BLOG DI BRUNO VERGANI

Radiografie appese a un filo, condivisione di un percorso artistico

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Giovedì, 16 Giugno 2011 20:11

La tua voce

Scritto da  Bruno Vergani

 

 L’autoradio cerca i canali in automatico e sintonizzata il primo che incontra, ascoltata la prima sillaba sospetti che stai ascoltando “Radio Maria”, lo intuisci non dai contenuti e neppure dalla semantica ma dal tono della voce. La conduttrice parla di cetrioli e non di madonne eppure l’impressione di ascoltare proprio quella radio lì persiste per la durata delle pause, per gli inutili sospiri che intercalano i periodi. Guardi la radio sul display c’è scritto “F.M. 95.100 Radio Maria”: d’un botto la piena realizzazione ed aderenza delle tue intime predisposizioni vengono a coincidere con la realtà, il pregiudizio è confermato. Indifferente al comandamento che bisogna prima ascoltare nel merito per poi giudicare sei contento di aver fatto bingo. Forse erano davvero sinceri quei giapponesi che nell’ascoltare Dario Fo nel Mistero buffo ridevano di gusto, perché pur senza capire una parola comprendevano perfettamente il grammelot, quel dialetto teatrale che sta in piedi non per i contenuti ma per il ritmo, il tono, il suono. Anche Carmelo Bene nei suoi monologhi utilizzava una phonè che si sottraeva al linguaggio dialogico, addirittura alla dialettica del pensiero, eppure dicevano. Il poeta Andrea Zanzotto osserva: “Gioisco ricordando certi momenti molto lontani della primissima infanzia: io provavo qualche cosa di infinitamente dolce ascoltando cantilene, filastrocche, strofette (anche quelle tipo "Corriere dei Piccoli") non in quanto cantate, ma in quanto pronunciate o anche semplicemente lette, in relazione ad un'armonia legata proprio al funzionamento stesso del linguaggio, al suo canto interno.” Esiste un funzionamento del linguaggio, un suo significato a prescindere dai contenuti? Basta osservare quando dall’italiano cominciamo a parlare nel nostro dialetto: una forza misteriosa cambia la voce e con lei il corpo e i pensieri. Anche nel parlare una lingua straniera si diventa altro. I suoni, il tono, la voce, le pause non sono un dettaglio ma un linguaggio in sé.Sappiamo quanti film dignitosi sono stati massacrati da un doppiaggio fedele nei contenuti ma bastardo nei toni e nelle sfumature della voce.La voce e il tono della Santanchè sono congrui per leggere in pubblico Dante? E quelli di Brunetta per citare Borges? Le loro corde vocali sono vocate ad altro? Forse dopo i quarant’anni ognuno emette i suoni che si merita.  

Ultima modifica il Domenica, 18 Dicembre 2011 18:12

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