Difficile tollerare chi, anche se adulto, non si è mai emancipato dalla primigenia infantile pretesa che siano gli altri ad esaudire i suoi desideri, a risolvergli i problemi. Congelato e prigioniero nello status di poverino ad oltranza esige amore, attenzione, affrancamento dall’altro, dagli altri, dalla società, dallo Stato o da un trascendente Altro. Cronicamente astenico, sistematicamente vittima, vuole che siano tutti lì a curarlo e se tardano nell’assisterlo se la prende a male; un frignare che chiama rimostranza, così poverino rimane. Eppure esistono le vittime del fatidico o dell’arroganza altrui, nelle malattie crudeli che il destino regala o da quelle che arrivano dalla discarica o dalla fabbrica vicina a casa, negli esodi biblici di questi giorni, nelle donne non in vendita penalizzate nel lavoro e nei partiti, negli operai che muoiono sul lavoro o che lo perdono. Ci sarebbero ragioni per diventare e rimanere poverini, invece proprio lì, abbiamo esempi di donne e uomini che non frignano e prendono iniziativa, pensano e cercano soluzioni. Ognuno ha quello che si merita, così poverini non resteranno perché non lo sono mai stati. Indignazione è un parola ambigua e di per sé statica, assume chiarezza e incisività in quello che poi genera: pensiero attivo oppure vuotaggine, iniziativa o querimonia, strategia o recriminazione, intraprendenza o lagnanza, capacità di proposta mirata o protesta generica, ingegnosità o lamento, iniziativa o stagnazione.