Bruno Vergani
Radiografie appese a un filo. Condivisione di un percorso artistico, davanti al baratro con angoscia parzialmente controllata.
Profumo di provincia
Stragi impunite. Presunta trattativa Stato-mafia. Indagini in Lombardia per soldi alla 'ndrangheta in cambio di voti.
Dal buio pesto, inaspettata, una schiarita: consiglieri della regione lombarda avrebbero utilizzato rimborsi ai gruppi consiliari di partito per spese personali.
Visto il contesto finalmente una brezza di umanità, di freschezza, di sano edonismo rurale, di rassicurante italica commedia grazie ai valorosi marioli di provincia.
Auguriamoci che sia tutto confermato e non si tratti di equivoco.
Il caso Bell
Ci aveva già provato Nietzsche all’esperimento estetico-politico di proporre la musica di Wagner per emancipare l’umanità dall’ipnosi della razionalità. Una botta di arte, di fuoco, di tragedia, per redimere dalle decadenti letture convenzionali che interpretano il mondo. Non aveva funzionato e Nietzsche ci aveva ripensato.
Il "Washington Post" 135 anni dopo incurante dell’insuccesso di Nietzsche e dell’avvertimento di Charles Bukowski: «Secoli di poesia e siamo sempre al punto di partenza», ci aveva riprovato con Joshua Bell - uno dei più grandi violinisti del mondo - invitandolo a suonare in una stazione della metropolitana di Washington travestito da musicista di strada. I pendolari che si recavano al lavoro avrebbero riconosciuto all’istante, lì in un angolo del metrò, il Dioniso apparso per redimerli?
Bell aveva aperto con la Ciaccona di Bach, che l’esecutore giudica «una delle più grandi opere [non solo musicali ma in assoluto] compiute dalla storia dell'uomo». Dopo aver suonato per tre quarti d’ora delle mille persone transitate a distanza ravvicinata, dal presupposto Eccelso, meno di dieci avevano manifestato un qualche interesse.
Il giudizio di valore che interpreta i mille del metrò di Washington folla massificata ad eccezione dei dieci giusti che, in stile biblico, salvano la faccia agli altri novecentonovanta mi lascia perplesso. Insidioso giudicare male soggetti che ignorano Bach per arrivare in orario al lavoro. Se l’arte non si impone da sé, se fuori da liturgie autoreferenziali annichilisce, se senza propaganda collassa, se non serve a un cazzo, è problema suo.
L'Insaziabile
Francesco Belsito, Lega Nord. Luigi Lusi, Margherita. Franco Fiorito, Pdl. L'identikit dei tre coincide preciso: "Tesoriere indagato per appropriamento indebito dalle casse del proprio partito." Altra storia quella di Pierangelo Daccò condannato, in primo grado, a dieci anni di reclusione per il dissesto finanziario della Fondazione San Raffaele del Monte Tabor. Secondo l'accusa avrebbe occultato all'estero fondi neri derivanti da prestazioni sovrafatturate. Daccò, a differenza dei tre tesorieri, lo troviamo impegnato ad imprendere prima di prendere, eppure è a loro accomunato non tanto dall'ipotesi di avere sottratto a terzi denaro - evento di per sé prevedibile e dozzinale - ma, se le accuse saranno confermate, dalla spropositata misura dell'appropriamento, tanto abnorme da espandersi rapida dal codice penale a ben altre sfere di indagine: sociologiche, filosofiche e finanche psicoanalitiche.
Impossessarsi disinvoltamente di cento, di mille, di centomila e anche di un milione di euro è misura compatibile e congrua al "sano" ladro edonista, se superasse tale soglia non avrebbe tempo, né dimensioni, né strumenti, né possibilità reali, per onorare la sua concezione etica che identifica il bene col piacere: quando l'ammanco è di decine di milioni di euro e il ladro non ha da costruire un ponte sul Po sono guai. Quasi impossibile che riesca a goderne personalmente appieno.
Massimo Recalcati, psicoanalista, riferendosi alle patologie alimentari - e qui è proprio di bulimia che stiamo dicendo - diagnostica estrema solitudine: «La potenza simbolica del grande Altro si è irreversibilmente fragilizzata e il nostro tempo è il tempo, come scriveva già Adorno in Minima Moralia, del godimento monadico, ovvero di una esasperazione autistica dell'individuo che esclude la dimensione transindividuale del soggetto».
