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Buongiorno Elisabetta,
non colgo l’inquietudine da lei riscontrata avendo utilizzato nella corposa recensione il lemma “obbedienza” tre volte e dedicando alla tematica un singolo paragrafo che, lontano da emotività, spiega nel merito.
Ho letto il documento della «Congregazione per gli Istituti di vita consacrata» che mi ha proposto: a differenza di quanto mi anticipava evidenzia puntuale riguardo potenziali rischi di uniformazione comunitaria mortificanti il soggetto:

«Ma non è da escludere che in taluni ambienti prevalgano problemi opposti, determinati da una visione dei rapporti sbilanciata sul versante della collettività e dell'eccessiva uniformità, con il rischio di mortificare la crescita e la responsabilità dei singoli. È un equilibrio non facile quello tra soggetto e comunità, e dunque anche tra autorità e obbedienza.»

Accolgo il suo tono personale ricordando che “quello che fa strano” è molto semplice:
io all’interno dei Memores obbedivo, come se fosse Cristo in terra, a un tale attualmente a processo per associazione a delinquere.

Tale accadimento evidenzia una duplice problematica:
1 Mia imputabilità per essermi infognato in tale situazione;
2 Responsabilità dei Memores che hanno implementato tale condizione.

Il primo punto riguardante la mia problematica è risolto e questo blog esprime parte del percorso di guarigione.
Il secondo punto concernente la responsabilità dei Memores e del Magistero che avvalla tale deriva non è problema mio. Fatti loro e anche suoi per l'apologia di irremovibili cardini che confusamente ostenta. Qui non vedo, al momento, cammino di guarigione. Forse un po’ di inquietudine al riguardo le sarebbe proficua.