiata ed episteme coincidono, indizio che il tempo basta pensarlo per farlo.
Dato che l’agitazione microscopica delle molecole, denominata calore, non può passare da un corpo freddo a uno caldo l’universo si raffredderà fino a fermarsi.
Mentre indaghiamo l'origine di questo caotico movimento in esaurimento, possiamo anche onorarlo con un ceri pasquali, fiamme ricamate sul berretto dei Carabinieri e App torcia degli smartphone accesi con devozione al concerto rock.
Gesti che non servono a nulla se non a tifare per il perdurare della somma combustione.
Nella fascia di terreno contigua alla provinciale ogni due settimane raccatto la spazzatura che puntuali elargiscono gli automobilisti di passaggio, bottiglie di birra Dreher 33, avanzi di weekend barese con riso patate e cozze, piatti e bicchieri di plastica, pannolini smerdati e di tanto in tanto qualche Tampax saturo.
Di fronte a tanta prevedibilità direi con Sartre: "L’inferno sono gli altri" se non fosse che oggi dentro un bustone ho trovato un cane morto, mezza taglia, beige, muso da volpino.
Fantasioso cittadino, chiunque tu sia, grazie!
Ricordo mio nipote quando aveva pochi mesi e mi sorrideva sputando suoni pre-personali. Ieri, trascorsi dieci anni, discutevamo di solventi, soluti e soluzioni sature. Se manterrà la stessa accelerazione tra un paio d’anni frequenterò un novello Einstein e fra quattro la somma decuplicata di Einstein, Goethe più Leonardo Da Vinci se non fosse che tale accelerazione succede solo da 0 a 10 anni.
Come accade quello scatto? E cosa frena dopo i 10? Problema di propulsore, di carburante o di asfalto?
Posto che mentre arriva il metrò uno sconosciuto ci spinge sotto:
nel monitorare il folle abbiamo conferma della sovranità del soggetto e nello sfracellarci che tale sovranità è uno sbilenco idealismo ottocentesco.
Mia madre era morta tragicamente, ricordo che frammista a sofferenza mi albergava dentro un’inopportuna euforia. Per spiegarmi la stranezza avevo ipotizzato un sentimento di liberazione dalla figura materna che, sebbene censurato, emergeva.
Ieri leggendo Karl Jaspers ho visto meglio: l’incomprensibilità, l’incontenibilità, il sentirsi sotto scacco e senza rete procurati da situazioni estreme (situazione limite) coincide col simbolico irrompere di una dimensione Altra e Oltre drammaticamente epifanica, tragica quanto salvifica. Jaspers la definiva "cifra del trascendente”.
Non so se c’è un regista che la dirige, ma so che è meglio stipulare alleanza con tale cifra che porre resistenza.
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