Il ladro che tutti i giorni ruba molti più polli di quanti gliene possono stare nello stomaco assomiglia, dunque, a un asceta-eremita perverso; a differenza dell'edonista che incontra soddisfazione godendo in presa diretta dei beni dei quali si è impossessato, lui obbedisce ossessivo a una forza intima irrazionale, misteriosa, immensa, insaziabile. Il raggiungimento della meta gli è impossibile, invece la fatica dell'incrementare ad oltranza il patrimonio occultandolo è per lui onnipresente e tiranna, così invece di sazietà soddisfatta è devastato da fame e angoscia. Sanzionato per direttissima a pene di solitudine e povertà con sentenza promulgata da sé stesso, già esecutiva al compimento del reato. E dopo tanta sofferenza infieriscono sbattendolo in prigione. E' ingiusto.
La fornace
Per Clini, ministro dell'Ambiente, la relazione tra l'inquinamento prodotto dall'Ilva e l'incidenza di malattie mortali dei lavoratori del polo siderurgico e degli abitanti di Taranto è ancora da dimostrare. Tutta da dimostrare. Recentemente dichiarava: «Non c'è nessuno oggi che, sulla base dei dati disponibili, può dire che c'è una relazione causa-effetto in particolare tra le attività industriali attuali dell'Ilva e lo stato di salute della popolazione». I "dati disponibili" ai quali il ministro fa riferimento attingono da due differenti studi: il primo a cura dell'Istituto Superiore di Sanità "Sentieri" (Studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento), indagine nota per aver portato all'abbattimento di animali per concentrazioni elevate di diossine. Il secondo studio, più allarmante, si riferisce all'indagine epidemiologica svolta dai professori Maria Triassi, Annibale Biggeri e Francesco Forastiere, disposta dal gip dottoressa Todisco della procura di Taranto in sede di incidente probatorio del processo istruito a carico dell'Ilva, che riferisce: «L'esposizione continuata agli inquinanti dell'atmosfera emessi dall'impianto siderurgico ha causato fenomeni degenerativi di apparti diversi dell'organismo umano che si traducono in eventi di malattia e morte». Le indagini dei tre esperti specificano che nei quartieri limitrofi all'acciaieria si registra la più alta percentuale di malattie e decessi, eppure il ministro - sconfessando l'Istituto superiore di Sanità e i periti del Tribunale - non demorde manifestando sistematica perplessità sul nesso causale tra inquinamento e malattie.
Clini - laureato in medicina e specializzato in medicina del lavoro - ben conosce la difficoltà nel dare prova certa e univoca della relazione che lega l'atto dell'inquinare a specifici eventi di malattie e di morte. La storia processuale italiana dei reati ambientali, con i suoi processi intricati e interminabili, conferma la difficoltà di fornire prova del su esposto nesso di causa-effetto. Nella fattispecie tarantina la prova provata appare ancor più macchinosa per i ritardi e le incompletezze che hanno caratterizzato le indagini epidemiologiche; per le omissioni e le remore nella pubblicazione delle stesse; per insabbiamenti da parte di una certa stampa a seguito di presupposti pressioni e favori da parte dell'Ilva, oggetto di indagine della magistratura. Dammi la prova, chiedeva il ministro; la prova c'è, affermava la magistratura e a difesa della salute collettiva bloccava, di fatto, la produzione di Taranto e di conseguenza anche quella dei siti Ilva connessi: Genova, Novi Ligure e Racconigi. Con l'Ilva di Taranto inattiva il rischio di disoccupazione per migliaia di addetti era drammatico; se operativa peggio, perché killer non più disarmato. Nei rapporti di forza tra Poteri dello Stato si è imposto il governo vanificando per decreto l'operato della magistratura. Prevedibile. Già Montesquieu ricordava che il potere giudiziario è «per così dire invisibile e nullo». Tuttavia il decreto governativo è al limite della costituzionalità e non sono esclusi ricorsi alla Corte costituzionale. Gli operai di Genova hanno esultato al decreto. Posto di lavoro salvo. Mica tutti sono kantiani e nel conflitto tra la legge privata di poter comprare a Genova un paio di scarpe al proprio figlio e la legge generale di mandarlo a scuola coi buchi nelle suole per non far venire un cancro a un suo coetaneo a Taranto, si può anche scegliere la prima opzione. Balzac ce lo ricorda preciso nella "parabola del mandarino" quando lo studente Rastignac chiede all'amico Bianchon che cosa farebbe se potesse diventare ricco uccidendo un vecchio mandarino in Cina con la sola forza di volontà, senza allontanarsi da Parigi. Bianchon non vuole uccidere, ma poi considera che i cinesi sono numerosi e anche lontani, il mandarino è vecchio, il guadagno gli è necessario. Perché no? Operai Ilva di Genova, proprietari del Gruppo e governo nazionale alleati nella "parabola del mandarino".
