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Il titolo del Meeting di Rimini 2017 «Quello che tu erediti dai tuoi padri, riguadagnatelo, per possederlo» - estrapolato dal Faust di Goethe - apre e stimola articolate riflessioni e il correlato scritto di presentazione esprime una variazione di prospettiva dal passato di Comunione e Liberazione, svolta semioticamente testimoniata da una ventina di punti interrogativi vergati nello stringato documento. Nell’affrontare le sfide dell’oggi si propongono domande invece che risposte in un aperto «dialogo reale dove condividere la ricchezza e la bellezza di cui ognuno è portatore con la sua storia e la sua esperienza, perché si possano intravvedere insieme percorsi possibili di costruzione condivisa». Netto, dunque, lo scostamento dall’esaltata ecclesiologia giussaniana che invece di domandare al mondo per rispondere insieme entrava a gamba tesa con paradigma medievale nel post moderno proclamando: «La gioia più grande della vita dell’uomo è quella di sentire Gesù Cristo vivo e palpitante nelle carni del proprio pensiero e del proprio cuore. Il resto è veloce illusione o sterco». Concezione identitaria che nel porsi si oppone alla stragrande parte dell’intera umanità e di tutta la sua storia. Svolta all’interno di CL tutta da chiarire ed elaborare visto che da una parte si prende obliqua distanza dalle esaltate concezioni di Giussani e nel contempo lo si vuole fare santo[1]. Alla larga da criptici parricidi e pirotecnici proclami di santificazione forse opportuna una rispettosa quanto pubblica e puntuale pars destruens del pensiero del fondatore. Senza una parresia che infranga il tabù della sacralità del padre si erediterà, riguadagnerà e possederà ben poco.
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1 Non possiamo escludere che le due posizioni, in apparenza opposte, siano generate da una medesima matrice, visto che sublimazione e rimozione sono processi limitrofi che nascondono “spostando”.