Misantropia rurale
Metà gennaio, sabato mattina. Mi reco al fondo, quello isolato a due chilometri da casa, dove sto implementando l’orto mediterraneo, personale laboratorio filosofico più che botanico. Inizio a piantare 14 cipressi sempervirens pyramidalis varietà Bolgheri DOC, quelli gagliardi, ritti ritti.
Nel terreno confinante, a ovest, un trattore romba spruzzando diserbante, in quello a nord il vicino irrora erbicida sulla calendula selvatica in fiore e da est un cacciatore spara a un tordo che mi passa sopra.
Mentre i pallini mi cadono attorno sento, dal profondo, la mia voce che recita convinta:
«L’inferno sono gli altri.»1
1«L'enfer, c'est les autres» opera teatrale «A porte chiuse» (Huis clos),
Jean-Paul Sartre, 1944.
Delitto e Castigo
Nel considerare la condizione di un giovane condannato all’ergastolo, per un duplice atroce delitto, ho valutato – riguardo la tematica di colpa e giudizio - due pensieri agli antipodi:
«Il significato della Redenzione è precisamente che noi non dobbiamo essere la nostra storia e niente è più semplice per me che dirti che tu non sei la tua storia.»1
Un implicito affermare, con approccio religioso, l’esistenza del “Male assoluto”
- dunque impersonale, o se personale miticamente diabolico - con connesse divine misericordie.
Differente il giudizio di G.B. Contri, psicoanalista, che valuta il Male assoluto, e divine misericordie connesse, mere Teorie: «L’imputabilità [personale] è una grazia perché pone fine – nella psicoanalisi con soddisfazione – alla catena di una pseudocausalità infinita.»2
Scontare la pena in carcere, in un percorso di emancipazione dalla personale criminale storia, è qualcosa che potrebbe assomigliare a una parziale sintesi tra le due differenti concezioni.
Il carcere favorisce tale percorso?
1 Flannery O’Connor, "Sola a presidiare la fortezza". Lettere
2 "L’ordine giuridico del linguaggio", Studium Cartello.
Il domineddio
A ben vedere il nucleo della teoria del domineddio non riguarda esclusivamente la religione.
Deliri di infinitezza, eternità, onnipotenza, onniscienza e onnipresenza mica sono confinati nel veterotestamentario Dio degli eserciti. Possono albergare e imperversare, con o senza Dio, nel pensiero individuale: tribalismi intimi con tutti gli estremismi, terrorismi, integralismi e fondamentalismi connessi.
Breve augurio al ristabilimento di sovranità
Avellino periferia sud, Capodanno, ore 11.15. Il fruttivendolo del mercato spara un botto avanzato la notte passata mentre a Vienna il commendatore è là, in prima fila, al Concerto di Capodanno della Filarmonica. Uno è pieno di debiti, tradisce la moglie e tifa l’Avellino, l’altro dirige una banca e ama, fedele, la musica di Johann Strauss, padre.
Appaiono diversi, eppure nati entrambi senza averlo chiesto, in luoghi e da genitori non scelti, costituiti da DNA che non hanno meritato sono molto più simili di quel che sembra: entrambi hanno abdicato alla loro sovranità personale adeguandosi, prevedibili, alla storia e alla società a loro prossime.
Nell’omettersi si sono condannati a conformazione nell’annichilente Mondo della storia. Peccato: valevano di più.
Storicizzarsi e socializzarsi è inevitabile ma è anche un po’ morire.
Iddio
Per risolvere guerre interreligiose e ottenere pace forse sarebbe più utile il giusto pensare invece dell’interreligioso pregare, così da elidere - in un sol colpo - l'oggetto della vana supplica causa della reale contesa.
Infondata giustificazione
In questi giorni la cronaca giudiziaria si occupa, ancora, di appartenenti a Comunione e Liberazione coinvolti in presunti reati di corruzione. Nell'apprendere la notizia ci si chiede, ancora, come e perché possano esistere individui che, nell’intento di conformarsi al Vangelo, ignorino e calpestino le regole sociali per fini egoistici.
In parte risponde la contiguità teologica di don Giussani al fondamento della giustificazione protestante, che interpreta CL compagnia umana prescelta da Dio, che pur nella storia la trascende e giudica non per irreprensibile morale personale, ma per ontologica ineffabile vigoria infusa dall'"Alto"; imputazione di giustizia grazie ai meriti di Cristo e al Lui appartenere, indipendentemente dall’operato del soggetto.
Un filone di indagine, forse più fecondo del mero riscontrare l’individuale avidità di qualche ciellino, potrebbe, dunque, svilupparsi analizzando fatti remoti, quelli del sedicesimo secolo che hanno visto, e vedono ancora, dibattere cattolici e protestanti riguardo la giustificazione personale.
La teologia protestante vede giustificato il fedele per la grazia a lui imputata dai meriti di Cristo attraverso la fede personale; sola fide indipendentemente dall’operato del fedele. Tale concezione dovrebbe favorire disinvoltura morale nei paesi protestanti, invece l’immoralità è smentita se non dalla storia, almeno dalla cronaca che rendiconta i paesi protestanti tra i meno corrotti al mondo.
