Sono 16 gli indagati nell'inchiesta della Procura di Milano per turbativa d'asta e corruzione, vicenda di presunti appalti truccati sul noleggio di auto a enti pubblici di Milano e provincia, che vedono ancora indagati e arrestati soggetti vicini alla Compagnia delle Opere e a Comunione e Liberazione. Il Gip, nell’ordinanza di misura cautelare, annota: «non pare affatto casuale il fatto che i rapporti con soggetti indicati come sicuri alleati, perché legati da forti vincoli di amicizia […] connotati dalla comune adesione/condivisione ideologica al gruppo di CL. L’idea, che andrà approfondita in maniera attenta, è che proprio questa appartenenza sorregga atteggiamenti di mutuo sostegno che, se nell’ambito dei rapporti tra operatori commerciali privati possono essere leciti, quando si parla di società pubbliche si traducono in comportamenti che costituiscono reati. Comportamenti che fanno dimenticare l’interesse pubblico al quale il singolo funzionario deve essere solo preposto, in favore dell’interesse privato del compagno di cordata. Comportamenti ben più pericolosi della banale corruzione per denaro, perché radicati su un sentire comune che non ha “prezzo”.» (Valutazioni che in differente contesto avevamo approfondito nel merito, vedi qui ).
Comunione e Liberazione esprime in un Comunicato stampa «forte preoccupazione» e interpretando le parole del Gip afferma l’incostituzionalità di tesi che giudicherebbero «l’appartenenza a una realtà ecclesiale […] di per sé foriera di comportamenti illeciti secondo un principio di causalità».
l’Ufficio stampa di CL, nell’estrapolare l’annotazione contenuta nell'ordinanza, omette di pubblicare quanto precisa il Gip riguardo il « mutuo sostegno (degli appartenenti a CL n.d.r.) che, se nell’ambito dei rapporti tra operatori commerciali privati possono essere leciti, quando si parla di società pubbliche si traducono in comportamenti che costituiscono reati» in quanto « comportamenti che fanno dimenticare l’interesse pubblico al quale il singolo funzionario deve essere solo preposto, in favore dell’interesse privato del compagno di cordata.»
Un omettere chirurgico che lascia perplessi in quanto scollega la vicenda dalla fattispecie delittuosa per universalizzarla così da condurla a una metafisica della smisuratezza: esautorando la fattispecie rimane la confusione, un perdere contatto con la realtà che proietta la vicenda dalla cronaca giudiziaria a una dimensione nebulosamente mitica. Leggere le parole del Gip fuori dal preciso e circoscritto caso delittuoso di specie porta a migrazione istantanea dalla Milano odierna alle catacombe della chiesa primitiva, dalla Procura del capoluogo lombardo all’imperatore Diocleziano persecutore di cristiani.
Così, da più parti (settimanale Tempi, Cultura Cattolica); da giuristi e politici vicino a CL, Berlusconi incluso, si grida allo scandalo, alla censura di una esperienza comunitaria, alla persecuzione. Qualche ciellino, non curante che i magistrati facciano il loro dovere indagando su qualche Panda data a noleggio da privati a enti pubblici con regole forse truccate, già intende autodenunciarsi per gridare al tribunale di Milano, e al mondo intero, la personale e assoluta appartenenza all’avvenimento salvifico di CL ritenuto sovrastorico, immacolato per forza propria, indenne a qualsiasi misura dettata dal codice penale. Un sentire comune esaltato, smisurato, innocuo se non lambisce il pubblico, pericoloso se lo pervade. Viste le reazioni comprensibile l’attenzione “approfondita e attenta” al fenomeno da parte della magistratura.