L'Italia è una nazione patologicamente mitica, con altiforni biblici uguali a quelli del re Nabucodònosor, quello che aveva fatto costruire una statua d'oro colossale alla quale prostrarsi. Processo per direttissima per il non osservante: «In quel medesimo istante sarà gettato in mezzo ad una fornace di fuoco ardente».
Taranto 27 novembre 2012
All’ingresso Ilva l’operaio striscia la tessera, quella con dentro il chip che lo individua, ma il tornello non si apre.
Riprova. Niente.
Allora fa il pugno chiuso. Niente.
Prova col segno della croce. Niente.
Pasolini nel suo film «Salò o le 120 giornate di Sodoma”» (1975) lo mostrava fatto annegare in tinozze piene di merda invece che in access control e magnetic cards, ma la storia era la stessa.
Abuso di autorità
Don Alberto Barin, cappellano di San Vittore, indagato per violenza sessuale continuata e pluriaggravata su sei giovani detenuti è stato arrestato. Una videocamera piazzata dagli inquirenti nel suo ufficio ha documentato quattro violenze, ma le indagini proseguono nell'ipotesi che i sistematici abusi abbiano coinvolto altri detenuti.
Il religioso è anche indagato per concussione aggravata dall'abuso di autorità in quanto pare promettesse, in scambio di favori sessuali, pareri favorevoli sulle scarcerazioni.
La Curia di Milano manifestando «la massima fiducia nel lavoro degli inquirenti» ha espresso «il dolore per l'arresto di don Alberto Barin e per i fatti che al cappellano della casa circondariale vengono contestati» e anche «tutto il proprio sconcerto».
Il ministro della Giustizia Paola Severino ha commentato: «Credo che l'episodio se provato sarebbe di inaudita gravità».
Se provato? Posto che le videocamere non restituiscano immagini diverse da quelle che registrano è probabile.
Inaudita gravità? Grave sicuramente. Inaudita non proprio: nello scenario cattolico qualcosa di uguale si è già sentito e anche risentito. La vicenda non è per nulla inedita e forse sarebbe utile che la Chiesa si interrogasse – oltre a dichiarare « il proprio sconcerto» e spiazzamento – su questa precisa tipologia di misfatti che gli riaccadono in piazza. Nella propria piazza.
Una triade costante sembra favorirle: Dio, Educazione e Amore, tutte e tre con la maiuscola, tutte e tre apparentemente estranee dal favorire perversione, eppure l'identikit del reo conduce, proprio lì, sempre lì: crede, ama ed educa.
Nel suo credere in Dio presuppone di conoscere la verità e anche il bene di tutti così, per amore, educa il mondo. E in quel personale presupporre onnipotente talvolta ci prende la mano e equivoca lui con Dio, il comandare con l'educare, e il maltrattare con l'amare.
Evidentemente vi sarebbero altri aspetti da enucleare, non ultimo la castità che la Chiesa cattolica esige per i suoi ministri talvolta produttrice di erotomani pudibondi che, in tanta confusione, potrebbero procurare danni, ma prima viene quella presupposta verità - unica e inequivocabile - che la Chiesa cattolica pretende possedere, nella quale alberga, in potenza, un implicito forzare il mondo a un regime. I fatti nel carcere milanese ne sono forse diretta espressione.
Nell'ultima visita del Papa a Palermo qualcuno, sul balcone, aveva esposto uno striscione con una scritta rivolta al Papa: «Anche tu sei relativo». Se avesse preso sul serio l'invito non è escluso che sarebbe stato proficuo, e per lui, e per don Alberto Barin, e per le vittime, e per tutti.
Masochismo
Quel pomeriggio doveva potare il pesco dietro casa, poi andare tre ore dal cognato per aiutarlo a tinteggiare il soggiorno ricompensato con 50 euro. Doveva anche leggere un libro di Bauman, lì mai aperto sul comodino da tre mesi, invece è andato in piazza e si è messo addosso un cartello con scritto sopra:
“ESODATO”
lì ha trasformato il personale desiderio di liberazione in repressione reale.
