Le certezze del Novecento che affermavano verità definitive quanto rovinose hanno, per reazione, prodotto l’attuale relativismo. Forse siamo inconsapevoli nipoti di Nietzsche, nonno del frammentato e un po’ nichilista post moderno: «I fatti non ci sono, bensì solo interpretazioni», altrimenti non si spiegherebbe come Berlusconi, Renzi, Salvini e Di Maio, pur sparando due palle ogni cinque parole proferite abbiano, a turno, ottenuto un notevole consenso popolare. Come se la verità e l’oggettività sia ciò che di volta, in volta, crediamo.
Vero che le ideologie o le religioni proclamanti delle verità definitive risultano, prima, o poi, inconciliabili con la vita degli uomini, nondimeno il reagire a questi dogmatismi predicando l’assenza di qualsiasi oggettività e verità produce non pochi problemi, dai veniali edonismi agli eccessivi scetticismi, dai qualunquismi ai nichilismi che preparano e favoriscono il ritorno di quelle disastrose verità assolute che si volevano combattere.
Forse meglio evitare percorsi sdrucciolevoli e riconoscere qualche verità e oggettività, sì parziale e provvisoria ma non per questo inesistente. Accettare sobriamente -ovvero sottoponendola a continua indagine- qualche verità considerandola portante non sarebbe poi male, come l’accadere della natura, di me, degli altri, quel giusto per non sbandare e sbattere.