BLOG DI BRUNO VERGANI

Radiografie appese a un filo, condivisione di un percorso artistico

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Mercoledì, 03 Febbraio 2016 11:06

Pulp Fiction

Scritto da 

Mi autorizzo a tratteggiare l’identikit del cattolico militante schierato contro le unioni civili, perché al tempo dei referendum del divorzio e dell’interruzione volontaria della gravidanza ero uno di loro. Peccati di gioventù.

Prevalentemente individuo in buona fede, debole personalità e raziocinio, sovente giovane che ha incontrato supposta soluzione ai personali problemi e risposta al significato del vivere nel gruppo di appartenenza. Poderosa narrazione ancestrale di appartenenza e sacralità che si incista in presa diretta, senza filtri, nel soggetto. Lì nel supposto sperimentare che il gruppo sostiene, consola e salva, ne universalizza acriticamente le direttive: siccome sembra funzionare per me ragionevole anelare all’espansione planetaria del modello. Imperiosa e tragica esaltazione direttamente proporzionale alla personale fragilità. Affascinamento affettivo-fondamentalistico che accetta come certi e inconfutabili i presupposti narrativi del gruppo, rendendo superfluo centellinare il Ddl Cirinnà per intenderlo - ad iniziare dalla articolazione della sovrabbondanza di doveri e sporadici diritti - e coglierne la ragionevolezza nel merito (sapere quello che si dice), basta e avanza onorare la narrazione ottemperando le direttive dei capi - meno giovani e non sempre in buona fede - così da consolidare e espandere la “buona” novella allargando smisuratamente e a oltranza le provinciali indicazioni a asserzione di realtà universale, costipandolo come uno schiacciasassi il mondo intero per conformarlo alla tribale ideazione.

Il punto, a mio avviso deleterio, è che il canovaccio narrativo di tale sacrale appartenenza si arricchisce, o meglio impoverisce, di un drammatico colpo di scena: il fantasioso racconto dell’assedio feroce delle differenti e circostanti culture. Assedio inesistente ma che genera alienata reattività paranoica difensiva purtroppo reale.

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Nell’immagine Wladimiro Rizzi

Ultima modifica il Giovedì, 04 Febbraio 2016 08:52
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2 commenti

  • Link al commento alessandra Mercoledì, 03 Febbraio 2016 12:58 inviato da alessandra

    Che dire? è andata proprio così. Sempliciotti, plagiabili, invasati e spesso anche poco bellini. Trent'anni fa rispetto ad ora mancava solo lo sprito razzista per il semplice motivo che non c'erano molti musulmani in giro

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  • Link al commento Bruno Vergani Mercoledì, 03 Febbraio 2016 20:06 inviato da Bruno Vergani

    Cara Alessandra consideravo che la poderosa narrazione di fraterna, spirituale, appartenenza al gruppo che s'incista in presa diretta nel soggetto mica è di per sé negativa, ma posizione - seppur a me estranea - assolutamente rispettabile e anche valorosa. Il problema nasce quando tale primordiale e universale dimensione insita nell’uomo è identificata-equivocata con provincialismi, e spaziali, e temporali. Sto leggendo «Gesù simbolo di Dio» del gesuita americano e moderatamente eretico Roger Haight, Fazi (collana Campo dei fiori), che a pagina 26 lo dice meglio di me ponendo la seguente distinzione: “Il contenuto della fede (ovvero ciò che si crede) è espressione della fede e come tale è distinto da essa”, ovvero faith (fede) e beliefs (possiamo tradurlo con credenze) sono correlate - aggiungerei estemporaneamente correlate in quanto relazione mutevole e dinamica - ma non equivalgono. Nel caso di specie potrebbero andare in piazza in dieci milioni ma se non viene colta tale distinzione - tra fede e separato mutevole dinamico contenuto - sarebbe comunque manifestazione di subcultura. Mica sono equiparabili i cristiani massacrati nelle Filippine, Africa e Medio Oriente da militanti fanatici islamici, come i pure i buddhisti perseguitati in Cina per la loro fede (faith) col tribalismo di quelli del Family Day (beliefs).

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