Taranto Libera
«Taranto Libera» è il titolo del video musicale cantato e interpretato da 30 artisti tarantini. Atto artistico che emancipa dalla rassegnazione e inizia a pulire l’aria della loro, della nostra, città.
Promotore dell'iniziativa e autore di musica e testo Marco De Bartolomeo; regia del videoclip di Andrea Basile, anche loro tarantini. Atto culturale e politico, De Bartolomeo spiega: «Tutto quello che sta accadendo, è anche frutto di un impoverimento culturale e noi, con la nostra canzone, vogliamo risvegliare le coscienze». Autori, artisti e tecnici si sono autofinanziati e la divulgazione dell’opera, in rete da qualche giorno, è assolutamente gratuita.
Testo semplice, onesto. Musica purtroppo dozzinale e anche puttana: invece del testo che invita alla dignità e a combattere per una città sana si potrebbero sbattere dentro parole che reclamizzano assorbenti, merendine industriali, anticalcari per lavatrici, o crociere ai Caraibi e - quella musica - invece di vomitarle, le accoglierebbe compiaciuta. Mentre gli ascoltatori, e io con loro, si commuovono invitiamo l’autore della musica a tal esercizio di consapevolezza estetica. Si sa agli artisti è chiesto di più, nella fattispecie a maggior ragione.
Edmund Burke già spiegava che la bellezza non necessariamente sta in piedi per forza oggettiva e intrinseca ma grazie al contesto e all’intento del pubblico, in quanto direttamente legata alla nostra disposizione di ascoltatori e alla nostra pregiudiziale simpatia verso l'oggetto che determiniamo "bello". La musica di «Taranto Libera» che da dozzinale diventa inno è la prova provata di questa esaltazione a prescindere, procurata dalla tematica e dal contesto invece che dal merito. Commoviamoci. Consapevoli è meglio.
www.primitivo
Marco Travaglio nell'ultima puntata di Servizio Pubblico ha commentato le reazioni di Federica Salsi - consigliere comunale del Movimento 5 Stelle - che, a seguito della reprimenda di Beppe Grillo a lei indirizzata per aver partecipato a Ballarò, aveva definito Grillo «maschilista come altri» e «vittima della cultura berlusconiana di questi anni». Travaglio precisa che in qualsiasi gruppo organizzato vigono codici di comportamento e che, se non piacciono, non è obbligatorio appartenervi, Movimento 5 Stelle incluso. Chi non condivide il regolamento, eviti semplicemente di parteciparvi. Dunque, a suo dire, appare logico e anche opportuno che Federica Salsi dovrebbe smetterla di tenere il broncio al sommo coordinatore che latra reprimende su codici comportamentali da lei stessa accettati e poi traditi.
Ci permettiamo di integrare il commento di Travaglio «o mangi questa minestra o salti dalla finestra», suggerendo un'analisi del problema più articolata. E' necessario ricordare i molti elettori ancora indecisi che con attenzione, talvolta con simpatia, osservano il Movimento 5 Stelle, ma che al decimo attacco isterico-autocratico del coordinatore, stanno considerando di declinare l'attenzione insieme all'ipotesi di votarlo.
Sappiamo che nei gruppi organizzati di lavoro - politici inclusi - è operazione complessa conciliare il raggiungimento di scopi comuni alla sovranità e autonomia di pensiero di ogni singolo appartenente al gruppo. Questa è la sfida di ogni leadership. Capi, preti e burocrati propongono stili di leadership tra i più impacciati, incapaci di favorire relazioni, partecipazione e autonomia nei partecipanti al gruppo. Ancor più in difficoltà la leadership autocratica. W.E. Halal, in Human Relations, scrive: «L'autocrazia viene considerata come la forma più primitiva di leadership e si caratterizza per l'utilizzo di metodi autoritari [...]. Si ritiene che questa forma di leadership si dimostri adeguata soltanto in situazioni caratterizzate da forme primitive di tecnologia, quali la guerra, la caccia e l'agricoltura».
Halal, nell'elencare le situazioni tipo per lo sviluppo di leadership autocratiche, aveva ignorato il web. Era il 1974, di più non poteva pensare: Internet non era una realtà pubblica e Beppe Grillo faceva ancora il comico.
«Il PAPA RE». Le reazioni.
