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Caro Bruno,
non ho letto tutto (mi riservo di farlo più in là, data l'ora), ma ho scorso qua e là, intanto, cercando di cogliere il senso.
Recentemente mi sono distaccato da un movimento cattolico molto simile a CL per alcuni aspetti, lontano anni luce per altri (in meglio, aggiungo, a mio parere).
Sono da sempre un razionalista e, condividendo le "finalità civili" del volontariato che ho compiuto per trenta anni tondi, ho condiviso pratiche comunitarie (preghiere, liturgie ecc.) nelle quali non credo di aver mai veramente creduto, tanto che ogni motivo era buono per disertarle, un po' come quando da piccoli si disertava la messa, tanto mamma e papà non partecipavano e non controllavano.
Non mi è mai particolarmente pesato il volontariato, al contrario: in fondo l'aspetto religioso lo vivevo come secondario, una specie di "effetto collaterale", se vuoi, per andare verso una società più giusta.
Potrei definirmi tranquillamente un relativista, credo che sarebbe la definizione esatta: non credo alla verità assoluta, bensì credo -per meglio dire suppongo, se no che relativista sarei?- che chi fa una certa azione o crede in qualcosa, abbia le sue sacrosante ragioni, e che l'importante sia comprendere le ragioni degli altri. E direi che qui, con la condanna del Relatifismo (passami la battuta) da parte di Benny, è iniziato il mio percorso centrifugo.
Potrei riassumere tutta la faccenda in una battuta: “Anno Liturgico 2008/2009: entra Magdi, esco io. Auguri a chi rimane”
Una tua frase in particolare mi ha colpito: “Solo un certo sconcerto per la spiazzante meraviglia nel constatare quanto fosse potente la facoltà di essere libero, di dire personalmente no a duemila anni di tradizione, di teologia e di potere, senza che nessuno potesse far nulla per impedirmelo.”
Nel mio caso nessuno ha fatto la benché minima mossa per impedirmi alcunché, tanto che le azioni preventive da me organizzate (privacy al massimo su Facebook, cellulare spento ecc…) si sono rivelate tutto sommato inutili, ed anzi chi mi ha contattato non ha mai mancato di augurarmi ogni bene per il futuro.
Tuttavia non ho potuto fare a meno di notare come, una volta deciso di non appartenere più ad un certo tipo di ambiente, inevitabilmente molte cose appaiono in maniera diversa.
Per esempio: quando Benny dice una delle sue solite castronerie, non devo più chiedermi se è Lui che è illuminato dalla Sapienza e io peccatore non comprendo, e non devo più difendere il Suo punto di vista davanti a chi mi fa notare la castroneria.
E mettere l’Altro prima di te stesso, sì, è obiettivamente lodevole, ma può diventare una gabbia che, giorno dopo giorno, toglie il respiro.
Comunque, per ora sono arrivato ad una conclusione: vivere uno spirito di comunità è bello, ma la libertà è un’altra cosa. Non è né meglio né peggio, è un’altra cosa.
Per il resto, Dio provvederà. Se c’è. Ma questo non è più un problema mio.