BLOG DI BRUNO VERGANI

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Domenica, 31 Gennaio 2021 19:57

Con gli occhi di un cane

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Nella esperienza comune di tutti i giorni gli oggetti e i fatti che percepiamo attraverso i sensi sono garanzia di realtà, le idee un po’ meno. Allo stesso modo il filone filosofico dell’empirismo afferma il primato dell’esperienza sulle idee. A questo punto si potrebbe prevedere che l’empirismo filosofico, nel suo affermare la realtà assoluta degli oggetti e dell’esperienza sensoriale, sfoci in una interpretazione materialistica del mondo. In effetti accade proprio così per l’empirismo di strada, quello del “vogliamo fatti non parole”, ma per la filosofia empirista che opera con rigore possiamo assistere a esiti del tutto diversi e davvero inaspettati.

Basta considerare il percorso di pensiero del filosofo scozzese David Hume (1711 –1776) -il più empirista degli empiristi- per trovarci spiazzati nel constatare che il suo rigorosissimo empirismo non porta al materialismo, ma a livelli di scetticismo tanto estremi da annichilire natura e mondo. Hume nell’indagare la realtà affermando il primato delle impressioni che le cose producono in noi attraverso i sensi e giudicando le idee nient’altro che forme illanguidite di tali impressioni, attraverso passaggi logici, estenuanti ma incontestabili, conclude che

non esiste spazio perché attraverso i sensi percepiamo nient’altro che distanze tra oggetti, non lo spazio. Non esiste tempo, perché attraverso i sensi osserviamo soltanto accadimenti che si susseguono, mica il tempo. Non esiste causa necessaria che produce effetti perché osserviamo un mero succedersi di eventi contigui che per abitudine crediamo regolarmente connessi come causa-effetto, non la pura potenza che produce l'effetto. Per Hume non esiste neppure il mondo esterno, perché percepiamo oggetti e moti ma non il substrato, la sostanza, che prova il suo statuto ontologico. Non esiste neanche un io personale, in quanto osservandoci sperimentiamo fasci di impressioni sprovvisti di un nucleo stabile che possa essere dimostrato. Ne consegue l'impossibilità di fare scienza, perché ci è preclusa ogni prevedibilità certa. Non esistono idee generali, perché i sensi percepiscono solo un fluttuare di provvisorietà cangianti. Ovviamente non esiste Dio perché Dio non si vede.

Verosimile che anche un cane veda il mondo proprio come Hume, con la differenza che al cane la cosa non fa problema, mentre a Hume, così guardandolo, il mondo gli si annichilisce davanti agli occhi. Non sfuggirà che dietro ad un empirismo tanto estremo occhieggi un idealismo vigoroso; sappiamo che gli “ismi” più sono estremi e più tendono ad incontrarsi. In effetti l’idealismo estremo e assoluto, pensiamo all’idealismo soggettivo, quello alla Berkeley, quello che nega una qualsiasi esistenza del mondo indipendente dal soggetto, quello che se chiudiamo gli occhi facciamo sparire l’universo e riaprendoli lo ricreiamo. Idealismo sopra le righe in apparenza opposto ma, di fatto, perfettamente speculare all’empirismo di Hume, apparentato come se generato da identica matrice.

Forse la soluzione sta in un pacato compromesso tra i due estremi, riconoscendo da una parte che il mondo può tranquillamente proseguire per forza propria infischiandosene di chi lo osserva, dall’altra concedendoci di fronte ai buchi neri che incontriamo per la via di rattopparli con qualche idea. L'idea di Dio di solito rattoppa bene, a giuste dosi però.

Ultima modifica il Lunedì, 01 Febbraio 2021 11:58

1 commento

  • Link al commento Maria DAsaro Lunedì, 01 Febbraio 2021 17:33 inviato da Maria DAsaro

    A mio avviso, non solo scrivi considerazioni interessanti, ma le scrivi bene anche da un punto di vista squisitamente letterario. Grazie.
    P.s. Sanamente buddista, il nostro Hume...

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