La puntata di Report del 4 novembre - "Il Papa Re" di Alberto Nerazzini - ha mostrato il fenomeno politico Formigoni in relazione al movimento ecclesiale di Comunione e Liberazione fondato da don Giussani. All'indomani della trasmissione, mentre Formigoni twittava «Attacco vergognoso a Cl. Su di me tutte storie vecchie già dimostrate false. Comunque pagherai i danni», la rivista Tempi - vicina a Comunione e liberazione - riportava alcune reazioni come quella di Paolo Valentini, capogruppo del Pdl in Regione Lombardia, che ha dichiarato: «Ho assistito alla trasmissione Report e analizzando lo spezzone che mi riguarda constato che così montato non corrisponde all'intervista da me rilasciata». O quella del Sussidiario, dove Augusto Lodolini, nell'intervento intitolato "Report - Formigoni, Cl e quel montaggio d'assalto", avvalora le perplessità di Valentini elaborando una micro lezione di tecnica cinematografica, tesa a informare il lettore della potenza del montaggio: «Gigantesco orco proteiforme rispetto al nano rappresentato dalla impaginazione dello strumento cartaceo».
L'eroe della puntata di Report è stato Marco Palmisano, un giro su Google ed esce primo, così: «Marco Palmisano è un giovane dirigente televisivo di successo, un uomo intelligente e ricco di fascino, affermato nel lavoro come nella vita privata, pieno di [...]». Nella puntata aveva proclamato l'attuale arcivescovo di Milano, con altri esponenti ciellini, maestri politici di Berlusconi. Anche Palmisano, molto deluso della trasmissione, ha diramato una nota diffusa da Tempi: «Ben altro trattamento meritavano gli ascoltatori riguardo ad un importante fenomeno educativo e culturale che riguarda centinaia di migliaia di persone sparse in Italia, in Europa e nel mondo. La pochezza del servizio è dimostrata dall'unico e totale accanimento della redazione nel voler cercare a tutti i costi gravi colpe ed errori a carico di Cl e del presidente della Regione Formigoni. Non trovandone, il loro presunto scoop è stato il fatto di aver appreso che importanti esponenti di Cl avrebbero impartito lezioni di economia e cultura politica al cavalier Berlusconi a metà degli anni Settanta.»
Ancora da Tempi Marco Molon, forse il più acuto, paragona la puntata di Report alla tragedia greca e nel profondo si domanda: «Com'è possibile che noi [ciellini, ndr], così capaci di dare risposte imponenti alle domande dell'uomo, non si sia capaci di dare una risposta decente a un giornalista fazioso? [...] Pare quasi l'impianto di una tragedia greca. Chi ha avuto il dono della Risposta e delle risposte non riesce a rispondere. Vi verrà da ridere ma anch'io non ho una risposta a questo paradosso. Proprio qui sta il bello delle tragedie greche».
Non sappiamo quanto c'entri la bellezza con l'incapacità di rispondere rimanendo impaludati in paradossi e neppure se le immagini di alcuni Memores Domini, i ciellini adulti, che sfuggono al videogiornalista di Report come vucumprà abusivi alla vista del vigile urbano, sia dinamica congrua alla tragedia greca o alla commedia italiana, però la domanda che Molon mette in piazza non è male. Un contributo alla risposta gli è dovuto.
Forse l'inghippo alberga preciso nella concezione della persona, del singolo, nella visione ecclesiologica di Comunione e liberazione. La persona è giudicata di per sé nulla, ma diventa tutto se riconosce la presenza di Dio nel gruppo d'appartenenza. Fuori da lì è persa nel niente, invece all'interno del gruppo plasmata in eterno nelle fibre dell'essere da Cristo stesso. Sarebbe forse utile domandarsi se sia più proficua all'uomo la capacità e il coraggio del pensiero personale in azione invece che l'affidamento a presupposti Enti divini che, misteriosamente, albergherebbero in umane compagnie. Comunità di uomini giudicata dagli appartenenti sovrumana e divina espressione dell'ineffabile, paradisiaco, grandioso, idilliaco, supremo, stupendo, eccelso, altissimo, immenso, indicibile, sconfinato, assoluto Ente, contrapposto alla nullità del singolo.
All'interno di questa concezione il singolo tende a inibirsi, a rimpicciolirsi, per esplodere nella gloria divina del trionfo collettivo, per poi impegnarsi a espanderlo ad oltranza ovunque. Conseguenze: delirio di onnipotenza o di piccolezza e la puntata di Report ha rendicontato entrambe le varianti. Il montaggio cinematografico non c'entra, il gigantesco orco proteiforme è proprio un altro.
qui il video mia intervista da 18:39