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Non c'è capacità umana che non esista in nuce anche almeno negli animali "superiori". Ricordo un capitolo intitolato "etica animale in un libro sull'etologia edito dalla Zanichelli, dove si riferiva di un maschio dominante che, osservato in cattività, concedeva una delle sue femmine a un altro maschio, pur potendola rifiutare.
Noi umani dobbiamo rinunciare una volta per tutte alla pretesa di unicità su alcunché, non potendo disporre di tutte le forme di transizione che hanno elaborato e ci hanno trasmesso ogni più piccola conquista evolutiva.
Quanto alle differenze comportamentali osservabili tra fratelli o sorelle, per quanto piccole siano le differenze genetiche (che ci sono anche nei gemelli monoovulari), l'interazione tra geni e ambiente (mai neppure questo identico neppure per due gemelli) produce un iperspazio di possibilità comportamentali sufficiente per essere definito "temperamento".
Se un gene da solo è in rapporto lineare con l'RNA trascritto, già non lo è più con il prodotto della trascrizione (la proteina). Figurarsi in un campo d'azione dove ci sono geni che interagiscono tra loro e che sono frutto di una storia anche individuale, oltre che di specie e genere.
Parafrasando l'aforisma di Haldane, Dio ha una passione smodata per la diversità a tutti i livelli.