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“ Caro Bruno, mi sfugge la logicità della premessa con quella delle tue conclusioni. Parti dal presupposto che tutto ciò che è deve essere naturale (quindi giustificato). Poi alla fine dici che non bisogna confondere i due piani, quello ontologico da quello morale. Certo, Spinoza ti aiuta in questo, quando dice che il male non è dato in natura (così come il bene). Kant invece demarca questi confini in modo molto netto dicendo che il mondo morale è quella idealità che non può dipendere dal mondo fenomenico. Il mondo morale è necessariamente metafisico. Il mondo fenomenico (chiamalo natura) non lo è. E obbliga l'uomo, in modo stringente, a obbedire alla sua idealità morale (le nostre azioni devono far parte di una legislazione universale, accettabile razionalmente). Io continuo a pensare, con Kant, che dobbiamo pensare la natura come qualcosa di essenzialmente diverso dall'uomo (o meglio, diverso da qualsiasi essere razionale). Spinoza mi dice solo che devo capire le mie passioni, che devono fluire naturalmente. Kant mi dice che forse il legno storto dell'umanità possiamo raddrizzarlo solo con la legge morale (ergo, dobbiamo andare contro la natura). La volontà è necessaria per Kant, e quindi deve ammettere il libero arbitrio. Il dovere non deriva da una comprensione (sto utilizzando i tuoi termini). Spinoza non ammette il libero arbitrio, ma ammette la conoscenza, però mi sfugge come fa l'uomo a diventare saggio, se non impone a se stesso di deviare dalle sue passioni. Lo stesso varrebbe per quello che propone Schopenhauer che vuole combattere la Volontà opponendo il non volere (noluntas) ma cadendo in una chiara contraddizione, dato che devo volere il non volere. Insomma, il problema di fondo, mi pare, sia la liceità o meno del libero arbitrio. Spero di essere chiaro (il mio primo intento era quello di essere breve :-)). ”