BLOG DI BRUNO VERGANI

Radiografie appese a un filo, condivisione di un percorso artistico

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Giovedì, 30 Marzo 2017 10:38

Perché?

Ce ne faremo una ragione che nell’arrampicare sul ghiaccio s’è rotto l’osso del collo, ma che rende davvero intollerabile una disgrazia, oltre alla specifica gravità, è la possibile accidentalità. Per attenuare l’erosione procurata dall’inesplicabile abbiamo a disposizione qualche strategia, poche in verità:

possiamo esaminare razionalmente le cause della disgrazia, nel farlo solitamente irrompono miriadi di inutili “se” che qualora tempestivamente ottemperati avrebbero evitato la coincidenza che il disgraziato si trovasse proprio in quel posto in quel dato momento. Analisi che considerando il rischio di eventuali similari incidenti futuri prova a prevederli così da proteggersi, ingenuo stratagemma che provando a imbrigliare la casualità nella causalità, prova a circoscrivere nella razionalità la disgrazia già accaduta, per così dire retroattivamente.
Possiamo anche contemplare l’universo che con la sua grandezza ristabilisce l’ordine delle cose relativizzando le vicende dei mortali, interpretando la disgrazia in un rapporto tra gli eventi come parte di un tutto, « la memoria è fragile e il corso di una vita è molto breve e tutto avviene così in fretta, che non riusciamo a vedere il rapporto tra gli eventi, […] crediamo nella finzione del tempo, nel presente, nel passato, nel futuro, ma può anche darsi che tutto succeda simultaneamente » (Isabel Allende, La casa degli spiriti); una sorta di grande funzionamento che se visto nell’insieme risulta armonico grazie a nessi diretti di causa/effetto più o meno lineari, principio metafisico che i filosofi chiamano necessità.
Qualcuno per risolvere l’impasse si da al sofismo «… la ragione dà ragione all'assassino e alla sua vittima. L'assassino e la sua vittima sono inscindibili. “Ti sei interessato a me sino a uccidermi” » (Manlio Sgalambro, Del delitto).
Strategia consolatoria diffusa è quella d’interpretare la disgrazia come Destino, operazione che pur connotando l’imprevedibile ineluttabilità inaudita della disgrazia ne rifiuta il pungolo dell’accidentalità: perché ci sia destino è necessaria una volontà superiore che decida lo svolgimento degli eventi, pertanto un senso, anche se a noi ignoto, da una qualche parte probabilmente alberga. In fin dei conti risulta più tollerabile un Dio cattivo o misterioso che il caso che manco puoi bestemmiare o pregare.
Visto che le discipline arrancano non ci resta che la fattiva vicinanza e la solidarietà reciproca.

Pubblicato in Filosofia di strada
Venerdì, 24 Marzo 2017 10:01

Pulizie di Pasqua

So che quando in cucina insisto nel lucidare il rubinetto del lavabo, anche se già bello pulito, e poi contemplo soddisfatto la sua inutile lucentezza è dinamica correlata alla libido, proprio come quando il giovanotto con la vecchia Alfa Romeo rossa, tirata a lucido, mi sorpassa sulla provinciale anche se non ha fretta. Nel ruminare la cosa mi è tornato alla mente un passaggio di Jung, non mi ricordo dove l’avevo letto e vado a braccio:

dialogando con suoi colleghi riferiva che grazie alla osservazione clinica aveva visto che la soppressione della sessualità anale è sovente compensata dal maniacale e ossessivo attivarsi nelle pulizie domestiche, poi specificava – e qui viene il bello – specialmente di quelle pasquali. Avrà avuto le sue ragioni verificate sul campo e confermate da statistiche cliniche per affermarlo. Così ogni volta che ci imbatteremo in una massaia impegnata fino allo spasimo nelle pulizie di Pasqua - donzelletta che si appresta a ornare per il dí di festa - sapremo finalmente cosa pensare.

Talvolta i saggi scientifici deliziano più dei letterari.

Pubblicato in Pensieri Improvvisi
Mercoledì, 22 Marzo 2017 23:53

Il paragnosta

Da parte di una certa spiritualità New Age imperversano affronti nei confronti del pensiero razionale e dell’Io, ma non è chiaro cosa propongano in alternativa all’uomo pensante.

Più chiara, mi sembra, l’abilità della psicoanalisi - pur nelle innumerevoli rivisitazioni e differenti filoni della disciplina - d’esplorare con precisione l’inaudito, di dire l’indicibile e dettagliare l’invisibile, senza necessità di intuizioni mistiche e trance transpersonali, poggiando proprio - Jung incluso - sul pensiero razionale del ricercatore. Visto che ci sono e quanto possono fare, meglio tenerli cari, e l'Io, e il pensiero razionale.

Pubblicato in Sacro&Profano
Mercoledì, 22 Marzo 2017 10:32

Angelo custode 2.0

Sarà che negli ultimi tempi sogno cose piacevoli che nei risvegli notturni rilevo che il modo più rapido per riaddormentarmi è ritornare all’ultimo frammento del sogno interrotto, curioso di sapere come andrà a finire. Anche nel coricarmi arriva chissà da dove una qualche immagine e se la osservo per bene inizia un racconto che mi conduce all’istante nel sonno per godermi lo spettacolo. Prova, come sosteneva Freud, che il sogno è il bodyguard del sonno.

Non possiamo escludere che il guardiano faccia pure gli straordinari, operando in qualche modo, anche nel nostro stato di veglia. Poco di occulto tanto di naturale, mica è un angelo del cielo, il custode ha la nostra faccia e ognuno ha quello che si merita.