La teologia cattolica invece, pur indicando la grazia divina a giustificazione del soggetto, non vede imputazione diretta di grazia ma infusione di grazia: il cattolico, oltre alla fede, deve metterci “del suo” per essere giustificato dalla grazia di Cristo: una tazza tenuta aperta dal comportamento giusto del fedele, adeguato e congruo a accogliere in lui il versamento dall'alto della grazia salvifica. Tale concezione più responsabilizzante dovrebbe limitare l’immoralità nei paesi cattolici, eppure la cronaca li include tra i più corrotti.
I conti non tornano e la comprensione del fenomeno appare complicata. Probabilmente tra i motivi di una certa disinvolta immoralità cattolica rispetto alla protestante sarebbe da includere - oltre a una minore capacità di dialogo con la modernità - il sacramento della penitenza, che bandito dal protestantesimo risulta fattiva possibilità per il cattolico di recupero, a oltranza e istantaneo, della assoluta giustificazione personale grazie ai meriti di Cristo.
Il cattoprotestantesimo giussaniano, improbabile protestantesimo devoto al sacramento della penitenza, accoglie gli aspetti più consoni - e cattolici e protestanti - a mai imputare il soggetto. Non sempre i sincretismi sono fecondi.
Scuole di creatività
Le peggiori scuole di creatività artistica, propongono inputs simili alla “pista cifrata” de La Settimana Enigmistica, quella con l’immagine invisibile che appare unendo, con trattino obbediente, i numerini sparsi su foglio. Quando la misera immagine compare ti dicono che è roba tua. Poi paghi.
Le mediocri evitano stimoli codificati e valutano con l’obiettività, di cui dispongono, il lavoro svolto. Poi paghi.
Le migliori propongono rapidi pungoli fluttuanti e si ritraggono silenti per poi giudicare severamente. Poi paghi.
Le eccellenti ti danno in mano il timone per buttarti, solo, nella tempesta. A lavoro ultimato ti segano sistematicamente insieme alla tua opera. Insistono più e più volte nel sano massacro fino a quando, libero da loro, impari a fidarti di te stesso. Poi paghi.
Piacere & profitto
Italia sud orientale, 2013 d.C., tardo autunno. Ho messo a dimora 210 piante di Rosmarino.
Anche se non danno frutto oggi ne pianterò altre 36 a siepe sul bordo del viale.
A che serve? A contenere l’assurdo.
Nel profondo qualcosa manca?
In un mio testo teatrale avevo scritto:
«Orfano scendo nella voragine, giù fino al lago di dolore, per contemplare i relitti che galleggiano nel silenzio. Nessun uomo, nessun animale, nessun dio. Là è il mio posto.»
«Nel profondo qualcosa manca» avevo poi scritto nella autobiografia e da lì mi ero attardato a raccontare. Il poeta aveva fatto di più:
«... Qualunque cosa tu dica o faccia
c’è un grido dentro:
non è per questo, non è per questo!
E così tutto rimanda
a una segreta domanda…
Nell’imminenza di Dio
la vita fa man bassa
sulle riserve caduche,
mentre ciascuno si afferra
a un suo bene che gli grida: addio!» (Clemente Rebora)
Schopenhauer annotava:
«Nessun oggetto del volere, una volta conseguito, può dare appagamento durevole, che più non muti: bensì rassomiglia soltanto all'elemosina, la quale gettata al mendico prolunga oggi la sua vita per continuare domani il suo tormento.»
(Il mondo come volontà e rappresentazione, § 38.)
“Nel profondo qualcosa manca”, ovvero sofferenza, permette Religione e una certa Estetica, ma nell’autobiografia non lo scriverei più, non perché ho trovato la “Cosa”, ma perché non credo più che ci sia. Roba de “La Settimana Enigmistica” con la vignetta mancante di qualcosa rispetto a un ipotetico Ideale in “Aguzzate la vista” e “Che cosa manca?”; con Mistero che si svela nel percorso ascetico di “Che cosa apparirà?” e “La pista cifrata”. Pseudo Oggetto, inutile Rebus, mero fantasma implementato da teorica mancanza che poggia, sprofondando, su rappresentazioni invece che su motivi.
resilienza all’evento
Concluso in Belgio uno studio antropologico sull’assuefazione alla morte.
L’Université libre de Louvain ha analizzato il comportamento di 21 titolari di imprese funebri e di 32 custodi di cimiteri impegnati nel settore da almeno 20 anni, in occasione della morte di familiari e amici.
L’indagine ha riscontrato, rispetto alla media della popolazione, maggior accettazione e resilienza all’evento luttuoso, di persone prossime, negli addetti ai lavori. Il professor Vincent Delobbe docente di antropologia supervisore dell’indagine, ha riferito che lo studio ha avuto mero taglio sociologico, non psicologico, in quanto il dolore soggettivo non è oggettivamente quantificabile.
Ho inserito la notizia pseudoscientifica nella sezione “Brevi racconti” di questo blog, in quanto fiction che mi son inventata or ora.
Tutto sommato plausibile: le morti reali sono evento ben diverso dalla inesistente entità Morte riportata nell'immagine: “Il Cavaliere, la morte e il diavolo” incisione di Albrecht Dürer, 1513.