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Caro Salvatore,
penso che la nostra differenza stia nel punto di partenza: tu muovi da un dualismo tra natura e mondo morale, io da un’immanenza che li vede come due livelli dello stesso ordine. Nell’articolo avevo proprio cercato di distinguere questi piani — l’ontologico e l’etico — per evitare confusioni: riconoscere che tutto ciò che è, è natura non significa giustificare moralmente ogni cosa, ma comprendere che tutto appartiene a un unico piano dell’essere. L’etica, in questo senso, non è un principio opposto alla natura, ma una sua modulazione riflessiva, il modo umano di esprimerla. Riguardo alla presunta contraddizione tra la premessa e la conclusione, forse mi sono spiegato male: in realtà è proprio il percorso dell’articolo, tra i due poli, a mostrare come da quella premessa si giunga coerentemente a quella conclusione. Il libero arbitrio, per me, non è un potere separato dalla natura, ma la forma con cui percepiamo la nostra potenza quando comprendiamo le cause che ci muovono. Siamo dunque su due impostazioni diverse, entrambe legittime nel loro quadro: la tua più trascendente, la mia più immanente.