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Ignoro se Mazzoni conosca il pensiero di Del Noce sviluppato quando lui nasceva, in ogni caso la sua attuale analisi del capitalismo, imperversante monoteismo che si è imposto su cattolicesimo e marxismo, coincide precisa.
Segue uno stralcio d’intervista di Gianni Valente al filosofo Massimo Borghesi, autore del volume «Augusto Del Noce. La legittimazione critica del moderno».

«La nuova società del benessere [inizio anni Sessanta, nota mia] non aveva più bisogno delle forze religiose per opporsi al comunismo. Il nuovo Occidente era ormai in grado di vincere mediante la dilatazione della società del benessere. Una società segnata dal primato della ragione strumentale, più irreligiosa dell’ateismo comunista, vittoriosa sul terreno stesso del comunismo, quello del materialismo. Nel ’63 quindi Del Noce intuisce, anche alla luce di Rodano, il nuovo avversario della fede nell’era postmarxista. Intravvede cioè il tempo in cui la relativizzazione di ogni ideale viene a incontrarsi con una visione tecnocratica del mondo. È questa prospettiva che gli consente di valorizzare, nel ’75, la lezione di Pier Paolo Pasolini, come del più lucido interprete del nuovo totalitarismo della dissoluzione.»