Metafisica connaturata
Cose come Dio (L’Essere, per chi preferisce), l’anima e il senso del cosmo, anche se indagate da sempre permangono irrisolte. Incommensurabili perché ci trascendono o per il banalissimo motivo che semplicemente non esistono?
In fin dei conti cambia poco: che le parti più misteriose e durature siano quelle che non esistono è una buona trovata ingegneristica per i progettisti di macchinari: dato che non ci sono, permangono infrangibili; per rispondere alla problematica forse meglio la metafora dei buchi nel formaggio che fuori da lì non esistono più, dove noi siamo il formaggio e i buchi la metafisica a noi connaturata che produciamo.
Naturalmente metafisici (e perché mai lo siamo?[1]) prospettiamo enti forse irreali ma, in quanto pensati, esistenti ed efficaci[2].
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1 Heidegger giudica “la prima di tutte le domande” quella che segue: “Perché vi è in generale l’essente e non il nulla?” La seconda, non meno vasta, dovrebbe forse essere: “E perché mai te lo sei chiesto?”
2 Le cose possono essere irreali eppure esistere, quelli che vanno al cinema o leggono romanzi lo sanno.
Redenzione
Grigia o dorata che sia la condizione esistenziale è comunque restrizione se non fosse per l’inesauribile capacità di pensare e per la presenza della natura intorno a noi.
E se pensiero e natura fossero un tutt’uno? Oltreché emancipati anche redenti.
Tiro mancino
Siccome opera anche anche il caso e la natura se ne infischia di doveri e diritti, va messa in conto la possibilità d’essere vittime di ingiustizie per colpa di nessuno.
In tanta impotenza possiamo comunque prepararci a incassare bene il diretto.