Vocazione
Ho letto che un vecchio e bravo sassofonista da ragazzino sentendo per la prima volta un sassofono gli era ribollito il sangue nelle vene, senza neppure sapere cosa fosse un sassofono. Probabilmente la vocazione è il naturale svolgersi di un nucleo innato[1]. Il possibile impiego di tutte le proprie forze al fine di compierla non è causa della sua realizzazione, ma un eventuale (non sempre necessario) elemento contenuto in quel nucleo originario[2].
Se è troppo in salita forse non è la tua vocazione.
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1 Vedi mito di Er
2 Nelle Lettere a un giovane poeta di Rilke, la domanda “Morirebbe, se le fosse negato di scrivere?” è di solito vissuta dagli aspiranti poeti come una esortazione a raggiungere tale stato, anche se forse è un semplice invito a verificare la presenza o l’assenza di una particolare caratteristica, un po’ come quando si verifica il calibro delle mele o il funzionamento dei freni di un veicolo, senza alcuna pretesa, enfasi o giudizio di valore.
Saggia disavvedutezza
Senza alcun continuo bisogno di porre mente a, di tenere conto, di considerare così da accumulare materiale per riflettere astrazioni separando concetto e realtà, come un gatto preferiva il diretto accadere del suo spontaneo riposare e agire nel succedersi delle circostanze.
Il moribondo vigile
Negli anni ’70 girava la barzelletta del prete che prima di somministrare l’estrema unzione al moribondo gli chiedeva:
“Credi tu al Padre al Figlio e allo Spirito santo?" e quello: “Ma cazzo son qui che muoio e mi vieni a fare gli indovinelli!”
In effetti il moribondo vigile è come il rilevatore di banconote false: gli ficchi dentro una certa visione della vita, un’intuizione del mondo, un concetto metafisico e quello, seduta stante, ti dice se regge o suona falso.
A occhio e croce mi sa che di tutto lo scibile filosofico e sapienziale regga ben poco, chessò…: il concetto di sinolo aristotelico non suona falso ma si può tranquillamente vivere e morire facendone a meno. Probabilmente superano la verifica del moribondo vigile le visioni che ridimensionano un po’ l’io e favoriscono lo spontaneo affidarsi al funzionamento della natura.
Frettolose conclusioni nichilistiche
Che il mondo è così ma anche, all’opposto, cosà, non significa che le cose s’elidono simultaneamente l’un l’altra e così non è più vero niente, ma che la realtà è evento complessissimo e in continuo movimento e noi arranchiamo un po’ nello stare al passo.
Vanaglorie gnostiche
Affermare che il mondo della natura non è un bel posto, equivale a dire che è un brutto posto per me, rispetto a me, non in assoluto. Gli gnosticismi che vedono il nostro essere nel mondo condizione svantaggiosa -gnosticismo religioso (valle di lacrime), idealistico (mondo della natura ontologicamente subordinato al mondo dell'uomo), esistenzialistico (gettatezza)-, poggiano tutti non solo su prospettive antropocentriche per certi versi inevitabili, ma anche su rilevanti quote di egocentrismo. Dare un po' meno importanza a se stessi può contribuire a produrre buona filosofia e buona vita.