BLOG DI BRUNO VERGANI

Radiografie appese a un filo, condivisione di un percorso artistico

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Sabato, 23 Aprile 2016 09:28

Processo Maugeri, l'inconsapevole mandante

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Milano, processo Maugeri. Nelle prossime settimane, dopo le parti civili, interverrà la difesa per smontare le conclusioni dei pubblici ministeri che vedono Roberto Formigoni «capo e promotore di una associazione a delinquere» costituita da «corrotti e corruttori» dediti a «corruzione sistemica gravissima» meritevole, sempre per i pm, di condanna a 9 anni di carcere. Premature, dunque, oltre che inopportune eventuali valutazioni d’innocenza o di colpevolezza: sentenzierà il tribunale a conclusione dell’iter processuale - giudizio di primo grado non definitivo. Nondimeno i due anni di processo già svolti che, forse con una punta di masochismo, ho seguito su Radio Radicale - le telecamere non sono ammesse -; processo che vede rinviati a giudizio, tra gli altri, ciellini e memores per gravissimi reati corruttivi e/o di associazione per delinquere, autorizza fin da subito ad interrogarsi sullo scostamento etico, prima che giuridico, tra gli ideali di promozione umana annunciati da CL e le gravissime accuse dei magistrati inquirenti rivolte ad un pezzo importante del Movimento ecclesiale. Com’è possibile che una parte così significativa di una comunità cristiana sia rinviata a giudizio per associazione a delinquere? Come può accadere che “alti” ideali sociali si declinino, nel caso di specie, in una sospetta associazione criminale? Macroscopici errori degli inquirenti, oppure ciellini imputati schegge impazzite? Dell’acclarata e grave circostanza di un presidente di regione che trascorreva vacanze di lusso con amici ciellini e memores pagate da soggetto, pure lui del milieu di CL, che percepiva abnormi rimborsi da strutture sanitarie private che, a loro volta, ottenevano rimborsi dalla Regione della quale proprio l’ospite non pagante era presidente, Comunione e Liberazione tace e il direttivo dei memores glissa. Io provo a dire, ripetendomi, autorizzato dal fatto che anni fa ero uno di loro. Dico individuando il mandante etico nel pensiero di don Giussani, nella sua concezione patriarcale e tribale del cattolicesimo, nella sua pedagogia irruente, primitiva, patologizzante. Mandante preciso seppur inconsapevole e in buona fede:

 «Se non c’è risposta a quel che sei, sei un disgraziato! […] Immaginate di andare in piazza Duomo a Milano alle sei di sera, d’estate, o in primavera, o d’autunno, d’autunno presto. Piazza Duomo è quasi piena, gente che va di qui, gente che va di là; ma osservate che c’è qualcosa che non va: sono tutti senza testa! Immaginate di essere lì: sono tutti senza testa, solo voi avete la testa! La vita è così, il mondo è così». (Conversazione di Giussani ad un gruppo di memores domini 1 ottobre 1995). «Quando ci si mette insieme, perché lo facciamo? Per strappare agli amici – e se fosse possibile a tutto il mondo – il nulla in cui ogni uomo si trova». (Incipit del messaggio di Giussani per il XXV Pellegrinaggio a Loreto). «Amici miei, che compito, che responsabilità! Perché gli altri nel mondo dipendono dalla nostra vita.» (Giussani ritiro di memores domini).

Riguardo il merito di tali asserzioni evito il giudizio derivante dal preciso ricordo della mia remota obbedienza, all'interno dei memores domini come a Cristo in terra a tale Perego, per il quale i pm chiedono 5 anni di carcere, olocausto provinciale affatto scevro di mia personale imputabilità seppur peccato di gioventù, implementato da Giussani con l’intento di universalizzarlo.

