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Caro Bruno, a me non basta. Il problema è che dopo due giri attorno a quel “cuore” io (e temo anche tu) sono già stufo e annoiato, mi agito e subito m’assale la familiare, immutabile e invincibile ansia di capire l’oltre e l’esterno di quel muro, che enigmatico e affascinante chiude quel misero orizzonte. Diciamolo, non ci siamo mossi un millimetro dalla tragedia greca; quei grandi ancora ci sovrastano, ahinoi. L’uomo vuole capire, vincere l’arcano e si rende conto di non averne i mezzi, ma la speranza (in fondo al vaso di Pandora) gli suggerisce un banale ma tremendo “per ora, qui e con i poveri strumenti che hai scoperto, ma domani ….”. Insisti dunque, sacrifica tutto ciò che hai e giù picconate su quel granito compatto eppure “scheggiabile”. Ed ecco che l’immortale trivella umana riparte focosa e più vogliosa di prima, come è sempre stato negli ultimi diecimila anni. Inutile che ci illudiamo di accontentarci del giardinetto, di esplorarlo e di capirlo solo lui. Non può calmarci, anzi. Esso stesso, lo sappiamo bene, rientra nel tutto e non è comprensibile o, meglio, “risolvibile” a parte e da solo. È il principio ontologico, per cui l’Essere si capisce tutto o si rischia di non capirlo per nulla. La frazione non è separabile e comprensibile staccata dall’intero, perché nel “resto ancora ignoto” ci può stare la scintilla che la valorizza, la sublima e le dà “Senso”. Come possiamo pretendere di capire il fegato o il ginocchio, ignorando il corpo intero? E come capire il corpo senza capire la terra, e poi la galassia, l’universo e ancora più su fino alla trascendenza e ancora di più? Finché ci trastulliamo coi fenomeni e le bazzecole fisiche e materiali, non usciamo dalle narrazioni, siano esse scientifiche, filosofiche o religiose. Così non cogliamo il noumeno. Non usciamo dal giardinetto, continuando a sognare e a inventare, anche perché sappiamo bene che è soltanto illusione, errore e falsità. L’alternativa è dedicare ogni nostra energia, ogni nostro sforzo, ogni istante e spazio disponibile a “penetrare” il Tutto. Irrilevante se non ce la faremo noi e adesso. Qualcuno forse, chissà, un giorno, in una dimensione oltre i cento miliardi di anni luce per ora visibili, con la stessa bramosia, caparbietà, passione e, perché no, fortuna … ce la farà. Peraltro non c’è altro o di meglio da fare, ma sottolineo che sto grottesco e assurdo ambaradan non l’ho voluto né scelto io, sia chiaro.
Guido