Pubblicato in Sacro&Profano
Domenica, 19 Marzo 2017 17:57

Scendere dal pero

Sovente la corte osanna il principe a prescindere dal suo valore reale, legittimando la fondatezza del suo pensare, anche quando pensa male, con l’importanza della sua carica, privandolo così della personale autorità di intendere e di volere. Montaigne, per far recuperare al principe un minimo di responsabilità personale, così da proteggere il suo equilibrio mentale, consigliava di interrompere quel lodarlo a oltranza per sbatterlo su un cavallo che, per sua natura, disarciona il figlio del re come il figlio del facchino.

Non di rado anche la fondatezza del pensiero della vittima è legittimato dall’intensità della sua sofferenza, invece che dal valore nel merito, una sorta di sacralizzazione della vittima che la pietrifica in un limbo di immaginaria onnipotenza condivisa non profanabile. Forse quel «Lazzaro, vieni fuori!» è latrato che la desacralizza, così da liberarla finalmente dall’incantesimo.

Pubblicato in Sacro&Profano
Mercoledì, 15 Marzo 2017 12:23

Il contrassegno

Lussemburgo, 14 marzo 2017. La Corte di giustizia dell’Unione europea stabilisce che «non costituisce una discriminazione diretta la norma interna di un’impresa che vieta [al lavoratore dipendente] di indossare in modo visibile qualsiasi segno politico, filosofico o religioso».

Conosco veli islamici, innocue madonnine appese al collo, croci tatuate sulle braccia e le magliette con la faccia di Che Guevara, ma ignoro cosa intenda mai la Corte per “segno filosofico” indossato in modo visibile, visto che la filosofia, quando tale, non è confessione che ostenta distintivi. A ben vedere è la sentenza stessa che appiccica patacche, nel suo affermare la sacralità dell'impresa e l’ortodossia e pure il primato della religione del mercato su tutte le altre.

Pubblicato in Attualità
Martedì, 14 Marzo 2017 19:43

Salto nella fede

Kierkegaard vedeva l’umana primigenia angoscia di piombare nel baratro del nulla risolta dall’inserzione dell'eternità nel tempo operata da Cristo. Non possiamo escludere che tale salto nella fede sia un balzo in noi stessi, luogo intimo da dove proiettiamo idee di redenzione sulla  - e, dunque, riflesse dalla - figura del Cristo. Un cantarsela e suonarsela che solo l’avvenimento altro (da noi) della Chiesa cattolica - la religione più materialista al mondo – può smantellare alla radice in quanto realtà storica tutta poggiata sulla “verità” della Rivelazione e sulla oggettività della tradizione.

Nel primo caso il salto nella fede ci porterebbe a obbedire inconsapevolmente a noi medesimi, nel secondo caso ad altri. Forse meglio non saltare.

Pubblicato in Sacro&Profano
Lunedì, 13 Marzo 2017 11:50

L’archibugio

Girano di brutto quando rubano il frutto del lavoro, ma non gli sparerei nel culo manco con le cartucce a sale grosso, perché già impallinati per direttissima e senza appello alla pena di appartenenti alla categoria degli idioti & miserabili, con sentenza promulgata da loro stessi, esecutiva al compimento del reato.
A ripianare la faccenda che agiscano le generali e universali misure e norme dell'umano diritto costituite, istituite, e socialmente condivise.

In fin dei conti tolleranza personale zero è roba da miserabili come loro, chi ricco prova a pensare invece di reagire e tollera invece di sparare, che in senso etimologico significa sopporta, regge, sostiene un peso almeno per un po’. Roba da forti.

Pubblicato in Filosofia di strada
Giovedì, 09 Marzo 2017 11:32

Oltre-altro

I comandamento senso della misura; II un minimo di competenza; III discernimento. E così non passa giorno che nella mia erboristeria devo insistere, talvolta quasi combattere, per convincere qualche cliente - se afflitto da specifiche patologie - a non assumere i rimedi che produco, ma che invece consulti un medico specialista optando per i farmaci che gli prescriverà.

Che strano... E’ come se l’insegnante raccomandasse per il bene dello studente che non frequenti certe lezioni, il prete indicasse al fedele di lasciar perdere alcuni sacramenti e il filosofo consigliasse di evitare la ricerca teoretica per andare a zappare la terra.

In fin dei conti non sarebbe poi male. Beninteso, solo in casi particolari.

Pubblicato in Frammenti Autobiografici
Mercoledì, 08 Marzo 2017 10:50

Superstizioni

Alcuni stoici meditavano immaginando e simulando gli eventi più terribili che potevano capitargli, una sorta di allenamento per permanere imperturbabili se fossero accaduti per davvero, in fin dei conti un tentativo di controllo assoluto della realtà.
In Casi clinici Freud dettaglia storie di soggetti che, inconsapevolmente, facevano lo stesso. A differenza degli stoici erano mossi da fatti dolorosi realmente accaduti che rimossi erano proiettati nel futuro come eventi incombenti. In tale dinamica la meditazione stoica era sostituita e surrogata da riti superstiziosi, ossessivi e compulsivi, al fine di esorcizzare quei presupposti pericoli imminenti. Tentativo di immaginare-controllare un futuro irreale che produce una personale corrosione tempestiva e reale.

In ogni caso, stoici o scompensati, forse più sano quel «A ciascun giorno basta la sua pena.»

Pubblicato in Filosofia di strada
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