Giussani allargava smisurato, urgente, irresistibile, impellente e a oltranza, il personale giudizio di valore a asserzione di realtà universale costipando, come uno schiacciasassi, ciò che incontrava in tale prospettiva. Alcuni a lui prossimi, non curanti dei contenuti veicolati in tanta foga, ne hanno appreso meramente il metodo sostituendo con fini propri il merito. Fatto ("Avvenimento") e patto (unitario) etimologicamente poggiano sull’atto (āctus), ma l’atto non determina né garantisce, di per sé, il sano ordinamento personale: religionari e gangster, in missione per conto di un qualche dio, pur dissimili nei fini possono anche somigliarsi nella determinazione per raggiungerli.
Una vera e propria deriva assiologica tribale in quanto 
la comunione tra gli appartenenti a Comunione e Liberazione era definita da Giussani con l’affermazione: «Io sono Tu che mi fai», con quel “Tu” intendeva Dio e nel contempo, riferendosi al mistero dell’incarnazione cristiana, ogni aderente al gruppo. In questa concezione il nome di ogni ciellino è ritenuto sacramentalmente unificato all’origine con quelli degli aderenti al gruppo. Comunità giudicata da Giussani incontro-avvenimento-presenza salvifica segno sacramentale di Dio stesso, “ontologicamente” - da intendersi non tanto come criterio di pensiero che inventaria le cose ma, con accezione esistenziale, che le fa essere - costitutiva l’“Io” di ogni singolo componente. Il singolo uomo è in sé insignificante, è nulla. Per essere deve diventare cellula appartenente e obbediente alla corporazione, come le api e le formiche sono nulla senza il loro gruppo organizzato, consorziato, congregato, endogamo. Anzi di più: attraverso un processo d’ipostatizzazione del gruppo a verità assoluta e universale per l’appartenente la dipendenza diventa incondizionata ed esistenzialmente totalizzante, “ontologica” come i buchi nel formaggio che fuori da lì non esistono più. Nella concezione assiologica giussaniana la morale non poggia, dunque, sul comportamento umano in rapporto all'idea condivisa che si ha del bene e del male relata all'imputabilità del soggetto - concezione bollata da Giussani moralistica -, ma su una singolare teoria etico-assiologica di appartenenza al gruppo sacramentale: più fai parte più sei nel giusto, più fai parte e più vali, più appartieni e più sei redento, prescindendo dal personale agire. Giudizio di valore dove ogni nome è fuso e confuso nell'incorporazione al gruppo; un “Noi” Alfa e Omega super-Ente, consorteria metafisica salvifica, corpo mistico coincidente la presenza di Dio nella storia e strutturante-giustificante alla radice ogni partecipante al gruppo. All'interno di questo entusiamo collettivo (enthusiasmòs: "indiamento"), di acrisia a tale presupposto sacro fondamento unitario che redime, di questo imperativo collegiale, di questo familismo su base religiosa, di questo provinciale noi totalitario-salvifico, l’operato dei membri evidentemente obbedisce - indifferente alle generali e universali misure e norme dell'umano diritto costituite, istituite, e socialmente condivise - a regole proprie, sia in versione tracotante come per gli imputati in oggetto, che frugale come per numerosi altri ciellini e memores: vetture versione sportiva coupé o giardinetta, entrambe con la stessa, suesposta, giussaniana motorizzazione.

Ultima modifica il Sabato, 23 Aprile 2016 18:36

4 commenti

  • Link al commento Augusto Cavadi Sabato, 23 Aprile 2016 10:31 inviato da Augusto Cavadi

    Bravo, come sempre, Bruno nell'andare all'anima (dannata) delle cose...Come vanno gli attacchi giudiziari contro di te da parte di Formigoni? Quanto a me, il giudice ha respinto le richieste del signor Salvatore Cuffaro: dunque, almeno per questa volta, mi sono risparmiato i 20.000 euro da pagare per un mio articoletto sull'edizione siciliana di "Repubblica"...

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  • Link al commento Bruno Vergani Sabato, 23 Aprile 2016 13:57 inviato da Bruno Vergani

    Caro Augusto mi fa piacere che tutto si sia risolto al meglio, quanto a me al momento tutto tace.

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  • Link al commento alessandra Domenica, 24 Aprile 2016 05:05 inviato da alessandra

    a proposito della ciellina concezione tribale del cattolicesimo e della suprema legge del gruppo che si sostituisce alla coscienza individuale e primeggia anche sui vincoli familiari, noto intellettuale ciellino scrive qui:
    http://www.clandestinozoom.it/arretrati/543.htm

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  • Link al commento Bruno Vergani Mercoledì, 18 Maggio 2016 10:54 inviato da Bruno Vergani

    16 maggio 2016, processo Maugeri, prof. Luigi Stortoni avvocato difesa Formigoni:
    «Lunga serie di cortesie interessate e accattivanti da parte di Daccò, mista anche a amicizia […] credo sinceramente che sia molto difficile pensare che siano utilità corruttive […].
    Tutto questo [il proporre di Daccò e l’accettare di Formigoni] è bello o brutto? Può essere oggetto di mille valutazioni ognuno si tiene la sua, permettetemi io per primo gelosamente mi tengo la mia, ma credo che ci sia un principio della laicità del diritto penale […]; confine tra etica, buon gusto, costumi, sobrietà e il diritto penale».

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